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Israele non si fida dell'America

Creato il 20 marzo 2014 da Danemblog @danemblog
Le dichiarazioni del ministro della Difesa israeliano Ya'alon sul nucleare in Iran, di cui si parlava ieri, rischiano di aprire prospettive anche parecchio oltre la questione.
Il ministro degli esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha detto ieri che vede segnali di un accordo globale sul programma nucleare di Teheran, sostenendo che tutto è possibile a patto che si rispettino i diritti della nazione iraniana. Tradotto: ci vogliono rimettere il meno possibile, cioè preservando il programma nucleare civile e ottenendo lo sblocco delle sanzioni su gas e petrolio. C'è da fidarsi? Chissà.
Israele non si fida dell'America Anche perché, ammesso che la Comunità internazionale si decida a mettere sanzioni di carattere più pressante sulla Russia, superando l'approccio punitivo ai singoli e orientandosi verso misure più nette, una sorta di "guerra commerciale" - non che sia facile, non che il rischio non sia di finirci dentro e bruciarsi le mani con i propri interessi -, sarebbe proprio l'Iran a guadagnarci, portandosi a casa gli ex clienti russi. Soprattutto se le azioni di distensione e apertura (vedi il rilascio di Sakineh, la donna condannata alla lapidazione e poi all'impiccagione per adulterio, che aveva fatto mobilitare il mondo per il rispetto dei diritti civili) continueranno.
D'altronde, è molto difficile che il tavolo iraniano salti - rispetto a quello siriano, per esempio -, anche perché su questo gli Stati Uniti si giocano quel che rimane della propria credibilità agli occhi di Israele. E cercare di fare squadra con la Russia, amica dell'Iran (come di tutto l'asse sciita), è l'unica via per portare a casa qualche risultato.
Il problema semmai, è che da Tel Aviv arrivano segnali chiari, proprio su quella credibilità. Israele non ci sta, vede Obama lento, accademico, indeciso, debole: inaffidabile. E allora pensa di mettersi in proprio. Altri 3 miliardi investiti sui preparativi per un eventuale fronte di guerra verso la Persia - Ya'alon non ne ha parlato esplicitamente, ma quando menzionava «una strategia unilaterale» a questo si riferiva.
E a mettersi in proprio ci sta pensando anche in Siria. Anche lì, vive la delusione del fallimento della politiche messe in atto dalla Casa Bianca e il rischio che il conflitto si avvicini troppo ai confini adesso è palpabile. L'attentato di due giorni fa, è avvenuto proprio sulla recinzione di frontiera tra i territori occupati del Golan e la Siria. Funzionari del ministero della Difesa hanno parlato di "terroristi aiutati dal governo siriano", praticamente Hezbollah. E allora, come già era successo, l'azione di bombardamento è partita. Israele non ha intenzione di entrare nel conflitto siriano, anzi cerca di fare di tutto affinché rimanga il più lontano possibile dai suoi confini. E per questo non ci sarebbe da sorprendersi sull'aiuto di intelligence fornito al sud, verso il fronte caldo intorno a Daraa, più o meno ufficiosamente, assieme a Sauditi e Giordani.
Se ne riparlerà di sicuro.


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