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Isabelle Eberhardt e il deserto-Intervista a Mirella Tenderini

Creato il 10 agosto 2012 da Angeloricci @angeloricci
Recensione e intervista di Giovanni Agnoloni
da Postpopuli.it Isabelle Eberhardt e il deserto-Intervista a Mirella Tenderini Mirella Tenderini: Isabelle, amica del deserto (ed. Opera Graphiaria Electa) La vita di Isabelle Eberhardt è uno di quei misteri che ogni tanto spuntano fuori dai cassetti della vita. E non lo dico soltanto perché, prima di leggere la biografia di Mirella Tenderini, non ne avevo mai sentito parlare (lacuna mia). È anche perché il percorso esistenziale di questa viaggiatrice del Nordafricae scrittrice dalla mano felicissima, di origini russe ma cresciuta in Svizzera, è una successione praticamente ininterrotta di svolte e colpi di scena, e tanta parte resta ancora avvolta nel mistero. Vissuta per soli 27 anni a cavallo tra XIX e XX secolo, questa ragazza dall’acuta intelligenza, la spiccatissima propensione linguistica e un’inesauribile curiosità, sembra essere costantemente perseguitata da un daimon, uno spirito che la consuma e la costringe a spingersi sempre oltre. Forse è la rigida educazione ricevuta dal precettore russo (Alexandre Trofimovsky), forse l’amore smodato per il fratello Augustin, altro personaggio tormentato e protagonista di itinerari contorti e spesso infruttuosi, ma soprattutto la volontà inarrestabile di inserirsi e inoltrarsi in un mondo – quello arabo – che la affascina come un rovello che non può accontentarsi di lasciar stancare. Isabelle Eberhardt e il deserto-Intervista a Mirella Tenderini
Isabelle in costume siriano (da lailalalami.com) Tutto questo la porta a dover assolutamente seguire il richiamo dell’Africa, che la farà schizzare ripetutamente verso il deserto e poi lontano dal deserto, tornando in Europa in genere più per necessità che per scelta: come quando nel 1901 viene espulsa dall’Algeria dopo aver subito un attentato, per sospette attinenze con alcune delle confraternite religiose locali, con conseguenze potenzialmente pericolose per le forze coloniali francesi. Salvo poi ritornare, guidata anche da successivi amori, l’ultimo dei quali per un soldato di origini arabe, Slimène Ehnni, che poi, sia pur malato, la raggiungerà in Francia, dove la sposerà in modo da permetterle di rientrare in Africa da cittadina francese. Le avventure e i viaggi di Isabelle – annotati nei suoi interessantissimi Diari, di cui nel libro sono riportati vari estratti – continueranno, nonostante ripetuti attacchi di febbre, finché non sarà un evento raro e paradossale (come in fondo è stata tutta la sua vita) a portarla alla morte. Un’inondazione in pieno desertoalgerino, ad Aïn-Sefra; una piena di un antico fiume, essiccato da anni. Di lei resta un ricordo ancor vivo presso le popolazioni della zona. Regione (e mondo) che Mirella Tenderini ha saputo scandagliare con grande sensibilità e profonda passione per il viaggio e le vite dei viaggiatori – ricordiamo, tra le sue precedenti opere, Vita di un esploratore gentiluomo. Il Duca degli Abruzzi(ed. Corbaccio) e La lunga notte di Shackleton(ed. CDA & Vivalda) –. Il risultato è un libro che, pur non essendo un romanzo, si legge come un romanzo. Perché certe vite superano qualunque immaginazione. È proprio questo il caso di Isabelle Eberhardt. Intervista a Mirella Tenderini: - La tua biografia di Isabelle Eberhardt è il frutto di un lavoro lungo e appassionato. Si percepisce, nella lettura, un approccio viscerale al tema, un autentico spirito da investigatrice. Com’è scattata, in te, la molla di questa ispirazione? Isabelle dapprima mi aveva soltanto incuriosito. In quello che avevo letto su di lei mi aveva sgradevolmente impressionato una specie di compiacimento voyeuristico da parte degli autori per gli aspetti più torbidi del suo personaggio, che non mi convinceva e mi ha spinto a volerne sapere di più. Per mia fortuna sono capitata sul corpus dei suoi scritti – tutti gli originali, editi e inediti, di articoli, racconti, diari, corrispondenza – conservato negli archivi delle Colonie francesi, e mi sono buttata a capofitto nella ricerca di un’Isabelle che ero sicura dovesse essere diversa. Isabelle Eberhardt e il deserto-Intervista a Mirella Tenderini
Mirella Tenderini (da letteraltura.it) - Sei autrice di numerose biografie di personaggi avventurosi. In questa, in particolare, emerge con forza un senso di “fascinazione” per i particolari enigmatici della vita di Isabelle. Qual era il suo mistero, la radice dei tratti indefiniti o irrisolti del suo percorso? Qualcosa di attinente più alla sua vita privata o alle sue (supposte) attinenze ad attività di carattere spionistico? O una fusione di tanti diversi aspetti? Parli giustamente di mistero. La vita di Isabelle è colma di contraddizioni e di misteri, alcuni dei quali non potranno mai essere svelati perché strenuamente difesi da lei stessa. La sua adesione all’Islam, per esempio. Isabelle si fa musulmana (attenzione: aderisce – non si può dire che si converte, perché lei non apparteneva ad alcuna religione), ma il suo comportamento non è certo quello di un bravo seguace dell’islam: beve alcol, fuma kif e ha rapporti sessuali scandalosamente liberi. Ciò nonostante è accolta come khouan, membro, in una confraternita sufi, una delle più importanti e autorevoli del mondo musulmano, e viene considerata con grande rispetto ovunque si presenti nella sua identità maschile di Mahmoud Saadi, studioso del Corano. Ma cosa Isabelle credesse pensasse e facesse in fatto di religione non si può sapere, perché non ha lasciato scritto nulla sull’argomento – non una singola riga. Un segreto, un mistero totale. Della sua vita privata invece si sa tutto, perché annotava tutto nei suoi diari, con sconcertante sincerità.
Sulla sua presunta attività spionistica posso assicurare con certezza che si trattava di semplici sospetti, alimentati dalla sua frequentazione di sceicchi e notabili musulmani da una parte e di generali dell’esercito francese dall’altra, e fomentati da malevolenze che lei non si curava affatto di dissipare. - Il deserto è un elemento essenziale della vita di questa donna, che sembra perennemente in fuga da un passato familiare che la perseguita. Era una sorta di “kharma”, il suo? E perché amava tanto i paesaggi del Nordafrica? Il deserto e un luogo dell’anima per chi lo ama. Lo è anche per me che da una trentina d’anni l’ho cercato, percorso, amato – con mio marito fino a poco tempo fa. È lì che abbiamo incontrato Isabelle. È lì che sono tornata per ritrovare Isabelle e scrivere di lei. Per Isabelle i paesaggi del Nordafrica erano la materializzazione dei suoi sogni. Forse anche un ritorno a un passato familiare immaginario – quello delle steppe della lontana Russia, mai conosciuta ma assimilata con tanta letteratura amorevolmente trasmessa dalla madre e dal tutore… - Le lingue e i cambi d’identità (spesso si vestiva e si presentava come un uomo) sono un altro aspetto centrale del suo approccio alla vita: se dovessi tracciarne un profilo psicologico, che termini useresti? Il travestimento è la manifestazione più evidente della doppia personalità di Isabelle. Lo praticava già da ragazza, a Ginevra, quando si vestiva da marinaio per frequentare con il fratello ambienti non proprio adatti a una giovane ragazza di buona famiglia… In tutti i suoi anni africani si è sempre presentata in abiti maschili e con nome d’uomo. Io credo che fosse il suo modo per essere libera, per sentirsi veramente libera: la sua massima aspirazione. Anche le lingue, frutto di studio intenso e di intensa applicazione, sono per lei uno strumento: parlare perfettamente arabo è indispensabile se vuole passare per un arabo studioso del Corano: non bastano certo un turbante e un mantello! - Scrivere è un atto di amore e di profonda passione, come il tuo libro dimostra. Un’altra sua particolarità sono le citazioni tratte dai Diari di Isabelle, che evidenziano una penna felicissima, dalla grande raffinatezza letteraria. Questo insegna che il Viaggio è maestro in tutto, anche nella scrittura? Che bella domanda: grazie! Certo che il Viaggio è maestro della Scrittura. Maestro e fratello. In entrambi c’è l’avvio, il percorso e la meta. In entrambi bisogna evitare di tergiversare, di addentrarsi in zone oscure, di perdersi. Bisogna adattare il proprio comportamento e linguaggio all’ambiente nel quale via via ci si addentra e bisogna osservare con attenzione le persone che si incontrano, per capirle e incorporarle nella propria esperienza. Questo vale per Isabelle e anche per me. - Che traccia ha lasciato nella storia, e chi è per i più, oggi, Isabelle? Le storie romanzate scritte su di lei hanno lasciato un’immagine un po’ confusa, temo. Nelle persone che ho conosciuto nel mio ultimo viaggio è rimasto il ricordo tramandato da genitori a figli per quattro generazioni. Però l’ho trovato soltanto lì, dove ha vissuto il suo ultimo anno di vita e dove c’è ancora la sua tomba. E lì Isabelle è un mito. Soprattutto per i giovani, ragazzi e ragazze, che vedono in lei un modello di coraggio e di libertà al quale vale la pena ispirarsi. È questo il messaggio che spero di essere riuscita a trasmettere nel mio libro…

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