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Iran e Turchia vogliono una Siria unita. Damasco attende i colloqui di Ginevra

Creato il 07 marzo 2016 da Retrò Online Magazine @retr_online

Reportage: Il sogno di Damasco. I giorni della tregua

Integrità territoriale secondo Iran e Turchia

Mentre la Siria e il resto del mondo attendono i colloqui di pace di Ginevra, che continuano ad essere posticipati di giorno in giorno, l’Iran di Rouhani e la Turchia di Erdogan auspicano un futuro di integrità territoriale per la Siria del dopo-tregua. Ankara e Teheran hanno detto sì al cessate-il-fuoco che vige in Siria dal 27 febbraio scorso. “La situazione attuale di tregua può solo dar beneficio a Damasco, ma si deve proseguire in direzione di una solida integrità territoriale”. A rendere nota una simile posizione sono il presidente iraniano, Hassan Rouhani, e il primo ministro turco, Ahmet Davutoglu. Nonostante la convergenza delle opinioni, Turchia e Iran percorrono fronti opposti: Teheran si è detto vicino a Bashar al-Assad, mentre Ankara appoggia le fazioni ribelli che vorrebbero spodestare l’attuale presidente siriano.

Sia Turchia che Iran hanno pronunciato il proprio appoggio al cessate-il-fuoco in Siria. Le parole di Rouhani: “Dobbiamo porre fine ad un conflitto estenuante che può solo compromettere irreparabilmente il destino siriano. La tregua dev’essere l’occasione per soccorrere i profughi e gli sfollati”. Come ha reso noto l’agenzia stampa iraniana “Irna“, Ankara e Teheran vogliono tacere le divergenze manifestate da sempre nei confronti del conflitto in Siria. Il convergere degli obiettivi di Turchia e Iran ha una valenza di notevole ampiezza, “non servono soltanto per la Siria, ma per il benessere di tutto il Medio Oriente”. L’integrità territoriale si profila, dunque, come l’obiettivo comune per ipotizzare una fase post-tregua: “Damasco deve incominciare a maturare delle prospettive, altrimenti si ripiomba nell’incubo Isis. Nessuno vuole avere a che fare con l0 Stato islamico una seconda volta” spiega la gente. Ma intanto alle spalle delle opinioni della gente comune prendono forza le strategie degli Stati e delle coalizioni. L’Iran – da sempre vicino alla Russia – dà il proprio sostegno al governo di Assad, mentre la Turchia di Erdogan – prossima alle posizioni dell’Arabia Saudita – è favorevole ad una transizione che spodesti l’attuale presidente siriano.

A quando i colloqui di pace? Ginevra sempre più lontana

All’inizio i colloqui di pace a Ginevra – per definire la questione siriana – erano stati indetti per il 7 marzo, poi sono slittati al 10 dello stesso mese. Ora si parla addirittura del 14 marzo prossimo. “Ci saranno mai?” chiede con sarcasmo qualcuno. Ovviamente la tregua che attualmente vige in Siria sfocerà nei colloqui di pace, almeno questo spera la popolazione siriana, anche se il giorno del vertice continua a subire ripetute correzioni. Una fonte del regime di Damasco afferma che “una delegazione ufficiale ha ricevuto un invito dalle Nazioni Unite per partecipare ai colloqui di pace che si terranno a Ginevra il 14 marzo prossimo”. Per qualcuno, tuttavia, la data non dev’essere presa ancora per certa. “Potrebbe verificarsi un ulteriore slittamento” si vocifera a Damasco e nelle altre città della Siria, “Forse l’Onu non è ancora convinta della solidità di questa tregua”.

Intanto in Siria si continua a sparare. A Raqqa 200 militanti dell’Isis sono passati – nel corso dell’ultima ribellione – dalla parte dei cittadini. “In Siria sta avvenendo di tutto” continuano a ripetere i civili, “I negoziati non possono attendere altro tempo. Bisogna dare un futuro al Paese”. Per Staffan de Mistura, inviato dell’Onu in Siria, i colloqui di pace sono la seconda tappa necessaria dopo gli accordi del 27 febbraio scorso. “Dobbiamo lavorare per dare alla Siria un governo di transizione” ha affermato de Mistura nella giornata di ieri ad alcuni media arabi, “Se non sapremo offrire una valida riconciliazione nazionale, ogni nostro sforzo sarà stato vano”. Intanto a Damasco ci si interroga se la nuova stagione politica siriana vedrà ancora al governo Bashar al-Assad oppure si dovrà nominare una nuova guida. Per qualcuno Assad avrà ancora un ruolo nel governo di transizione, poi diverrà il passato della Siria. Per la Russia l’attuale presidente deve restare al potere, “un vuoto politico nuocerebbe soltanto al Paese” ha riferito il Cremlino, ma Bashar al-Assad s’è detto ugualmente disponibile a lasciare il governo.

Ora tutto è nelle mani di Ginevra, anche se ancora oggi non si sa chi prenderà posto e chi no ai negoziati. L’Hnc – il comitato dei gruppi ribelli – ha fatto sapere che non è certa la presenza dell’opposizione ai colloqui di pace. “Stiamo verificando ogni alternativa o eventuale altro scenario possibile” ha spiegato Riad Nassan Agha, portavoce dell’Hnc. “E se la tregua finisse infranta?” chiedono ripetutamente i civili, “Che fine farebbe Damasco? Si tornerebbe in guerra?”. Ora più che mai il destino della Siria è in bilico, mentre i colloqui di Ginevra continuano a slittare di giorno in giorno.

Tags:aleppo,ankara,assad,colloqui,damasco,erdogan,Ginevra,iran,pace,rouhani,siria,teheran,tregua,turchia Next post

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