Le nuove tensioni tra Israele e Palestina dopo l’uccisione di tre giovani israeliani in Cisgiordania, mettono in crisi il difficile patto di unità tra Hamas e Fatah. Le intransigenze radicate sia nel mondo arabo che in quello ebraico. Intanto la vendetta su un ragazzo palestinese assassinato
I fatti per quanto noti,
le domande che ne derivano,
le ipotesi che si affacciano al momento tra gli analisti
I fatti per quanto noti
L’uccisione dei tre giovani israeliani e la veemente reazione del governo di Tel Aviv. Timori diffusi che Israele possa esagerare dando spazio alle frange estremiste al suo interno e sul fronte avverso. Contemporaneamente la comunità internazionale torna a interrogarsi sulla tenuta dell’accordo tra Hamas e Fatah e sulle sorti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Sia chi sia il colpevole dell’assassinio dei tre ragazzi ebrei, la partita politica che s’è aperta riguarda le due anime del popolo palestinese, l’intransigente Hamas e la più moderata Fatah. Patto di unità nazionale solo 2 mesi fa.
Le 2 anime palestinesi
Dopo anni di contrasti e violente divisioni interne con i radicali di Hamas a controllare la Striscia di Gaza e Fatah ad amministrare la Cisgiordania, il tentativo di unità palestinese voluto da Abu Mazen. Ragioni per il compromesso? L’isolamento anche fisico oltre che politico di Hamas dopo la caduta dei Fratelli Musulmani in Egitto e -sempre ipotesi- il tentativo del datato Abu Mazen di recuperare prestigio interno e alzare il prezzo nella trattativa con Israele grazie anche alle pressioni di Obama su Israele. Da Washington dubbi immediati sull’accordo Hamas-Olp, e ora il fattaccio a voler dar loro ragione.
Contraddizioni diffuse
Senza attribuire ruoli attivi a nessuno in trame non dimostrabili, è certamente plausibile che chi ha rapito i ragazzi -chiunque esso sia stato- abbia lavorato per far fallire l’accordo tra Hamas e Fatah. Il gruppo di Hebron, indicato da Israele come responsabile dei tre omicidi, certamente non accettava il percorso tracciato da Abu Mazen per arrivare a un accordo con Israele. Forti contraddizioni anche in casa ebraica. Il pacifista israeliano Ben Jeousha: “I tre studenti si muovevano tranquillamente in autostop perché convinti di stare in territorio israeliano, mentre erano di fatto in territorio palestinese”.
Troppi ‘cui prodest’
Ad evitare l’azzardo di un troppo vasto ‘cui prodest’, limitiamoci a più facile ‘chi subisce un danno’. Colpiti sicuramente Fatah e l’ala più moderata dell’Olp, assieme alle forze più dialoganti del mondo ebraico. Schieramenti e realtà note. Il vero mistero riguarda Hamas oltre le inutili pagelle di cattiva condotta di Usa e Ue. Le radici ideologiche sono nel movimento dei Fratelli Musulmani. Con molte ambiguità: soldi anche dall’Iran sciita pur essendo un movimento radicale sunnita. Equivoco. Ora l’ accusa da parte del governo di Tel Aviv di essere la mano che ha armato i killer dei 3 giovani ebrei.
Strategia della tensione
Quando nel 2006 i terroristi di Hamas rapirono il soldato israeliano Gilad Shalit, lo tenero vivo e prigioniero per anni, per ottenere in cambio della sua liberazione la scarcerazione di mille detenuti palestinesi. Il fatto che i tre ragazzi siano stati invece uccisi immediatamente dopo il rapimento, fa pensare che l’operazione abbia avuto solo lo scopo di produrre ‘strategia della tensione’ per portare Israele alla rottura con l’OLP e smetterla col parlare di pace. Facile grazie all’intransigenza diffusa anche in casa israeliana tra destra politica, coloni minacciosi e ultra ortodossi patetici e aggressivi.
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