C’è la conferma: arrivano i pasdaran iraniani a combattere a fianco dell’esercito Baghdad contro la minaccia terrorismo in Iraq. Così, le forze di sicurezza irachene hanno riconquistato una città a nord di Baghdad, frenando l’avanzata degli jihadisti verso la capitale. Si tratta di Ishaqi, nella provincia Salaheddin, uno dei punti più vicini a Baghdad raggiunto dai miliziani qaedisti. Nella città riconquistata le forze di sicurezza hanno trovato i cadaveri carbonizzati di 12 poliziotti.
(al-masdar.net)
Le dinamiche di guerra. Dopo aver scacciato gli jihadisti dalla città di Ishaqi, a nord di Baghdad, i filo governativi, insieme ad i pasdaran iraniani hanno riconquistato anche l’area di Muatassam, nella stessa provincia; inoltre, venerdì notte gli jihadisti erano stati cacciati da un’altra città, Dhuluiyah, secondo quanto riferito da testimoni. Le forze di sicurezza inoltre, con l’aiuto delle milizie tribali della zona di Balad, hanno ripreso il controllo della stazione di polizia di Jaweziriyat, nei dintorni di Tikrit, finita venerdì nelle mani delle milizie islamiche. L’esercito iracheno ha riconquistato così la zona a nord di Baghdad, riaprendo la via che dalla capitale porta a Samarra. Secondo quanto ha annunciato il governatore di Salahuddin, Ahmed Abdullah al Jiburi, “per riconquistare quella zona abbiamo ucciso 170 terroristi islamici”. Intanto l’associazione degli ulema islamici ha invitato l’opinione pubblica a prendere le armi contro i miliziani dell’Isis.
Il richiamo alle armi dei soldati in ferie e quelli in congedo. La polizia e l’esercito si stanno coordinando con i volontari delle milizie popolari, ed in particolare con quelli delle brigate Hezbollah e delle Bande della gente della verità, altra formazione sciita. Non si vedono invece al momento per le strade le milizie legate all’imam Moqtada al Sadr. Interpellato da “Nova”, il generale iracheno Mohammed al Skari ha spiegato che “abbiamo chiesto anche ai soldati in ferie e a quelli in congedo di riprendere le armi e di unirsi alle loro unità immediatamente. Lo sceicco Ahmed Atwani, ha aggiunto che “le nostre brigate sciite sono pronte a proteggere la popolazione di Baghdad e a replicare a qualsiasi attacco.
L’aiuto iraniano al governo iracheno. E’ il generale Qasem Soleimani l’uomo inviato da Teheran per coordinare l’assistenza militare a Baghdad contro l’avanzata dei miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil). Lo conferma ad Aki – Adnkronos International una fonte del ministero degli Esteri di Teheran a condizione di anonimato. Secondo la fonte, il generale si sarebbe recato in Iraq tra giovedì e venerdì scorsi e al momento almeno due compagnie di Pasdaran sarebbero presenti in Iraq al fine di fermare l’avanzata dei ribelli sunniti di Isil. Secondo la fonte degli Esteri, Teheran “non può permettersi di perdere la propria influenza sull’Iraq e pertanto continuerà a supportare, su tutti i fronti, il fronte sciita iracheno”. Anche alcune fonti citate dal Guardian e dal Wall Street Journal hanno sostenuto che il generale Soleimani avrebbe visitato le autorità irachene, garantendo il supporto militare e logistico iraniano. La notizia era però stata smentita dal ministero degli Esteri iraniano, che ha confermato il sostegno politico di Teheran nei confronti del governo di al-Maliki, ma negato di aver inviato le proprie forze militari in Iraq.
Il generale Soleimani è stato nominato nel 1997 comandante delle Brigate al-Quds del corpo dei Pasdaran. E’ uno dei più importanti ufficiali del sistema militare iraniano ed è molto vicino alla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, che risale agli anni della guerra Iran-Iraq (1980-1988). Soleimani, prima di diventare comandante di al-Quds (sezione estera dei Guardiani della Rivoluzione), era stato uno dei principali comandanti dei Pasdaran durante la guerra contro Saddam Hussein. Dopo si è dedicato a combattere il traffico di droga al confine orientale del Paese con l’Afghanistan. Soleimani ha iniziato la sua carriera militare come un semplice membro dei paramilitari Basij subito dopo la rivoluzione del 1979. Date le sue qualità nella strategia militare e nell’intelligence, è riuscito a salire i ranghi militari in poco tempo, diventando oggi l’ufficiale più influente in Iran. Soleimani è stato e continua a essere molto importante nella politica estera iraniana in Iraq (particolarmente a Bassora) e in Afganistan (particolarmente a Herat) dal momento che le Brigate al-Quds sono il braccio estero dei Pasdaran che, a volte, riescono a determinare anche linee di politica estera della Repubblica islamica. Soleimani è un convinto fedele dell’Islam sciita e crede all’ideologia khomeinista.
In città invece i prezzi dei beni di prima necessità sono in aumento mentre si registra una fuga delle famiglie più ricche verso l’Iran e il Kurdistan iracheno tramite l’aeroporto di Baghdad per il timore che possa essere chiuso da un momento all’altro. “Tutto sembra precipitare verso una gestione soltanto militare della crisi, cioè verso la guerra civile. E adesso questo spaventa tanti cristiani anche più dell’avanzata degli islamisti: la guerra non fa distinzione tra soldati, terroristi e civili. E si abbatte allo stesso modo su cristiani, sunniti, curdi e sciiti”.
L’Iran, intanto, sta valutando l’ipotesi di collaborare con gli Stati Uniti per frenare l’ondata terroristica. Il presidente iraniano Hassan Rohani, nel corso di una conferenza stampa a Teheran, ha aperto la porta a Washington nell’ipotesi di un intervento contro “gruppi terroristici in Iraq e da altre parti”. “Dobbiamo contrastare nella pratica e con le parole i gruppi terroristici”, ha detto. Rohani ha però escluso l’invio di propri militari in Iraq, smentendo così quanto sostenuto ieri da fonti governative irachene citate dalla Cnn che parlavano di almeno 500 uomini delle Guardie della Rivoluzione inviati da Teheran nella provincia di Diyala. Il presidente iraniano ha comunque spiegato che Teheran è pronta ad aiutare il governo iracheno nella sua lotta ai gruppi sunniti estremisti nell’ambito del diritto internazionale, aggiungendo che finora Baghdad non ha fatto richiesta di assistenza.
In un discorso agli ufficiali dell’esercito, trasmesso dalla tv ufficiale irachena, il premier Al-Maliki ha promesso l’attivo di volontari per aiutare le truppe. ”Samarra non sarà l’ultima linea di difesa, ma la base di raccolta e la rampa di lancio”, ha promesso. “Nelle prossime ore, gruppi di volontari arriveranno a sostenere le forze di sicurezza nella loro guerra conto le bande dell’Isis”, lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria. Al-Maliki ha inoltre denunciato il sostegno che alcuni gruppi politici fornirebbero agli jihadisti, senza specificare quali. Giovedì il Parlamento non era stato capace di raccogliere il quorum di deputati sufficienti per votare la proclamazione dello stato di emergenza, proprio per l’assenza di oltre la meta’ dei deputati, alcuni dei quali appartenenti ai gruppi sunniti rivali del premier sciita. Maliki, che è anche comandante generale delle Forze Armate irachene, ha ricordato che il Consiglio dei Ministri gli ha conferiti “poteri illimitati” per mobilitare le truppe, equipaggiarle e finanziare l’acquisto di armi. Il premier venerdì si era spinto fino a Samarra, dove aveva visitato uno dei più venerati templi sciita, bombardato da miliziani sunniti nel 2006, un attacco che scatenò un prolungato e sanguinoso scontro settario.
L’Onu definisce “una tragedia umana” quel che sta accadendo in Iraq e stima in quasi un milione di persone il numero di coloro che hanno lasciato le loro case, in fuga dalle violenze, e sono adesso sfollati all’interno del Paese. Il rappresentante dell’Onu in Iraq, Nickolay Mladenov, ha aggiunto che lo scontro tra i jihadisti sunniti, guidati dallo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, e il governo di Baghdad, comporta “una grave minaccia per la sovranità e l’integrità del Paese”.
Per approfondire ulteriormente: Iraq, il premier Maliki dichiara lo stato di emergenza. La città di Mosul passa ai ribelli jihadisti.