Magazine Diario personale

ITA Cinque cose meravigliose nel cominciare la giornata in Italia

Creato il 16 gennaio 2012 da Valeskywalker @valeskywalker

ITA Cinque cose meravigliose nel cominciare la giornata in Italia

Via Garibaldi, Torino


Mercoledi' faccio le valigie per me e la bimba. Com'e' tradizione da quattro gennaii, mentre il Senator e' impegnato al lavoro con il Big Event annuale, io torno in Italia*
Che qua ci sto bene, ma ci sono delle cose del viver quotidiano italiano che sono insostituibili nel mondo:
1 - Il cappuccino ComeDioComanda (ovvero cremoso, non con delle bolle di schiuma che nemmeno col Dash) in abbinamento alla brioscia ripiena, che qua i croissants sono sempre vuoti e l'unica opzione sono i pains au chocolat che hanno due pepite di cioccolato striminzite ai bordi...e il fare colazione nel bar, avvolta dal tepore profumato del caffe' e dell'appena sfornato, sbirciando la copia del giornale a disposizione sul tavolo. Con il barista che mi dice due parole mentre esegue i suoi gesti veloci, non importa se son di passaggio o cliente regolare.
Quando pendolavo tra Pavia e Milano Bonola, prendevo la metro a Famagosta: non avevo tempo di fermarmi al bar autogrill all'ingresso dei tornelli, ma solo quel profumo di caffebriosches che si spandeva nell'atrio della metro era come un pat pat sulla spalla, forza, coraggio, si, e' freddo e caschi di sonno, ma  ce la puoi fare anche oggi. Poi finalmente arrivavo a Bonola e prima di uscire mi fermavo al baretto dopo i tornelli, gestito da dei ragazzi cinesi milanesi: un'ora e mezzo e 52 km in autobus, verde e rossa dopo, avevo guadagnato il mio momento cappuccinobrioche e venivo accolta col giornaliero "Buongiolno sciulaaa...cacao sul cappuccino?".
2 - Passare dal mercato. Che il mercato d'oltralpe e' un ammasso di cianfrusaglie di gusto triste orrendo, un dedalo disorganizzato e un po' lercio. E il mercato ginevrino non e' un mercato vero: gli va solo bene al signore italiano che vende gnocchi e stracchino freschi agli italiani espatriati a 20 chf al kg.
Io sono cresciuta a Torino, dove ogni quartiere ha un mercato giornaliero enorme, coi banchi fissi e quelli a rotazione, le loro specialita' e le loro occasioni...i vestiti direttamente dalla fabbrica (prima che i factory outlet fossero), gli stock e i campionari di abiti, borse, scarpe, lenzuola, tovaglie, oggetti per la casa: prodotti  di qualita', made in Italy, che ancora resistono dopo anni negli armadi e nei cassetti e ogni volta che li tiro fuori mi stupisco di come siano ancora belli, rispetto alle cose comprate nei megamonomarca pochi mesi prima e gia' ridotte a rumenta. E  ricordo quanto le avevo pagate in lire in corso Palestro o in piazza Benefica quando da universitaria ho iniziato ad andare ogni giorno in centro,  e prima ancora da liceale andando in giro con mia mamma in corso Svizzera, in corso Brunelleschi, in corso Racconigi...i mercati di Torino sono tuttora impareggiabili, sono disposta a sostenere l'affermazione con scudo e spada. Ma anche i mercati provinciali e piu' piccoli di dove abitano ora i miei, rispetto alla tristezza del mercato rionale di qua, sono una festa per gli occhi.
3 - Entrare in edicola dopo aver letto lo strillo del giorno appeso fuori e farsi travolgere da tutta quella montagna di riviste e carta, di mille dispense a puntate, tipo costruisci un vascello del 600 in soli 94 fascicoli. Le faccione dei tronisti e degli amici di dozzine di edizioni che ignoro,mille progetti all'uncinetto, come crescere un orto sul balcone e le ultime sfilate della moda che verra'. E anche se alla fine compro sempre i soliti vanity fair e cose di casa, e' la sensazione della scelta che mi inebria, il vedere tutti quei titoli nella mia lingua e sapere che se voglio, e' tutto li' che mi aspetta.
4 - Osservare intorno a me gli altri e rendermi conto che sono tutti cosi' esteticamente consapevoli. Che dove sto io, qua, della moda non importa quasi a nessuno, specie d'inverno : nel paesello francese perche' siamo ai bordi della montagna e alla fine nulla ti serve piu che una bella giaccona per proteggerti dal freddo, a Ginevra perche' misteriosamente, pur essendo pieni di soldi, sono maggioritariamente privi di gusto. Il che ha i suoi vantaggi, perche' anche nei miei giorni piu' spartani e scapigliati, sono pur sempre quella che va in giro abbinata e combinata meglio, l'italienne come dicono le mie vicine. In Italia persino le vecchiette che camminano curve sotto le pelliccione maron seguono la loro moda di vecchiette con le pelliccione maron.  
Quando torno in Italia mi ricordo che c'e' una dimensione, di cui anche io facevo parte un tempo, senza osserne ossessionata, in cui ci sono delle borse, degli ombretti, delle scarpe, DEGLI SMALTI MONDIEU, che sono in voga in questo momento, in questa stagione, che si trovano dovunque e poi verranno inghiottiti e riproposti come il nuovo vecchio con precisione tra 15 anni, tanto per essere sicuri che il 90% delle persone abbia gia' perduto - buttato - liso il possedimento modaiolo in oggetto (o almeno abbia cambiato taglia e quindi non possa piu' riutilizzare). E' gia' iniziato il revival di quando io andavo al liceo, e tra poco sara' il momento del mio inizio dell'universita'. In realta la cosa mi va benissimo perche' era il periodo delle Natalie Imbruglia e delle All Saints, dei pantaloni larghi e le scarpazze da ginnastica sotto comode, dei toppini striminziti con l'ombelico di fuori e le maglie coi colli larghi o con le felpe coi cappucci sopra i toppini strimininziti (che suppongo, non sono piu' in eta' da portare senza la maglia col collo largo o senza la felpa col cappuccio sopra). La versione elegante era la longuette con le scarpe finto da uomo, allacciate e col tacco due cm, le calze spesse (se si faceva l'alternativa erano a strisce o a rombi). Insomma, tutte cose che per me erano, e sono, comode. Poi inizio' il periodo delle scarpe a punta, che io che ho il 40 e sono alta 1,67 sembravo sugli sci e poi mi facevano il callo sul mignolo. Non ho piu' messo scarpe da donna finche'non sono tornate in auge le ballerine. 
5 - Sentire gli accenti delle persone. Quando sono in Italia, mi garba un sacco enfatizzare il mio accento di origine e ascoltare le sfumature e il lessico degli altri, soprattutto scoprendo o riscoprendo modi di dire "local" che avevo dimenticato e riadottandoli.
E' sintomatico della mia italianita' il fatto che quando mi chiedono where are you from, la mia risposta sia, se si tratta di un poliziotto, Italy, ma in ogni altro contesto: "sono cresciuta a Torino ma sono nata in Toscana come i miei, pero' i miei nonni materni erano siciliani." Se poi ci tengo ad essere sincera con la persona con cui sto parlando, aggiungo anche che la mia nonna materna siciliana e' cresciuta a Genova. Per il Senator, come per la maggioranza degli stranieri, la mia risposta e' vagamente assurda: loro identificano l'origine con la nazione/citta' in cui sono nati e al massimo aggiungono dove abitano al momento. I francesi poi, sono tutti francesi, anche se nati dall'altra parte del mondo. Noi italiani, no. Ho avuto mille discussioni con il Senator, a spiegargli che amo Torino ma non sono torinese e che se si rendesse conto del mio accento capirebbe perche' a Torino stessa, pur avendoci abitato 23 anni, quando torno, nei negozi le persone mi chiedono se sono Toscana o Laziale (segno che il mio accento si e' comunque affievolito in un generico centroitalia). Lo diverte moltissimo sentirmi identificare le regioni e addirittura a volte le citta' di provenienza degli Italiani che sentiamo parlare per strada.
*in realta' giovedi'  lascero' la bimba dai nonni, perche' venerdi' presto presto vado a Dublino, questo e' il mio regalo di Natale offerto congiuntamente dal marito (il biglietto) e da mia mamma (tenersi la Viatrix), ovvero tre giorni tre da individuo singolo dalla mia amica expat sulle rive del Liffey, poi tornero' giu' dai miei per tutta la settimana

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :