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It’s the End of an Era as We Know It

Creato il 22 settembre 2011 da None

R.E.M.

Michael Stipe ha sempre voluto dir tanto per il sottoscritto, più che i R.E.M. Stipe l’ho sempre visto come il simbolo della creatività, come la persona sempre in movimento capace da un momento all’altro di tirarti fuori dal cilindro una poesia, un dipinto o di far diventare un semplice ritaglio di giornale un qualcosa di speciale.

Stipe era la mente e il cuore dei R.E.M, gli altri, Peter Buck e Mike Mills, erano i polmoni. Lo dico da uno che li ha quasi sempre vissuti da fuori, non proprio da fan accanito, gli ‘ariem’. Conosco quanto basta della loro epoca “indie”, quella del periodo I.R.S pre-Warner, che và più o meno dal millenovecentoottantadue al millenovecentooottantotto (no, non ho i tasti dei numeri rotti, è che mi diverto a scrivere le cifre lunghissime). So di più del loro periodo Out of Time – Automatic for the people – Monster e dell’ultimissimo Accelerate – Collapse Into the Now, e che dire, sì, le rughe cominciavano ad affiorare ma i 3 ancora non avevano tirato definitavamente il freno, non fino a oggi (ieri, ieri l’altro, lo scorso mese…….). Erano, ahimè mi tocca parlare al passato, ma tuttavia restano, il gruppo che più di tutti riusciva, nel giro di tre minuti, a scombussolarti la giornata, farti passare da felice a triste e viceversa nel tempo di un ‘intro’. Hanno scritto grandi canzoni, hanno riempito stadi, piazze, palazzetti, pub e bar, ma come lo stesso Stipe ha scritto nel suo messaggio di “addio” “Un saggio una volta disse che la cosa più importante quando si va a una festa è sapere quando è il momento di andare via”.

Proprio qualche settimana fa esprimevo la voglia di vedermeli live i R.E.M, non ne ho mai avuto l’occasione e modo e mai probabilmente l’avrò. Non mi resta altro che sperare di trovarmi difronte, un giorno, in un qualche museo, Michael Stipe imbacuccato nel suo cappellino e nella sua sciarpetta di lana che prende appunti sunonsoqualeprogettocheglisiavenutoinmenteinquellistante, e sono sicuro ci scambieremo un sorriso d’intesa, e forse mi verrà il coraggio di porgergli un’inutile quanto stupida domanda, o forse un semplice saluto “THANKS mr.Rem”.



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