Giovedì sarà il 150esimo compleanno della nostra , voluta o non voluta, Italia.
Sarà festa nazionale, festa della sua storia.
Ma i veneti cosa pensano dei napoletani?I leghisti dei garibaldini, i sardi dei laziali, i romani dei milanesi, i veneziani dei palermitani!Se ne son sentite di tutti i colori sulle origini del nostro stato negli ultimi anni.Nella polentonia si bruciano come streghe fantocci con le sembianze di Garibaldi e nella terronia si deridono le immagini attaccate scherzosamente sulla bocca di una trota con le sembianze del” trota”.
Va, pensiero, sull’ali dorate!
Ma come tutte, anche la storia del risorgimento ha la sua verità, che non è per forza facilmente interpretabile. Ma è realtà.
Non dicono fesserie quelli che sostengono che nel risorgimento Cavour non la voleva, quest’Italia unita.I patti con Napoleone terzo la prevedevano divisa in 3 diversi regni, con quello del nord in mano ai piemontesi.è buffo oggi come i personaggi di quel periodo siano andati incontro a destini diversi nella memoria collettiva.
I due principali, non ce ne voglia il re, furono naturalmente Garibaldi e Cavour. “L’eroe ubriacone ed il diplomatico furbone” si direbbe ora.
Non si potevano sopportare: per Garibaldi, Cavour era un uomo meschino e troppo astuto per averci a che fare , per Cavour, Garibaldi era un soldato troppo grezzo ed impulsivo per potergli affidare le sorti politiche del tempo.Alla fine dei conti, comunque tutti e due si imbrogliarono reciprocamente, in uno svolgimento storico che pagherà le strategie sia di uno che dell’altro.
L’iniziativa partì da Cavour, che nel 1858 si incontrò in gran segreto con Napoleone terzo, per scatenare guerra contro l’Austria e divedere la penisola italiana in tre stati.Con lo svolgimento delle azioni belliche tutto si delineò come lo aveva ponderato il conte, poi com’è noto, Garibaldi, con l’appoggio della flotta britannica sbarcò a Marsala.
L’atteggiamento assunto da Cavour in quell’occasione fu piuttosto ambiguo, ma non poteva comportarsi altrimenti.La conquista dell’Italia meridionale non rientrava nei suoi piani e credeva comunque che quel tentativo sarebbe fallito.Vittorio Emanuele invece era favorevole all’impresa: dopo il successo dei plebisciti, l’appetito veniva mangiando.Cavour prevedendo la reazione di Parigi allarmata per l’eccessivo ingrandimento del regno sardo, aveva affrontato il re per indurlo a usare le maniere forti:”bisogna arrestare Garibaldi prima che metta nei guai il nostro governo”.La Francia era contraria all’impresa dell’eroe dei due mondi , visto come “un’agente inglese”.Londra era interessata all’impresa garibaldina, non si sa esattamente il perchè , sta di fatto che quando l’11 maggio i vapori Piemonte e Lombardo giunsero davanti a Marsala due vascelli armati britannici li aiutarono indirettamente nello sbarco.
Così Cavour , una volta sbarcato Garibaldi,si mosse come meglio poteva: in segreto già da tempo gli agenti piemontesi stavano corrompendo con grande facilità ministri, ammiragli e generali borbonici.Lo “statista furbone”era nei guai diplomatici più grandi in cui un’uomo politico si potesse trovare, doveva sia appoggiare indirettamente la cavalcata verso Napoli di Garibaldi che contenere le proteste delle varie case regnanti europee.Non passava giorno senza che inveisse contro Giuseppe!Ed il fastidio per lui stava soprattutto nel fatto che non aveva nessuna voglia di doversi dannar l’anima per aiutarlo.Lo considerava un gran pasticcione, per non dire altro.Alla fine si rassegnò all’idea di piemontesizzare l’Italia intera.”Lasciamo arrivare prima Garibaldi a Napoli “, diceva al re.”lasciamo cuocere i maccheroni”.
La risposta di Vittorio fu “i maccheroni non sono ancora cotti, ma le arance sono già sulla tavola e non possiamo rifiutarle”.
Tutto il resto è storia che trascina le sue conseguenze fino ai giorni nostri.Garibaldi divenne un eroe, un mito.Cavour colui che ebbe l’ingegno per edificare le fondamenta dello stato.
L’unità non fu quindi voluta veramente a livello politico, e su questo prendono piede le critiche degli ultimi anni.
Ma forse di altra natura deve così apparire il fatto che quindi l’Italia unita fu voluta dalla gente, dai volontari, dai patrioti che andarono nelle diverse guerre e nelle diverse regioni a rischiar la pelle, talvolta anche solo per un’ideale.
Garibaldi stesso morirà in povertà e solo in Sardegna.L’unità era quindi più radicata nell’immaginario collettivo della popolazione della penisola che nella testa dei politicanti?Sarà cambiato qualcosa da allora?
Sicuramente sarà comunque un bell’auspicio per la nostra festa, molto più sentita dalla gente comune, con le molte bandiere alle finestre delle case esposte in questi giorni.Nell’animo degli italiani menefreghisti, pigri, allegri, simpatici e papponi c’è la coscienza d’essere tutti infine, bonariamente italiani.
Insomma.Va , pensiero, sull’ali dorate .
Si canta sia da una parte che dall’altra dell’Italia, sia da coloro che la pensano in un modo sia da coloro che la pensano in un’altro. Da un lato per un motivo , dall’altro per un diverso.Ma se le culture fossero proprio così differenti, infine, LA CANZONE è SEMPRE LA STESSA.
Buon 17 marzo butei !
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