
Spesso leggere i blog degli altri expat mi offre il conforto di condividere gli stessi bicchieri mezzi pieni e gli stessi bicchieri mezzi vuoti, se non addirittura di ricevere una sorta di mentorship: se la signora australiana con quattro figli ed un cane, che da undici anni segue il marito in giro per il mondo energetico, riesce a salire e scendere dagli aerei con una simile truppa, ce la posso fare anche io.
E' cosi' che mi sono resa conto di come tutto il fermento emotivo che scuote ricorrente gli animi degli italiani all'estero rispetto alla madrepatria, quei sentimenti di frustrazione scaturiti dal " me ne sono andato perche' da noi non ci sono le stesse opportunita' per me o per la persona che amo ", di amoreodio verso "il Paese piu' bello del mondo che mi ha tarpato le ali" , di nostalgia per il nostro modo di vivere quanto di allergia per tutto quello che non funziona, nei blog degli expat anglosassoni non si trova.
Anche a loro dispiace non poter esserci al matrimonio di un amico di infanzia.
Anche a loro dispiace non poter farsi un panino con l'ingrediente natio (anche se fatico a mettere un barattolo di Marmite sullo stesso livello proustiano di un panetto di Stracchino).
Ma non trovo parole di dispiacere collegabili ad espatrii decisi per la necessita' di sopravvivenza professionale. Di miglioramento, di sviluppo professionale, ma non di sopravvivenza.
Gli inglesi in Spagna non si sentono traditi da sua Maesta', tantomeno suoi traditori.
Forse e' anche una questione di mentalita'. Gli anglosassoni espatriano da tantissimo tempo: fin dai tempi del colonialismo c'era chi lasciava Londra per emigrare alla ricerca di un avvenire migliore ma anche chi a Londra stava bene e decideva comunque di espatriare per andare a metter su fattorie o commerci in capo al mondo.
Noi tradizionalmente siamo un popolo di emigranti, non sono molte le storie di persone a cui non mancava nulla in Italia e han deciso comunque di andare a fare il loro mestiere da un'altra parte: mi torna in mente solo quel tipo incredibile che era Filippo Mazzei.
Rispetto agli expat anglosassoni, mi pare che noi expat italiani manteniamo molte emozioni tipiche degli emigranti, coloro che si spostano per necessita' materiale di sopravvivenza.
E sara' per questa traccia emo nel nostro carattere collettivo che alla fine tutti gli altri expat partecipano volentieri alle nostre festicciole e ci dicono che siamo cosi' warm :-)