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Italia 2013: il rapporto Ocse sulle performance ambientali

Creato il 12 marzo 2013 da Greeno @greeno_com

Politiche ambientali, crescita verde, governance multilivello e cambiamento climatico: sono questi i quattro temi del Rapporto Ocse sulle performance ambientali: Italia 2013, che il ministro dell’ambiente Corrado Clini invierà al nuovo Parlamento, affinché ne tenga conto nella definizione della politica di crescita del nostro Paese.

Il rapporto si apre con il riconoscimento del lavoro avviato dall’Italia in tema di legislazione e politiche ambientali:

  • dalla ratifica della convenzione di Aarhus nel 2001 (per migliorare l’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico e l’accesso alla giustizia, in conformità con i requisiti comunitari), all’istituzione (nel 2002) della Commissione VI – Sviluppo sostenibile (C6SS) nell’ambito del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), il principale organismo che definisce la politica economica nazionale, delinea i bilanci pluriennali e ne verifica l’attuazione;
  • dalla creazione (nel 2006) del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), la cui attività è supportata da agenzie ambientali specializzate, come l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), la rete delle agenzie regionali per la protezione ambientale e l’Osservatorio nazionale sull’organizzazione e la gestione delle ARPA/APPA, all’adozione di misure significative per contrastare le attività criminali in tema ambientale (in particolar modo grazie all’attività del Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente e del Corpo Forestale dello Stato);
  • dalla redazione del cosiddetto Codice dell’Ambiente, che ha unificato le leggi esistenti, recepito un certo numero di direttive comunitarie, istituito principi fondamentali per la buona gestione ambientale, semplificato molte regolamentazioni e specificato procedure per il potenziamento dell’attuazione delle misure, all’organizzazione (nel 2012) degli Stati Generali della Green Economy come sintesi del processo partecipativo sull’economia verde;
  • dalla semplificazione di alcuni procedimenti amministrativi all’introduzione di una serie di strumenti per promuovere l’efficienza energetica (ad es. certificati bianchi e incentivi fiscali).

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Eppure, la politica ambientale italiana è ancora oggi segnata da una forte ambiguità sui ruoli di governo nazionale e locale, oltre che da una evidente frammentazione delle iniziative avviate e da una formulazione dettata soprattutto dall’emergenza, con un orizzonte temporale di breve termine.

Rimangono, inoltre, alcune lacune che riguardano, ad esempio, la capacità di condurre analisi economiche delle questioni ambientali; la raccolta di informazioni organiche per lo sviluppo di politiche nazionali e ragionali; l’adozione di provvedimenti volti a fornire pieno sostegno all’eco-innovazione nelle piccole e medie imprese; lo sviluppo di azioni a sostegno della domanda di tecnologie ambientali, che aprirebbero nuove opportunità di mercato; l’adozione di interventi volti a ridurre l’attuale squilibrio degli incentivi a favore del fotovoltaico, a scapito di opzioni economicamente più vantaggiose, come l’uso dell’energia rinnovabile per il riscaldamento e il raffreddamento.

Come fare, allora, per costruire un quadro di sviluppo più coerente, efficiente ed efficace delle politiche ambientali nazionali?

Ecco alcune delle raccomandazioni Ocse:

  • Sviluppare, mediante un processo aperto e inclusivo che coinvolga tutti i portatori di interesse, una visione strategica comune e di lungo termine, soprattutto per quelle questioni che richiedono approcci sinergici o coerenti a livello regionale e comunale;
  • Stabilire le priorità sulla base di una valutazione economica e sociale complessiva, favorendo misure a basso costo e no regrets;
  • Favorire la condivisione di buone pratiche e una maggiore partecipazione ai processi decisionali in materia ambientale, anche mediante un coinvolgimento più attivo del pubblico e dei mass-media (si pensi, per esempio, ai referendum consultivi locali nel caso dell’Ecopass di Milano);
  • Sviluppare un uso maggiore e più sistematico dell’analisi di impatto della normativa e della valutazione ambientale strategica;
  • Introdurre un processo strutturato di valutazione delle politiche adottate, basato su indicatori chiaramente identificati;
  • Rafforzare la capacità innovativa dell’Italia in materia di beni e servizi ambientali, promuovendo la cooperazione tra i settori, tra i vari livelli di governo e tra il mondo pubblico, quello privato e quello accademico;
  • Potenziale lo sviluppo delle reti intelligenti (nella cui costruzione l’Italia è già all’avanguardia), per facilitare l’integrazione nella rete distributiva di un sempre maggior numero di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, caratterizzati da dimensioni ridotte, produzione intermittente e dispersione geografica;
  • Accelerare l’attuazione dei piani di investimento nelle infrastrutture per il trasporto pubblico urbano e per le reti di trasporto merci, nel quadro di una strategia complessiva volta a riequilibrare la ripartizione intermodale nei sistemi di trasporto;
  • Semplificare e uniformare le procedure in materia di pianificazione territoriale e di rilascio delle autorizzazioni per la costruzione di impianti e per il potenziamento delle reti.

Per concludere, ecco qualche dato interessante:

  • In Italia le entrate derivanti da imposte ambientali rappresentavano il 2,6% del PIL e il 6,1% del gettito fiscale totale nel 2010, attestandosi a un livello più elevato rispetto alle quote corrispondenti per l’OCSE nel suo insieme. Nonostante un calo negli ultimi anni, l’onere fiscale sull’energia e le aliquote fiscali sulla benzina e il gasolio sono tra le più elevate d’Europa.
  • I fondi comunitari per lo sviluppo regionale hanno rappresentato una delle principali fonti di finanziamento per gli investimenti legati all’ambiente. Circa il 15% dei fondi strutturali comunitari e del cofinanziamento nazionale per il periodo di programmazione 2007-2013 sono stati assegnati ai settori delle fonti rinnovabili di energia, dell’efficienza energetica e delle infrastrutture ambientali.
  • I livelli di intensità energetica e di carbonio dell’economia italiana, che erano già relativamente bassi, hanno subito un ulteriore calo, sebbene con differenze anche marcate da regione a regione. Se si prendono in considerazione anche gli assorbimenti di gas a effetto serra da parte delle foreste, nel 2010 le emissioni sono state inferiori del 6,2% rispetto al livello del 1990, a fronte di una riduzione del 6,5% per il periodo 2008-2012 prevista dall’obiettivo di Kyoto.
  • Nel 2010 le energie rinnovabili hanno rappresentato circa il 10% del consumo finale lordo di energia, in aumento rispetto al 2005 (meno del 5%) e al di sopra dell’obiettivo intermedio definito nel Piano d’azione per le energie rinnovabili. Si stima che l’Italia potrà quindi raggiungere l’obiettivo del 17% di energie rinnovabili sul consumo finale lordo di energia fissato per il 2020.
  • L’Italia ha già raggiunto l’obiettivo comunitario, previsto per il 2015, di una media di 130 g di CO2 per km per le autovetture di nuova immatricolazione; tuttavia, la flotta di veicoli commerciali è ancora relativamente inefficiente. Le tasse automobilistiche sono basate sulla classe di emissioni inquinanti, ma non prendono in considerazione i livelli di emissioni di CO2, mentre quelle sui veicoli commerciali pesanti non sono legate a criteri ambientali.

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