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Irpinia: 30 anni dopo

Creato il 22 novembre 2010 da Tuttoqua

Domani, 23 novembre, trent’anni fa io c’ero.

Ero a Salerno, in citta’, nella zona vicina al centro storico, quindi l’area che fu, probabilmente, meno esposta della cosiddetta zona orientale.

E avevo una decina d’anni, quindi mi rendo conto che i miei ricordi sono quelli di un bimbo che non capiva e non capi’ molto bene la portata dell’accaduto e le relative conseguenze.

Pero’ i fatti che mi ricordo me li ricordo bene, con un dettaglio che sembra davvero sia accaduto ieri. Ero a casa, nello studio di mio papa’, che allora aveva 40 anni, cioe’ la mia eta’ di adesso, e con noi c’era anche mio fratello, che all’epoca era un cosino di circa 6 anni. Stavamo guardando la collezione di francobolli e le ultime acquisizioni. Parentesi: non so perche’ m’interessasse cosi’ tanto, forse perche’ era una “cosa da grandi”. Chiusa parentesi.

Mia madre, invece, era di la’, in sala, che allattava mia sorella, nata esattamente 29 giorni prima…

Ripensando a questa scena, mi viene in mente un particolare specifico. Pochi minuti prima, proprio mentre attraversavo il corridoio di casa per andare verso lo studio, avevo notato mia madre (intenta ad allattare) che scostava con la mano la tenda della finestra e guardava fuori. Quello che mi colpi’ fu l’espressione di estrema preoccupazione e il pallore del viso. E, nella mia ingenuita’ di bimbo pero’, non ci riflettei sopra e tirai dritto. Evidentemente, la sensibilita’ di donna, acuita dal fatto di essere ridiventata mamma da poco, l’aveva pre-allerata.

Dopo qualche minuto arrivo’ l’ira di Dio!

Non ricordo assolutamente il tremore, che ci fu e fu terribile, ma il rumore del vento, beh… quello me lo ricordo eccome! Fu come trovarsi al mare in una giornata invernale ed assistere ai cavalloni che s’infrangono sui frangiflutti. Quel rumore li’, ma talmente forte da coprire ogni altro suono. Infatti, solo dopo seppi che mia madre aveva urlato “il terremoto!!!” dalla sala, e si era precipitata giu’ con la piccola in braccio.

Contestualmente, mio padre aveva afferrato mio fratello e l’aveva tirato su in spalla, aveva preso me per un braccio e ci aveva trascinati giu’ a nostra volta. La mia esperienza del terremoto fini’ li’, quando insieme ad altre centinaia di persone ci ritrovammo tutti in strada, al buio (corrente elettrica ciao…), con il nostro amatissimo parroco che sembrava il Papa con gli occhiali quando scese in San Lorenzo dopo le bombe. “State calmi, non vi preoccupate”, e abbracciava tutti e tutti volevano abbracciarlo.

Di fronte alla potenza della Natura, l’Uomo diventa niente.

Quello che segui’ fu routine, almeno per i casi come questi. Recuperammo cibo e coperte da casa, rispondemmo ai parenti del Nord che stavamo bene (incredibilmente i telefoni funzionavano ancora) e ci trovammo con i nonni e lo zio per andarcene a dormire all’area di servizio ESSO di via Risorgimento. Dormire poi, che parola grossa. Mi ricordo bene pero’ mio nonno, che non riusciva a prendere sonno se non al buio piu’ totale, stendersi sul sedile anteriore un po’ reclinato dell’Autobianchi A112 dello zio e mettersi un ridicolo fazzoletto bianco in faccia per coprirsi gli occhi

:-D

Poi passammo una decina di giorni dalla nonna materna nel Lazio e infine tornammo a casa.

Tutto come prima, come se non fosse mai accaduto niente.

E invece la botta era stata forte. Quasi 3.000 morti (tanti quanti quelli delle Torri Gemelle nel 2001), 20 volte le vittime dell’Aquila. Non che le tragedie valgano in proporzione a questi numeri, ma e’ per descriverne la portata.

Il vero problema fu poi per quelli (circa 250.000 persone) che avevano perso tutto nei crolli. Interi paesi furono cancellati dalla cartina, e la gente visse nei container e nei prefabbricati anche per 20 anni (non so se ci sia qualcuno che ci viva ancora oggi).

Lo Stato stanzio’ i fondi, ma il magna-magna fu spaventoso, e alla gente arrivarono solo le briciole.

Per non dimenticare.


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