Quattordici dicembre duemiladodici: da una parte c’è l’ennesimo pazzo che un giorno decide di impugnare la sue due semi-automatiche legalmente acquistate e detenute ed usarle per uccidere, che sia in un cinema del Nevada, che sia in un centro commerciale nell’Oregon o che sia in una scuola elementare del Connecticut, colpendo indiscriminatamente adulti e bambini. Ormai succede su base mensile.
Dall’altra abbiamo invece chi dà benedizioni ai sostenitori di leggi atte ad uccidere.
Due notizie completamente diverse per gravità, che non voglio paragonare né voglio mettere gli artefici dell’una e dell’altra sullo stesso piano. Non voglio farlo per la profonda solidarietà che provo nei confronti dei genitori e familiari delle vittime di ieri. Non voglio farlo perché di fronte ad un tale atto, qualsiasi altra notizia passa in secondo piano e non voglio farlo perché ho rispetto per il dolore di quelle persone che sono rimaste a piangere i loro cari e sento di condividere con loro la paura che, tra qualche giorno, questa stessa notizia verrà catalogata insieme a tutte quelle dei giornali passati, le bandiere calate a mezz’asta verranno alzate nuovamente e le persone in America continueranno ad essere libere di scendere nel negozio sotto casa per comprare una confezione di uova, un litro di latte e “oh, mi ci metta anche due di quelle Beretta, grazie”.
Ricordo che parecchi anni fa, una decina probabilmente, la polizia di Roma scoprì un vero e proprio network di pedofili che avevano costruito un database catalogando parecchie scuole romane, con tanto di foto dei bambini. Ricordo che, si diceva, quel database riguardasse molte scuole della periferia della capitale. All’epoca mio fratello frequentava le elementari e il sol pensiero che qualcuno potesse essere arrivato a lui, seppur così lontanamente vicino, mi colpì dritto allo stomaco. Fece male. Ora leggo di pazzi che irrompono nelle scuole e inevitabilmente la mia testa fa cattivi collegamenti con chi oggi, non più mio fratello ma qualcuno che amo allo stesso modo, va a scuola tutti giorni. E mi sento nuovamente colpito. Da migliaia di chilometri di distanza, lontanamente vicino, questo colpisce anche me.
Poi c’è l’altra notizia, quella oggi sicuramente meno importante: “Il Papa: ‘Nozze gay una ferita alla pace’”. Questo succedeva ieri in Italia anche se, tecnicamente come sappiamo, il Vaticano non è Italia. Ma forse fa l’Italia.
Delusione e tristezza, perché in fondo continuo a sentire un certo legame con la religione cattolica e come già detto, non ho mai rinnegato il mio passato da assiduo frequentatore e profondo credente. Se oggi sono quello sono è inevitabilmente anche per quel periodo. Delusione perché so cosa c’è dietro, ho visto e fatto parte del piccolo popolo che trae gioia dalla vita parrocchiale, dal fare le opere di beneficenza locale, dal far “famiglia felice” durante la festa patronale. Ho visto le persone che impegnano gran parte del loro tempo e delle loro energie per far giocare e divertire un gruppo di bambini, per far sì che i vecchi lasciati soli abbiano qualcuno con cui prendere un caffè e scambiare due parole, per smistare i vestiti smessi da destinare ai poveri. Ho visto le persone delle piccole realtà locali fare queste cose con estremo candore e ingenuità.
Come possono quelle parole di discriminazione venire dalla stessa “Chiesa”? Quante di quelle persone continuano a credere in dio e in Vaticano SpA allo stesso modo e quante invece sono arrivate a tracciare una netta linea tra la fede che serbano nel loro cuore e la chiesa come corporation. Io ero con loro ma poi ho preso coscienza di me e ho visto quello che c’era sopra e quello che c’era sotto, scavando un po’. Le cose che si preferivano non dire per non rovinare la festa a tutti, gli argomenti che era meglio non trattare adesso perché dai, queste son cose delicate e non vogliamo offendere la sensibilità di nessuno. Stasera c’è la cena di beneficenza per i malati del quartiere, ci vieni a dare una mano?
Cominci a sentire che non ti incastri perfettamente con quelle due realtà (a prescindere dal tuo orientamento sessuale) ma nonostante questo, ricopri la buca appena scavata, non guardi su e continui a fare quello che stavi facendo, perché in fondo regalare un sorriso ad un anziano e soprattutto sentirsi parte di una grande famiglia che ci protegge e ci ama è più importante. Ed è qui forse che la mia delusione e tristezza trovano le sue radici, nell’effetto famiglia. Nel non sentirsi accettato dalla grande famiglia che abbiamo scelto, nell’avere un “padre” che ci dice “Figlio, tu non sei come tuo fratello o tua sorella. Sei diverso, non puoi fare quello che fanno loro, non hai diritto alla stessa felicità. Io non ti caccio, ti accetto, perché sei mio figlio, puoi rimanere. Ma o cambi o se resti quello che sei te lo tieni per te!” E’ per quei figli che sento tristezza, per chi è un uomo e ama un altro uomo o una donna e ama un’altra donna e ha come desiderio più grande il poter vivere tutto ciò liberamente insieme alla propria fede e non sentirsi chiamare “minaccia alla pace” dalla persona che vorrebbe poter seguire come Padre Spirituale, semplicemente come la religione di quelle persone consiglia di fare. Il non sentirsi parte di un qualcosa, accettarlo e cambiare strada è un conto. Ma il non sentirsi parte di un qualcosa che si sente di amare è tutta un’altra storia.
E per tutti gli altri? Per quelli che come me, a cuor leggero, hanno deciso di fare i bagagli e andarsene? Per quelli che l’hanno lasciata quella famiglia o non ne hanno mai voluto far parte? Per quelli che hanno rispetto per il credo altrui semplicemente come hanno rispetto per le altrui libertà e che tengono bene a mente che “la libertà di un individuo finisce dove inizia quella di un altro”? Per questi individui rimane il dover fare i conti con il fatto che il Papa parla anche per la loro salvezza, il loro futuro e, soprattutto, la loro felicità.
Non mi aspetto che il Papa chiuda la bocca e gli venga vietato di parlare, sarei ipocrita, e sono anche pronto a ad accettare il fatto che se parlo io, dal mio blogghino che riceve una media di 4-5 visite al giorno, nessuno mi ascolta ma se parla lui da piazza San Pietro, le sue parole hanno sfortunatamente un’eco diversa che invade la vita di tutti. Quello che reputo grave ma soprattutto estremamente pericoloso è che una tal persona, con un tal potere mediatico, non solo inciti al razzismo (o al non usare il preservativo favorendo così la diffusione dell’HIV a AIDS in uno dei paesi maggiormente colpiti, questa è un’altra delle tante dette in altre occasioni), ma nella stessa Giornata della Pace di ieri dia la benedizione (e quindi il suo appoggio) a Rebecca Kadaga, promotrice di un progetto di legge per introdurre la pena di morte per gli omosessuali in Uganda. Si, uccidere le persone per il loro orientamento sessuale. Nel 2012, quasi 13 ormai. Il Papa lo sapeva quando l’ha benedetta o forse ha semplicemente ricoperto la buca, come fanno tanti dei suoi “followers”? Questo è grave e pericoloso. Qui non si parla più di vietare a due persone di essere felici potendosi sposare e avere gli stessi diritti degli altri. Qui si tratta di uccidere legalmente, come legalmente si può acquistare un’arma e farne quello che si vuole.
Il diritto di opinione è qualcosa di sacro e non andrebbe mai vietato. Ma quando si supera il limite e questo diventa un potere, abusato, capace di influenzare le menti, cosa si fa. Forse ci si può solo rimette al buon senso di ognuno, e allora facciamoci il segno della croce.