a cura di Dale Zaccaria
Il 23 Giugno presso la piazza dell’Immacolata nel quartiere storico romano (per la sua storia antifascista e di resistenza) di San Lorenzo abbiamo condiviso con un pubblico attento e in ascolto il nostro ricordo di Peppino Impastato. Preziosi gli interventi di Giuseppe De Marzo (giornalista de l’Unità e de Il Manifesto) e di Vincenzo Migliucci (Cobas) il nostro grazie va al pubblico presente, all’Associazione Grande Cocomero ( di cui Francesca Archibugi ne ha tratto un film) e all’ amica Graziella Bastielli.
Il mio grazie personale va infine a Salvo Vitale, Giorgio Di Vita e Ottavio Navarra per aver creduto nelle mie capacità interpretative di un ruolo oltretutto maschile come quello di Peppino Impastato.
A tal proposito voglio portare qui alcuni brani su una figura “divina” come veniva definita allora Isabella Andreini che già nel 1500 vestiva panni anche da uomo in teatro o come ancora nel Teatro Kabuki Giapponese o nell’Opera di Pechino i ruoli femminili sono interpretati da uomini. Ma possiamo andare meno lontano e ricordare anche il vicino Teatro Greco.
Poiché l’arte attraverso i secoli in tutte le sue forme ci ha sempre insegnato la strada, la via, della libertà.
“E come nei teatri or donna ed ora
uom fei rappresentando in vario stile
quanto volle insegnar la Natura ad Arte”
Isabella Andreini
Dodici schede sul teatro italiano Storia del Teatro di Glynne Wickham (Il Mulino 1994)
“ Probabilmente i nomi più famosi dell’intera Commedia dell’Arte sono quelli di Isabella (1562-1604) e Francesco Andreini (1548-1624) e del loro figlio, Giovan Battista (1574-1654).
Isabella fu celebrata come attrice e come poetessa in Italia, in Francia, in Spagna. Fu cantata in versi da poeti come Tasso o Marino. Scrisse una favola pastorale, la Mirtilla, pubblicò nel 1601 Le Rime, nel 1607 Le Lettere (non un epistolario ma una raccolta di esercitazioni letterarie). Fu acclamata per la sua duttilità, per la sua cultura, il suo fascino, la sua onestà. Fondò con Francesco la compagnia dei Gelosi.”
Le commedie fatte alla maniera degli attori Il teatro in Italia 500 e 600 di Clelia Falletti Cruciani (Edizioni Studium Roma 1999)
“Così parlà di sé la prima tra questi attrici, Isabella Andreini, edificando la propria immagine come diversa da i suoi personaggi:
S’alcun fia mai, che i versi miei negletti
Legga, non creda a questi finti ardori,
Che ne le scene immaginati amori
Usa a trattar con non leali affetti,
Con bugiardi non men con fetti detti
De le Muse spiegai gli alti furori,
Talor piangendo i falsi miei dolori
Talor cantando i falsi miei diletti (…)
La pastorale Mirtilla fu la prima opera a stampa di Isabella Andreini (1588); seguirono le Rime e le Lettere. Determinata a lasciare memoria di sé, Isabella, che nel 1588 è attrice osannata alla testa della celebre compagnia dei Gelosi, sembra dirci: la fascinazione della scena è intensa, i gesti, la voce catturano; “crear sul palco” è sensazione esaltante; e tuttavia rimanere negli occhi e nella memoria di principi e poeti, spettatori appassionati, è meno che rimanere attraverso la scrittura nelle “eterne carte” delle opere letterarie. Nel 1598 trionfa alla corte medicea recitando il suo cavallo di battaglia, La pazzia di Isabella. (…) Isabella Andreini fu accademica Accesa degli intenti di Padova (…) Costruì e lasciò di sé l’immagine di madre di famiglia esemplare, poetessa, attrice sublime.”