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“Io sono qui” di Sabrina Colloredo e Svjetlan Junakovic, Carthusia

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

tendracopCarthusia è una casa editrice per bambini e ragazzi specializzata nell’affrontare argomenti complessi e delicati e, nelle sue pubblicazioni, dimostra coraggio, sensibilità ed attenzione.
Unitamente ad un’ottima cura grafica e ad una qualità elevata delle illustrazioni, sempre opera di artisti importanti e riconosciuti del panorama nazionale e internazionale.

In questo quadro si inserisce, a buon diritto, l’albo illustrato, di recente pubblicazione, “Io sono qui” di Sabina Colloredo e Svjetlan Junakovic, delicata storia di una scimmietta alle prese con le difficoltà della crescita e dell’acquisizione del proprio spazio.
L’opera è frutto di una collaborazione tra Carthusia e Terre des Hommes, un’organizzazione internazionale impegnata nell’aiuto e nella difesa dell’infanzia, che, tra le altre, con la campagna “Indifesa” si adopera per la protezione delle bambine  da violenza e discriminazioni di genere.

Ed è proprio alle bambine, e alla loro libertà e diritti, che il libro è dedicato, seppure siano diversi i piani di lettura cui si offre, grazie ad un racconto garbato e lieve ma, allo stesso tempo,  ricco di spunti profondi di riflessione.

Ogni bambino, nel venire alla luce, acquisisce il diritto ad una vita libera, ad essere accudito e curato, a veder riconosciuti e soddisfatti i suoi bisogni, ad avere opportunità di crescita e sviluppo, a poter studiare, a non subire violenza, ad essere visto nella sua natura di essere umano, non sfruttato, non ignorato, ma amato.
Le più deboli e a rischio d’abuso e sfruttamento, si sa, sono le bambine che in molte zone del mondo, semplicemente per il loro sesso sono “prigioniere” e non hanno possibilità di esprimersi, di studiare, di seguire e mettere in atto le loro potenzialità.
Anzi, spesso sono costrette a celarsi, a nascondersi, silenziose e non viste, perché il solo essere nate femmine è limite e, a volte, colpa. Le famiglie stesse, invece di essere nidi di amore e protezione, diventano strumenti per perpetuare culture lesive della dignità e della libertà.

Così, come tante bimbe, un giorno nasce Tendra, la scimmietta protagonista della storia. Sola, senza accudimento e guida, semplicemente si accorge di essere al mondo e, istintivamente, ne gioisce.
Ma una voce infida – qui un serpente – mette subito a tacere il suo entusiasmo: “Indossa questo casco di foglie e taci”, in altre parole: nasconditi, non mostrarti e sii silenziosa, discreta, poco più di un oggetto.

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Che delusione! La natura pare così bella e colorata che è un peccato non poterne godere.
Così la nostra piccola saltando e arrampicandosi si disfa del pesante copricapo e, finalmente leggera e visibile, può iniziare il suo cammino.

Il viaggio, come è giusto che sia, porta incontri. Alcuni sono d’aiuto, rivelano e permettono alla scimmietta di vedersi e conoscersi un po’ di più. Altri sono come acqua ghiacciata sulla pelle, con il loro carico di indifferenza, poco più di un’occhiata distratta tra uno sbadiglio e un altro.

Quando alla fine la notte cala sulla savana, con il suo buio incantato punteggiato di stelle, Tendra, ancora animata dalla meraviglia dei cuccioli, non interrompe la sua esplorazione ma, fiduciosa continua nella sua speranza di essere finalmente vista.
“Sono qui” il suo grido che pare non essere accolto da nessuno.

Finché un piccolo, come lei, ma della specie dei rinoceronti, si accorge della sua presenza e, con semplicità, la accoglie.
Piano piano inizia a raccontarle del mondo e dei suoi segreti ed è così che finalmente la curiosità istintiva della scimmietta trova il suo spazio naturale nella ricerca della conoscenza.

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E’ studiando, imparando, sperimentando e mettendosi alla prova che finalmente Tendra cresce.
Ma non solo nel senso meccanico di diventare grande. Cresce scegliendo a testa alta e conquistando il suo spazio nel mondo.
Tanto sicura e autonoma che quando, un giorno, per caso, troverà nella giungla il suo vecchio casco di foglie – strumento per nasconderla e tarparle le ali – serena potrà gettarlo via con uno sberleffo.

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Un racconto di crescita breve e suggestivo che si fa metafora di condizioni di vita dure e dolorose, dalle quali sfuggire, sole e senza aiuto, non è così facile.

C’è molto, a guardar bene, dietro la semplicità delle parole di Sabrina Colloredo: c’è una storia, certo, dolce e con il giusto e rassicurante lieto fine, seppure un po’ sfumata nei passaggi.
C’è uno strumento nelle mani degli adulti di riferimento per poter parlare di realtà complesse e delicate, di bambine ben lontane dai fiocchi e i merletti rosa delle nostre latitudini.

Ma c’è anche una narrazione più intima e vicina al cuore di ogni infanzia, c’è la sofferenza di ogni bimbo quando non viene visto ed è magari solo tacciato di “essere piccolo” senza riconoscimento per la sua persona, i suoi bisogni e desideri; c’è il messaggio, sempre importante, che la conoscenza è uno strumento di difesa e di crescita, che imparare e voler sapere è il mezzo più potente per conquistare il proprio spazio e per poterlo poi proteggere.

C’è l’amicizia, infine, che si fa aiuto e solidarietà, che è condivisione e valore fondamentale per uscire da qualsiasi forma di isolamento, fisico o emotivo che sia.
E, ancora, c’è il viaggio, l’esplorazione, la curiosità, l’avventura, la voglia di saltare, correre, sperimentare, che è parte viva dell’infanzia e la cui possibilità deve essere garantita a tutti i bambini, maschi o femmine che siano.

Belle ed evocative, dalla pennellata piena e intensa, le tavole di Svetlan Junakovic.
Affreschi morbidi di giungla e savana che fanno da sfondo al cammino di una Tendra che emerge sempre più, spaventata dapprima e spavalda e birichina poi.

Alla fine del racconto i piccoli lettori possono cimentarsi con quattro pagine di schede, volte a focalizzare i temi della storia e a stimolare i bambini alla rielaborazione personale della narrazione e all’attività creativa.

(età consigliata: dai 4 anni)

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