Titolo: Io sono un gatto
Autore: Natsume Soseki
Editore: Beat
Anno: 2010 (1905, Prima Edizione Originale)
Traduzione: Antonietta Pastore)
"Finchè riesco a tirare avanti giorno per giorno, mi accontento. Gli umani, per quanto forti, non saranno in auge per sempre. Meglio attendere tranquillamente l'ora dei gatti".
Che cosa pensano i gatti? Niente di più facile: osservano gli umani che bazzicano loro intorno e, con curiosità e un pizzico di snobismo, ne biasimano le debolezze, le cadute di stile, l'ingenuità e le imperfezioni che, soprattutto tra le pareti di casa, diventano macroscopiche.E semplicemente sorridono sornioni.
E' ciò che accade al protagonista felino di questa pagine scritte nel 1905 dall'autore giapponese Natsume Soseki, pseudonimo di Kinnosuke Natsume, e giunto in Italia solo nel 2006 edito da Neri Pozza.
Si tratta di una storia, apparentemente come tante, di un cucciolo abbandonato al proprio destino che, per fame e curiosità, si ritrova a fare i conti con gli uomini. Il micio dal pelo "misto di giallo e di grigio chiaro" viene accolto con distrazione e scarso entusiasmo nella casa di un eccentrico professore, che trascorre il proprio tempo tra improbabili svaghi culturali e la visita di conoscenti e amici alquanto bizzarri, come il professor Meitei, il giovane Kangetsu, il poeta Tofu.
La casa del professore diventa lo sfondo ideale per il racconto sarcastico del gatto senza nome che, dalle ginocchia del padrone su cui passa gran parte del suo tempo, assiste all'alternarsi di storie che rivelano la superficialità e talvolta l'insensatezza dell'azione e del pensiero umano.
"In queste cose noi gatti siamo molto più semplici. Se abbiamo fame mangiamo, se abbiamo sonno dormiamo, quando ci arrabbiamo andiamo su tutte le furie, quando piangiamo lo facciamo con tutta l'anima. Tanto per cominciare, non teniamo cose inutili come un diario. Perché non ne abbiamo bisogno. [...] Per quanto concerne noi gatti, le nostre quattro posture fondamentali – camminare, stare fermi, stare seduti e stare sdraiati, oltre a urinare e defecare – costituiscono già in sé un autentico diario, quindi siamo esonerati dalla seccatura di tenerne uno per conservare la nostra identità. Se uno ha il tempo di scrivere un diario, tanto vale che se ne stia a dormire nella veranda".
L'iniziale snobismo del gatto dal pelo giallo si trasforma lentamente da biasimo in tenerezza, fino ad una sorta di amorevole compassione per il proprio padrone e per gli uomini, abbandonando il disprezzo e la riprovazione iniziali.
"Più gli essere umani si mostrano solleciti nei miei confronti, più tendo a dimenticare che sono un gatto. A poco a poco mi sento più vicino a loro che ai miei simili, e ho rinunciato del tutto al progetto di chiamare a raccolta la gens felina per regolare il conto agli animali a due zampe, maschi o femmine che siano".
L'ironia e la pungente analisi del pensiero felino sono la forza di questo libro che, a tratti, tradisce l'ambizione di un testo filosofico, grazie a certi passaggi di profonda e alta analisi del pensiero.
Divertente, intelligente e graffiante questo romanzo, dalla scrittura ritmata e sorprendente, merita una lettura, non solo dagli amanti del mondo felino che vi ritroveranno, spesso, atteggiamenti e pose del proprio gatto, ma anche dai lettori che desiderano accostarsi ad un testo estremamente originale e acuto.
Il romanzo di Soseki Natsume mi ha ricordato – per ragioni diverse – un altro libro, Il gatto in noi, scritto da William S. Burroughs (edito da Adelphi). Nel breve testo dello scrittore e saggista statunitense, vicino al movimento della Beat Generation, il punto di vista è quello umano, ma l'analisi dei gatti è a tal punto umanizzata da renderli veri e propri compagni psichici, insostituibili creature di grande intelligenza e insospettabile sensibilità: "Il gatto non offre servigi. Il gatto offre se stesso. Naturalmente vuole cura e un tetto. Non si compra l'amore con niente. Come tutte le creature pure, i gatti sono pratici".
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