Nel post che vi apprestate a leggere ho deciso di vestire i panni, per me inconsueti, del Democristiano DOC. Mi sto infatti per lanciare in un’appassionata difesa di tutti gli interessi in gioco nella vicenda, come il peggiore degli avvocati delle cause perse, senza dare ragione a nessuno in particolare. Proprio io che generalmente, non appena nasce una discussione, sento l’esigenza di prendere le parti di qualcuno anche solo per l’effetto che fa.
Ma facciamo alcuni passi indietro.
#IoStoConUber è l’hashtag lanciato da Uber Milano che accompagna una raccolta firme (una petizione online che trovate a questo link) per convincere il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia a ritornare sui suoi passi, ossia sulla decisione di rendere inefficace la determina che consentiva a Uber di fornire i propri servigi in città.
A questo punto urgono ulteriori passi indietro, e non solo quelli del Sindaco Pisapia. Uber è un servizio, nato negli Stati Uniti e arrivato da circa un anno a Milano, che consente attraverso una apposita app per smartphone di prenotare un’auto privata con tanto di autista. L’applicazione e il servizio, che ho testato personalmente in varie occasioni, sono molto comodi e sfruttano la geolocalizzazione dell’utente non solo per la prenotazione, ma anche per fornire un preventivo della corsa e per inviare successivamente il dettaglio del percorso e dei costi. La prestazione viene poi regolata tramite carta di credito, senza che l’utente debba tirare fuori fisicamente dalle tasche nemmeno 1 euro. E poi vuoi mettere l’ebbrezza di avere un autista privato? Per citare uno dei miei Tumblr preferiti (Gays of Porta Venezia), quando usi Uber, ti senti così:
Ovviamente tutto questo (non solo in Italia) ha messo sul piede di guerra i tassisti e, allo stesso tempo, ha messo in difficoltà le amministrazioni comunali. Vediamo dunque nello specifico caso di Milano chi sono i soggetti protagonisti e perché, secondo me, hanno tutti ragione. *Potere di Pierferdinando Casini, vieni a me*.
Da un lato c’è Uber, che si propone come una moderna start-up che gioca tutto sull’innovazione, sull’uso delle nuove tecnologie e soprattutto sfrutta una normativa non del tutto chiara sulla materia, anche perché non aggiornata rispetto alle recenti evoluzioni. Il servizio che viene offerto da Uber, tuttavia, è solo in parte concorrente a quello dei Taxi. Lo è perché, checché ne dicano i diretti interessati, i tassisti a Milano non sono in grado di far fronte, soprattutto in alcune fasce orarie, a tutta la domanda che esiste. Dall’altro lato, però, Uber funziona con modalità profondamente diverse (non esistono piazzole di sosta dedicate come per i taxi, né numeri di telefono da chiamare. Solamente l’app) e con prezzi diversi (leggermente superiori a quelli dei Taxi). Inoltre, si può pagare solo con carta di credito o Paypal che devono essere pre-registrati.
Dall’altro lato ci sono i tassisti. Giustamente, chi possiede un Taxi ha pagato a suo tempo una licenza, sborsando svariate decine di migliaia di euro; è ovvio che si cerchi di tutelare l’investimento fatto. È quindi del tutto normale, ragionevole e comprensibile che i tassisti si oppongano a qualsiasi proposta di liberalizzazione del settore. È esattamente la stessa comprensibile reazione di chi ha comprato una casa e scopre il giorno dopo che vogliono costruire una discarica a 100 metri di distanza. Una città come Milano non potrebbe in ogni caso fare a meno del loro servizio, che rimane il più capillare ed efficiente.
Infine c’è il Sindaco Pisapia, che rappresenta l’Amministrazione Comunale. Forse la posizione più scomoda, perché da un lato cerca di perseguire la (giustissima) strategia di aumentare le forme di mobilità alternativa: non solo Uber, ma anche il car sharing di Car2Go e Enjoy, il noleggio bici di BikeMi o auto di GuidaMi e il potenziamento della rete del trasporto pubblico. Dall’altro però ci sono interessi molto alti in gioco: è chiaro che quando i tassisti minacciano lo sciopero proprio durante una delle settimane più importanti per la città (la settimana della Moda), è più che comprensibile che le gambe tremino e si decida di revocare il “permesso” di Uber ad operare, cedendo al “ricatto” in atto.
Io credo semplicemente che il “percorso” che è iniziato a Milano sia un processo irreversibile e che, a prescindere da Uber, andrà avanti e si estenderà a tutta Italia, come già sta avvenendo nel resto d’Europa e del mondo. Ma questo non può che essere un bene per tutte le parti in gioco: aumentare le forme di mobilità alternative all’automobile privata porta benefici in termini di inquinamento e sostenibilità, ma anche maggiore concorrenza e spinta all’innovazione. Sarà un caso che ormai tutti i servizi di radio taxi si stiano dotando di app per smartphone per la prenotazione delle corse? Più possibilità di muoversi con questi mezzi alternativi significa che più persone saranno incentivate a lasciare l’auto a casa (o addirittura dal concessionario), diventando così potenziali clienti. Clienti dei taxi, di Uber, di Car2Go, dell’ATM e anche dell’eventuale futuro servizio di risciò che potrebbe nascere dopodomani.
Le guerre a colpi di ricorsi e scioperi serviranno a ben poco, se non a danneggiare i cittadini, verso i quali si rischia di provocare un effetto boomerang. Ecco perché secondo me sostenere la campagna #IoStoConUber e firmare la petizione salvaguarda l’interesse e la sopravvivenza di tutti.
[L'archivio di Cosmopolis]
Il post #IoStoConUber, ma anche con tutti gli altri, scritto da Signor Ponza, appartiene al blog Così è (se vi pare).