Sono nata in un'isola. Un'isola bella, bella come poche. Ci ho vissuto con una felicita' altalenante. Quando me ne sono andata mi piangeva il cuore. Chi nasce in un isola, in quell'isola, rimane un'isolano a vita. E' una condizione dell'animo, non solo fisica. La Sicilia e' più' dentro di te che fuori.Adesso vivo in una terra vasta chilometri e chilometri eppure mi pare di essere ancora in un'isola, un'isola diversa pero', fatta di solitudine, fatta di un mondo di persone che non significano niente, che non conosci, che non hai voglia di conoscere. Sono in un momento della mia vita in cui sento il bisogno di ancore, di sicurezze, di suoni conosciuti, della mia lingua, dei mie sapori. Mi sento sola e vorrei tanto tornare a casa, ma solo col cuore. Non posso più tornare e, in questo periodo, non sono felice di restare. Sono in una prigione emozionale che mi stritola l'animo. Ieri sera, mentre con mio marito sorseggiavamo una birra, pensavo a quanto più buona sarebbe stata quella birra se bevuta con i nostri amici di sempre. Se l'avessimo accompagnata con un po' di chiacchiere e risate, se avessimo potuto sentirci a casa per qualche istante. Avrei pagato oro per passare una serata, ma anche solo parte di essa, con i nostri amici. Ho sofferto, mi e' venuto il magone. Questi sono giorni lunghi, soli e un po' tristi per me. Amo gli Stati Uniti e la vita che da anni ormai offrono a me e alla mia famiglia, se solo non ci fosse quell'oceano in mezzo forse pero' li amerei ancora di più.
[Approfitto di questo post "dammiunalamettachemitagliolevene" per ringraziare Barbara e suo marito perché' lo scorso sabato, per un po', mi e' sono sentita "a casa" ;) ].