Padre Spadaro, in effetti, nella prima parte del saggio conduce un’analisi assai interessante del fenomeno Hackers ricordando i sette loro comandamenti: 1) L’accesso ai computer deve essere illimitato e totale. 2) Dare sempre priorità all’handson (metterci su le mani, verificare di persona...). 3) Tutte le informazioni dovrebbero essere libere. 4) Sfiduciare l’autorità: promuovere il decentramento. 5) Gli hacker devono essere giudicati dal loro hacking. 6) È possibile creare arte e bellezza su un computer. 7) I computer possono cambiare la tua vita in meglio.
Sono principi che investono i problemi del lavoro oggi. Potrebbero piacere – aggiungo io – anche agli operai di Mirafiori o della Bertone. Il gesuita, ricorrendo a citazioni varie, ricorda la presenza del rifiuto del lavoro “ripetitivo, faticoso e stupido”, senza escludere l’impegno, anzi aborrendo l’ozio. C’è una polemica “contro un certo modo di intendere l’esistenza tutto sbilanciato sul lavoro ottimizzato, legato all’orologio e alla performance, all’efficienza”. Con una messa in guardia dallo
schema fordista della «catena di montaggio, che plasma la vita ordinaria. Mentre si vorrebbe una nuova “etica” del lavoro caratterizzata da passione e creatività “non limitata da turni e tempi rigidi e senza risparmio di capacità”.
Sotto accusa sono “il controllo, la competizione, la proprietà”. Certo c’è anche la convinzione che l’autorevolezza viene da una conoscenza condivisa e decentralizzata. Così è citata la diffusione dei social network, l’esperienza di Wikipèedia, l'open source. Mentre il saggio nel finale prende le distanze ad esempio dall’annullamento di ogni gerarchia. E’ incompatibile con il pensiero della Chiesa: “Si perderebbero l’importanza delle mediazioni e la dimensione pedagogica di accesso al sapere. In questa logica non ci sarebbe passato o sapienza da consegnare (tradere) da padre in figlio, perché vigerebbe il principio di identicità, della perfetta simmetria”.
Eppure, conclude padre Spadaro, l’etica hacker può acquistare persino risonanze profetiche per il mondo d’oggi votato alla logica del profitto, per ricordare che “il cuore umano anela a un mondo in cui regni l’amore, dove i doni siano condivisi” (parole di Benedetto XVI).
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