Sfogliando il mio dizionario, mi soffermo sul significato del termine “morte” e leggo: «Cessazione della vita di un uomo, di un animale, di una pianta». Sorrido ironicamente al pensiero che almeno il mondo minerale venga considerato esente da questa inappellabile condanna. Mi rendo conto che è sufficiente leggere una definizione del riposo eterno per trovarsi di fronte a una scelta coatta: abbandonarsi al panico o rimuoverne il fantasma confinandolo nel loculo più recondito della propria mente.
Proporrei invece un terzo sentiero che parta dal postulato che la morte non sia la cessazione dell’esistenza e che la spettrale falce venga sostituita da un’icona meno inquietante, magari una bianca colomba. Raymond Moody afferma: «Parlare della morte è difficile, solo accennarne può sembrare un modo per avvicinarla indirettamente». L’antica Grecia se non altro le assegna una virtù rigeneratrice, come la Notte e il Sonno, rispettivamente madre e fratello di Thanatos.
Molteplici esperienze terapeutiche mi conducono ogni giorno tramite la regressione ipnotica al non sempre gradito incontro con questo guado esistenziale. La trance consente il recupero dei vissuti relativi alle NDE (Near-Death Esperiences), cioè alle esperienze in punto di morte. L’ipnosi regressiva è una prassi fondamentale per l’analisi e l’interpretazione di tali vissuti, che non vengono soltanto raccontati a posteriori come nei resoconti di chi dice di essere tornato, ma rivissuti sincronicamente con una forte carica di abreazione. È questo forse l’elemento più proficuo di tale tecnica: cogliere il presente nel tempo remoto senza quel coefficiente di deformazione che il ricordo procura, allontanandoci dall’evento.
L’amore oltre la vita di Angelo Bona
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