Così come accade al campo magnetico terrestre, anche le linee di forza della politica sembrano invertirsi secondo un bizzarro e incoerente disegno: ieri abbiamo sentito Berlusconi sostenere ciò che avremmo dovuto sentir dire dal centro sinistra già due anni fa, cioè il no al fiscal compact e niente 3% di deficit. E invece lo grida il tycoon che dovrebbe essere in accordo con il disegno politico che si nasconde dietro la politica dell’austerità, mentre il premier Letta che per ragioni del tutto misteriose appartiene al centro sinistra è a Belfast a fare moine e a piegarsi a 90 gradi. Sarà per l’umidità irlandese.
Certo Berlusconi parla adesso, ma accettò la famosa lettera della Bce quando era ancora metà al governo, metà sul lettone di Putin. Certo in quanto alleato di Monti votò senza fiatare per il mortale fiscal compact, il Mes e per il pareggio di bilancio in Costituzione. Certo il Cavaliere è del tutto inaffidabile anche perché non ha mai fatto politica, ma solo un’eterna campagna elettorale e si dimostra ancora una volta irresponsabile suggerendo di venire meno estemporaneamente ai patti che egli stesso ha votato, dentro comunque un disegno di privatizzazione integrale dello stato.
Ma d’altronde la parte a lui avversa ha cercato di spacciare per responsabilità la subalternità ai potentati europei e al pensiero unico, ha portato in processione il feticcio di un’idea di Europa già morta da tempo e soprattutto non si è accorta, nonostante le prove e le dichiarazioni che le ricette suggerite dalla Bce, dal Fmi e da Bruxelles e Berlino non erano altro che una cessione di sovranità verso istituti di caratteri finanziario e che puntavano a creare impoverimento e disuguaglianza.
Dopo la stagione degli opposti estremismi, abbiamo la stagione delle opposte irresponsabilità. Che diventano clamorose per il centro sinistra nel momento in cui la realtà prima e le analisi teoriche dopo hanno fatto a pezzi presupposti, strumenti e pratiche dell’austerità, mostrando la trama di interessi, di ottusità e di totale inesistenza politica dell’Europa. Persino lo studio principale sul quale si basa tutto l’arzigogolo sul tetto del 3% di deficit e sul debito pubblico non superiore al 60% del Pil , è stato ridicolizzato come frutto di un banale errore di calcolo, senza citare le sconfessioni venute già 8 mesi fa dal capo economista del Fmi. Ma tutto questo è rimasto chiuso in cassaforte, non ha provocato nessun ripensamento, non ha nemmeno sfiorato le primarie e poi la campagna elettorale, non raddrizzato né la schiena di Bersani, né quella di Letta.
La sinergia fra gli slogan di Berlusconi e la cecità politica del Pd, la consociazione di interessi fra due vuoti, ha portato allo sfascio del Paese: la strana inversione di polarità è dovuta soltanto al fatto che il Cavaliere si preoccupa della sua “roba” la cui redditività è messa in crisi dal declino, mentre il Pd già da tempo ha finito di preoccuparsi per i ceti popolari di cui teoricamente dovrebbe essere il rappresentante. Il resto si occupa di mettere in scena una stravagante e penosa commedia dell’inquisizione perché non sia mai che la stupidità batta la fiacca.