Ishtar la Grande Madre è nuda, poiché la Verità non ha bisogno di coprirsi di veli.
Sul suo capo spicca l’emblema lunare. Nella mano destra Ishtar ha una coppa, simbolo di gioia e abbondanza perché contiene il nettare della Vita.
Nella sinistra, un loto, fiore che nasce sott’acqua ma che diventa di purezza ineguagliabile una volta sbocciato alla superficie. Il significato è dunque chiaro e fedele all’assioma del vero magista: “Ex tenebris ad Lucem…”.
La Dea della Luna il cui culto era forse il più diffuso durante l’antichità era la babilonese Ishtar. Nei diversi paesi in cui era venerata veniva adorata sotto molti e svariati nomi. E’ molto vicina alla dea sumera Inanna. Era Astarte a Canaan; Attar in Mesopotamia; Athtar nell’Arabia Meridionale; Astar in Abissinia; Atargatis in Siria; Astarte in Grecia; mentre Artemide sembra essere il termine generico usato per ognuna delle molte manifestazioni di questa grande e potentissima dea. La divinità corrispondente in Egitto era Iside.
Ishtar è una personificazione di quella forza della natura che rivela se stessa come colei che dà e toglie la vita. Essa è la Madre di Tutti.
Porta gli appellativi di Argentea, Produttrice di Semi, e Gravida. la dea della fertilità, dalla quale proviene il potere della riproduzione e della crescita per i prodotti dei campi, tutti gli animali e l’uomo.
Per una naturale transizione essa divenne la dea dell’amore sessuale e la protettrice delle prostitute.
Essa è Colei che Apre l’Utero, il principale rifugio delle madri nelle doglie del parto. Perciò tutta la vita emana da lei; piante, animali, esseri umani sono suoi figli.
Ma Ishtar possiede un carattere duplice. Non è soltanto la dispensatrice della vita ma anche la distruttrice. Come la luna, nel suo periodo crescente tutte le cose si sviluppano, e nella sua fase calante tutte le cose «sono diminuite e rese infime».
Ma questa non è la fine, la luna crescente ritorna di nuovo. La luce subentra all’oscurità anche quando l’oscurità vince la luce. La Dea della Luna appare ancora una volta nella sua fase creativa e benefica.
Ishtar, “la via, la vita, la salvezza degli uomini e degli dei; e tuttavia la medesima che è rovina, morte, e distruzione”.
Ishtar regnava, successivamente, su tutti i cicli o mesi lunari dell’anno; e la fertilità dell’anno, tutto ciò che era nato durante i dodici mesi, veniva considerato un suo frutto.
Questa idea era splendidamente espressa nella credenza che suo figlio, Tammuz, era la vegetazione di tutta la terra. Veniva chiamato Urikittu, il Verde.
Nel mito, col sopraggiungere della virilità, diviene il suo amante. Anno dopo. anno, però, essa lo condanna alla morte, e al volgere dell’anno, intorno al tempo del solstizio estivo, egli muore e scende nell’oltretomba. In Mesopotamia, il rigoglio primaverile ha vita molto breve, bruciato dal sole estivo, e per questo la morte di Tammuz non avviene in autunno ma all’inizio dell’estate.
Alla sua morte, la dea, e tutte le donne con lei, prendono il lutto nel mese chiamato con il suo nome, Tammuz.
Il lutto rituale per Tammuz richiama il digiuno annuale dei lamenti per la morte di Adone. Il lutto di Afrodite per Adone o di Ishtar per Tammuz è l’origine mitica del digiuno delle lamentazioni, che costituì un rituale di primaria importanza nella religione della Grande Dea. Il Ramadan,una delle cerimonie religiose più importanti dei maomettani, corrisponde al lutto per la morte di Tammuz.
Così anno per anno, Tammuz periva e discendeva nel mondo infero. Ishtar e tutte le donne prendevano il lutto per lui, e infine essa intraprendeva il pericoloso viaggio nella terra del Non Ritorno, per liberarlo.
Lì, mentre passava davanti a ciascuna delle sei porte che proteggono il luogo le venivano strappati i suoi brillanti gioielli. Ed infine, dopo essere stata privata della sua forza per la perdita dei gioielli, doveva combattere contro sua sorella Allatu per il possesso di Tammuz.
Ishtar è considerata Regina sia degli Inferi che del Cielo e della Terra poiché come Luna essa passa attraverso i Mondi Superiore e Inferiore.
Quando la Signora Ishtar era via negli inferi, sulla terra cadeva una terribile depressione e disperazione. Durante la sua assenza non poteva essere concepito nulla. Né gli uomini, né gli animali, alberi o piante potevano moltiplicarsi, e, cosa ancora peggiore, non lo desideravano neppure. Il mondo intero viene descritto sprofondato in una sorta di inattività senza speranza, in lutto in attesa del suo ritorno. Era soltanto dopo il suo ritorno sulla terra che la fertilità, e anche del desiderio sessuale, poteva ritornare ancora una volta operante.
La seducente dea aveva molti amanti. Era venerata come colei-che accettava-tutto. Nell’epica di Gilgamesh viene detto in che modo essa tentasse alla fine di sedurre Gilgamesh, ma questi era l’eroe, e il suo compito era quello di vincere la dea. Questo tema di Gilgamesh, l’eroe, è peraltro piuttosto tardo.
Essendo una dea Ishtar doveva agire secondo la sua natura, e la sua natura è tale che dove essa ama, lì deve darsi. Come la luna, non può mai essere posseduta. È sempre vergine. Questa concezione della natura della dea è in deciso contrasto con l’ideale del matrimonio esemplificato da divinità come Era. La fedeltà alla parola data è il principio che viene venerato. Nel caso di Ishtar si tratta di fedeltà, non ad un contratto, ma al sentimento attuale, alla realtà come è vissuta nel momento.
Dalle iscrizioni e invocazioni che sono state preservate su monumenti, monete, e simili, possiamo ricostruire qualche aspetto del modo in cui gli antichi concepivano le sue qualità e il suo potere.
Viene rappresentata come la Dea di Tutto, Regina del Cielo, l’Onorata, La Vacca Celeste.
Era nata dalla spuma del mare. In una delle sue forme era rappresentata anche come mezzo pesce, una sorta di sirena o leviatano, abitatrice delle acque primordiali.
Come suo figlio Tammuz, Ishtar è chiamata Uríkíttu o La Verde, produttrice di tutta la vegetazione.
Il suo simbolo era un albero convenzionale chiamato Ascera, che veniva trattato come se fosse la dea stessa.
Era chiamata anche Dea della Terra, Signora delle Montagne, La Regina della Terra e Padrona dei Campi.
Nella sua persona è Dea del Cielo, Dea della Terra e Dea degli Inferi.
Nella sua fase luminosa o sopramondana, Ishtar veniva adorata come la Grande Madre che porta la fecondità sulla terra e si prende cura dei suoi figli. Promuoveva la fertilità dell’uomo, quella dei campi e degli animali dei campi. Era la dea della maternità.
Come Regina del Cielo si riteneva che guidasse le stelle. Essa stessa una volta era stata una stella, la stella del mattino e della sera, che accompagnava Sinn, l’antico dio della luna, in veste di moglie. Ma in seguito prese il posto del dio e regnò di sua luce propria.
Divenne quindi Regina di tutte le Stelle e Regina del Cielo. Di notte viaggiava attraverso il cielo su un carro tirato da leoni o da capre. Gli antichi arabi chiamavano Case della Luna le costellazioni zodiacali, mentre tutta la striscia zodiacale era chiamata la «cintura di Isbtar», un termine, che si riferisce al calendario lunare degli antichi, per i quali i mesi erano le dodici lune dell’anno solare.
Perciò Ishtar era la Dea del Tempo, i cui movimenti dirigevano la semina e la mietitura e controllavano il ciclo annuale delle attività agricole.
Era conosciuta come la governatrice morale dell’uomo.
Come Regina degli Inferi, però, diveniva ostile all’uomo e distruggeva tutto ciò che aveva creato precedentemente nella sua attività sopramondana. In questa fase era chiamata Distruttrice della Vita.
Era la Dea dei Terrori Notturni, la Madre Terrificante, dea delle tempeste e della guerra.
Era anche colei che inviava i sogni e i presagi, la rivelazione e la comprensione delle cose che sono nascoste.
Era per mezzo della sua magia che gli uomini ottenevano potere e conoscenza, spesso conoscenza illecita, delle cose segrete e nascoste la cui comprensione reca di per sé il potere.
Ishtar intraprendeva il pericoloso viaggio negli inferi e, sebbene piena di dolori, vinceva alla fine l’oscurità e sorgeva di nuovo come luna nuova, piccola all’inizio ma con il potere di ricreare se stessa.
Perciò, come Sinn, che la precedette, e come Osiride degli Egiziani, diventò la Dea dell’Immortalità, la speranza della vita dopo la morte.
Nelle sue forme continuamente mutevoli essa inter;?preta tutti i possibili ruoli femminili. È chiamata figlia e sorella del dio lunare, il quale nello stesso tempo è anche suo figlio.
È la Donna, la personificazione, come direbbero i Cinesi, di yin, il principio femminile, l’Eros.
Per le donne è il principio stesso del loro essere; per gli uomini la mediatrice tra se stessi e la fonte segreta della vita nascosta nelle profondità dell’Inconscio.
testo tratto da: ilcerchiodellaluna.it
immagini tratte dal web e rielaborate