Sono passati novant'anni e si torna in regime di censura, senza atto d'imperio, ma con una legge approvata da senatori e deputati eletti in libere elezioni.
Quali che siano le motivazioni più o meno contingenti, il provvedimento svuota uno dei cardini della democrazia e della libertà senza apportare alcun beneficio ai cittadini ed alcun miglioramento alla già disastrata macchina della giustizia che, questa sì, necessita di essere rivista. La definizione delle pene pecuniarie e gli automatismi applicativi sono in contrasto col "garantismo" imperante senza tuttavia intaccarlo per i delitti di ben maggiore gravità e per quelli perpetrati in danno della pubblica amministrazione, quest'ultimi particolarmente sono e restano tutelati. Lo stato quindi ristabilisce con legge alcuni controlli a tutela dell'immagine pubblica del regime con la cancellazione immediata di qualsiasi contenuto che potesse suscitare opposizione, sospetto o dubbi anche su enti e persone nell'esercizio di una funzione pubblica. In tal modo si ha il controllo costante dell'opinione pubblica e la possibilità di influenzarne il consenso. Altrettanto inevitabilmente si porrà la base per la creazione di archivi nazionali e locali per la schedatura dei cittadini in rapporto alle idee ed alle simpatie politiche. La censura è la base per la creazione di uno stato di polizia, indipendentemente dalle finalità che intende perseguire. Il sistema, che sembra prevalere nelle discussioni parlamentari, innescherà meccanismi di rilevante portata, difficilmente prevedibili, per la gestione della giustizia che già non è in grado di assicurare in tempi ragionevoli le cause civili. Non illuda l'apparente semplicità del rapporto tra reato e sanzione pecuniaria contenuto nel progetto di legge. In poche parole la legge porterà ad inibire qualsiasi critica ai personaggi del regime, ai loro familiari e amici mentre non porterà alcun beneficio ai cittadini che partecipano alla cosa pubblica come semplici elettori.
Fidenza 1944 - un timbro postale e tre timbri di censura
Il rogo dei blogs
Quando il regime ordinò che in pubblico fossero chiusi i blogs di contenuto malefico un blogger scoprì
- uno di quelli al bando, uno dei meglio - l'elenco
studiando, sgomento, che i suoi
post erano stati dimenticati. Corse
al suo computer, alato d'ira, e scrisse ai potenti una email.
Chiudetemi!, scrisse di volo, chiudetemi!
Questo torto non fatemelo! Non lasciatemi fuori! Che forse
la verità non l'ho sempre, nei miei posts, dichiarata? E ora voi
mi trattate come se fossi un mentitore! Vi comando:
chiudetemi!
Parafrasi da "Il rogo dei libri" di Bertolt Brecht