ISTANBUL – Diario di viaggio – agosto 2011
Oggi ho deciso di perdermi nei quartieri di Balat e Fener. Si tratta degli antichi quartieri delle minoranze di Istanbul, ovvero ebrei (e un po’ armeni) a Balat e greci a Fener. Oggi sono quartieri popolari, chiaramente fuori da ogni guida. Ho letto che qui arrivano solo il 3% dei turisti che visitano Istanbul e sono decisa a diventare parte di questa minoranza. Ho vaghe indicazioni su come raggiungere la chiesa del Cristo Pantocratore, è tutto molto nebuloso. Io in compenso sono spavaldissima. E mi perdo un milione di volte.
(Per la cronaca: a Balat si arriva col bus, preso a Eminonu, oppure a piedi camminando per alcuni chilometri costeggiando il lungomare. Credo ci sia anche un vapur ma non l’ho mai preso)
Le ore che passo a Balat e Fener sono indimenticabili: mi perdo tra queste stradine, mi incanto a guardare le casette sgarrupatissime (i quartieri sono stati oggetti di un progressivo recupero ma ce ne è ancora di lavoro da fare). Seguo con lo sguardo gli zingarelli che si inseguono nei vicoli, passeggio per l’inutile mercato alimentare di Balat, guardo drappi e standardi del Fenerbahçe che sventolano dalle finestre.
Ogni tanto qualcuno, nel vedermi girovagare in queste strade vergini di piedi di turista, si preoccupa per me
“Are you lost?” Mi chiede uno ad un certo punto…
No, non riesco a perdermi veramente a Istanbul. Ad un certo punto ritrovo sempre la strada. E’ una delle magie di questa città. Uno dei suoi gesti d’amore.
Mi fermo in un vecchio caffè 100% turk, al confine tra i quartieri di Fatih e Fener. Mi siedo nel tavolino sulla strada e il barista, per rinfrescarmi, mi porta un fazzolettino di carta bagnato con l’acqua di colonia. Sono incantata da tutto questo. Ordino “sekerli Bir kahve” e lo bevo lentamente, così come si deve fare. Manca solo qualcuno che venga a leggermi il fondo…