In questi giorni sto leggendo, tra gli altri libri, l’autobiografia di Isadora Duncan (I. Duncan, My life, Castelvecchi, 2014). È un po’ tutta un pallosissimo “vissi d’arte”, però la Duncan intuì, fin da giovanissima, una cosa fondamentale, che sta peraltro alla base non solo della danza ma di gran parte dell’arte del Novecento, e cioè che le regole, in arte, vi sono, ma non possono mai essere stabilite prima. L’arte è un gioco – l’unico, gioco – le cui regole si comprendono solo dopo averlo portato a termine. Credo consista in questo, e soltanto in questo, quella ‘libertà’ di cui si parla quando si parla di arte moderna.