Continua questa estate
La ricca famiglia lombarda dei Recchi è alle prese con la spartizione della grande azienda lasciata dal nonno. Fra convenzioni sociali e affari vari, accadrà che Emma, la moglie russa, si innamorerà di Antonio, giovane cuoco amico di suo figlio. Questa passione romperà vecchi legami e scombussolerà l'equilibrio di quel nucleo familiare.
Ad avermi attirato molto all'epoca in cui vidi il film, oltre al titolo così evocativo, era anche quella che sembrava una messa in scena davvero patinata, cosa che gli faceva valere punti doppi. Un po' perché, come forse è risaputo, per motivi che ancora non so spiegarmi (ma che possono essere riassunti con un: i gusti son gusti e i miei son quelli giusti) a me le regie patinate piacciono moltissimo; inoltre perché mi veniva da sperare che un metodo narrativo simile potesse differenziare questa pellicola da molti altri prodotti connazionali altrimenti tutti molto simili fra loro. Va detto che a livello di patinismo non si esagera mai troppo (ma parla uno che quando guardava Stoker e La grande bellezza aveva la bava alla bocca), ma comunque ci viene presentata una regia di quelle belle pulite che piacciono a me, nonostante alcune incertezze - seriamente, devo capire perché verso la fine si fa quello zoom verso il cielo - che non gli danno mai una di quelle irritanti staticità. Se il piano tecnico di Luca Guadagnini quindi si dimostra di tutto rispetto, anche con qualche scelta stilistica interessante, tocca passare al lato della sceneggiatura e delle intenzioni narrative, e lì forse è meglio chiudere un occhio. Magari quello buono, anche se pure in questo caso entrano diverse questioni che mi mettono in un costante senso di dubbio. Perché si parla di amore, quello che credo sia il sentimento più complesso e personale del mondo, e lo si fa attraverso quelle che sono delle figure adulte, avanti con gli anni e quindi totalmente avulse da quelle che possono essere le mie capacità di comprensione. Perché se un adulto può non capire un adolescente giacché ha dimenticato certe cose, come può uno che è ancora giovane e certe cose non le ha ancora passate comprendere pienamente cosa può provare qualcuno che in certe situazioni ci ha sguazzato, magari dopo anni passati a maturare concetti a tema o fuorviando completamente? La stessa cosa che mi è capitata con Youth, anche se qui in maniera molto meno drastica, perché non si vuole far raggiungere al tema una vastità magari troppo ingombrante. Guadagnino non guarda al tema in maniera universale come faceva il Sorrentella, ma si concentra su una realtà, quella borghese (per quanto io creda che il termine in sé ormai abbia perso valenza), ai suoi rituali e a quello che invece è un richiamo naturale e che prima o poi arriva per tutti. La regia patinata qui si dimostra molto azzeccata perché la si può ricondurre in qualche maniera al mondo stesso che si vuole guardare con una certa ironia mai palesata, alla freddezza che solo la programmazione e il rituale riesce ad avere, e mostra anche tutto il contrasto possibile quando la vera passione ha modo di esplodere in tutta la sua potenza. Ne perde però molto in ritmo e in fluidità narrativa, perdendosi magari in punti che non erano necessari al cento per cento e sorvolando su altri che avrei preferito veder approfonditi, lasciando sbrigare tutto a un finale che racchiude senza dubbio una sua innegabile potenza ma che però mi è sembrato troppo facilone in alcuni punti... ma anche lì credo che gran parte del mio non totale apprezzamento, perché comunque gli riconosco una sua valenza, sia dovuto dal fatto che, come già detto, sono ancora troppo giovane per poter apprezzare e comprendere del tutto delle tematiche simili. L'unica cosa che mi sembra di aver capito è che l'unica certezza che abbiamo è che nella vita le certezze, alla fine, non esistono, e che prima o poi tutti dovremmo rispondere a quella che è la nostra vera natura. Quindi, se non ho preso i proverbiali fischi per fiaschi, posso ben dire che fondamentalmente questo film parli proprio di questo, di persone prigioniere in un ruolo che si sono ritagliate e che, volenti o nolenti, sono costrette in qualche maniera a scoprire quelli che sono i loro veri desideri, quelli che avevano represso per troppo tempo. Perché alla fine chi è colui che nel titolo dichiara di essere l'amore? Forse lo siamo tutti noi quando scopriamo quello che vogliamo realmente. Ma prima di poterlo dire, dobbiamo essere sinceri con noi stessi, innanzitutto.
Ultimamente sto pensando spesso a una frase di Philip Roth: "Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l'amore ti spezza." Forse perché l'amore, quello vero, cambia, e se vuoi cambiare in qualche maniera devi rompere l'involucro in cui eri precedentemente rinchiuso.Voto: ★★★