Un film piccolo piccolo, ma dal cuore grande. Tre solitudini, tre monadi, tre isole che evitano la deriva scoprendosi improvvisamente vicine e bisognose l’una dell’altra, come in un arcipelago dal sapore mitologico. Isole di Stefano Chiantini è un’opera delicata, introversa, silenziosa, che non picchia i pugni sul tavolo, non punta i piedi, non alza la voce. Frasi brevi, di poche parole e poche sillabe, sono la sua forza, coinvolgendoci gradualmente e senza strappi, come un bambino che deve essere iniziato alla non-paura del mare.
La regia di Chiantini è tenue e mai invadente, descrittiva per piccole pennellate, priva di disturbanti virtuosismi. Ci vuole “semplicemente” raccontare una storia, e così la mdp non ruba spazio ai personaggi e alle loro interiorità. Una scelta che genera emozione, avvolgendoci come in una coperta al calar della sera. Una regia semplice (che ci ricorda quella di Federico Bondi nel suo Mar Nero), ma non per questo meno personale, come dimostrano le mirate soggettive che scostano una tenda o aggirano uno stipite di casa.
Un film scarno ma completo, adolescente ma già maturo, intimo e sincero, che gioca per sottrazione.
Un prodotto cinematografico che fa di necessità virtù, che si ciba del territorio e del paesaggio delle Tremiti con fare magico e moderato. I dettagli sulle api laboriose, i voli dei gabbiani in cielo, le secche stradine sterrate tra i cespugli, sono una costante piacevole che detta il respiro della pellicola. La conformazione brulla del territorio (che richiama quello di Respiro di Crialese) ricalca poi l’inquietudine compressa negli animi dei tre protagonisti, in particolare quella silenziosa e trasandata di Asia Argento.
Parliamo quindi degli attori, partendo proprio da lei. Una prova pulita e sentita, con lo sguardo di una bambina innocente e indifesa, ma sempre guardinga e speranzosa su un’apertura verso la realtà che la circonda. Una performance inaspettata e assolutamente convincente, che le calza a pennello, migliore di tante altre prove dannate, rock ed extreme proposte in passato (vedi su tutti Go Go Tales).
Ivan Franek sbatte poco gli occhi e muove ancor meno i muscoli facciali. Ma questo richiede il suo personaggio e l’emozione scorre a piccole gocce senza mai traboccare. Giorgio Colangeli, nelle vesti dello scorbutico e scostante don Enzo, costretto a usare metà dei suoi arti, lavora bene di volto e parole.
Ma senza dubbio l’aspetto più importante di questo film è la scelta distributiva, ovvero uscire in sala e in contemporanea online in streaming gratuito su Repubblica.it. Se Maometto non va alla montagna, la montagna va a Maometto. Così se le copie per il grande schermo sono poche, ci si rivolge al web. La poltroncina del cinema si trasforma in divano da salotto, così come il grande schermo si riduce ai pochi pollici di un computer. “Aiuta!” dice spesso don Enzo a chi lo deve vestire la mattina. Una richiesta che il film di Chiantini ha visto soddisfatta dal braccio forte del distributore e produttore Gianluca Arcopinto.
La strada è retta, è quella giusta, di un cinema (indipendente) che deve reinventarsi per raggiungere il pubblico che merita e che gli spetta. Isole è quindi sintomo di un cinema italiano che non si fa schiacciare dal sistema, ma reagisce e vince trovando nuovi canali di comunicazione.