Sappiamo tutti, e da moltissimo tempo, della guerra nel Kivu ,degli uomini dell’M23,degli interessi politici-economici “insanguinati”del Rwanda e del Burundi (ma non solo), per i giacimenti congolesi di coltan.
E, quindi, dei bambini sfruttati in miniera,delle paghe da fame e delle violenze di ogni sorta nei confronti della popolazione locale.
Eppure continuiamo ugualmente a possedere, come niente fosse, computer portatili e cellulari.
Lo esige la nostra quotidianità ormai e sono “oggetti”, o forse è meglio chiarire, utilizzando il nome appropriato,autentici strumenti anche di lavoro, di cui non se ne può fare quasi più a meno.
E poi l’Africa.
L’Africa ,si sa, è una terra lontana. Parecchio lontana.
Qualcuno però ,un giorno, africano e non, religioso o laico, ha deciso di prendere una qualche iniziativa, pur modesta che essa sia, per scongiurare, se fosse possibile ,una eventuale quanto probabile balcanizzazione del Congo (R.D. del Congo).
Il suo nome è “Rete Pace per il Congo”, nata a San Polo-Torrile, in provincia di Parma,affiancata e sostenuta dai missionari saveriani e da alcuni laici ,che hanno avuto occasione di trascorrere degli anni in Congo,quasi certamente per ragioni di lavoro, e conoscono pertanto bene il “prima” e il “dopo”.
Essi domandano ai parlamentari italiani, in primis, e poi agli eurodeputati a Bruxelles, in una lettera aperta che tutto quanto detto sopra cessi.
E che, perché ciò sia, che si attuino tempestivamente pesanti restrizioni da parte italiana nei rapporti politico-economico-diplomatici con il Rwanda.
Ora che l’iniziativa di “Rete Pace per il Congo” sia più che lodevole non c’è ombra di dubbio ma che la cosa possa sortire effettivi risultati, magari in tempi brevi, ho i miei dubbi.
Gli interessi reali in ballo sono così enormemente grandi per cui una voce di protesta per formare coscienza occorre senz’altro ed è un bene che martelli le orecchie di chi non vuole ascoltare, ma le modalità di risoluzione mi paiono ingenue.
Intanto oggi ,a Kinshasa, è partito il XIV Vertice della Francofonia.
E, quasi certamente, anche questo difficilissimo problema sarà argomento di discussione, trattandosi, comunque, di un brutto caso d'ingerenza indebita nel territorio di un altro Stato e di violazione conclamata dei diritti umani.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)