Prosegue la pubblicazione degli atti del convegno “America Latina: tentativi di unità”, tenutosi il 21 gennaio a Roma, presso la Sale delle Colonne di Palazzo Marini, Camera dei Deputati, su iniziativa dell’IsAG. Proponiamo quest’oggi il testo e il video dell’intervento di Benedetto Licata, dirigente della Divisione America Latina del Ministero dello Sviluppo Economico, il quale ha parlato dei rapporti economici tra l’Italia e i paesi latinoamericani.
I Paesi dell’area vanno consolidando il loro assetto politico istituzionale in senso democratico, condividendo con l’UE valori e principi quali l’impegno a favore dei diritti umani, delle libertà fondamentali e di una maggiore partecipazione dei cittadini a determinare la politica nazionale. Essi, pur risentendo della crisi economica internazionale, continuano a sviluppare la loro economia: l’America latina cresce da oltre un decennio: per quest’anno il tasso di crescita del PIL dovrebbe attestarsi attorno al +3,9%, mentre nel 2014 è stimato in un +4%. Quali criticità permangono, solo in parte attenuate, le problematiche relative alla povertà ed alla coesione sociale (50% della ricchezza è concentrato nel 10% della popolazione, 184 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà e di questi 68 milioni vivono in condizioni di povertà estrema), alla situazione ambientale (cambiamenti climatici, deforestazione, riduzione della biodiversità), alla corruzione ed al narcotraffico.
Le cifre degli scambi commerciali confermano l’importanza delle relazioni tra i nostri Paesi, stimolando un rafforzamento e una maggiore coesione e integrazione. L’interscambio con l’area è passato da circa 22 miliardi di euro del periodo gennaio/ottobre 2011 (tutto il 2011: 26 miliardi di euro) a circa 21 miliardi di euro nel periodo gennaio/ottobre del 2012. L’export italiano verso l’America Latina da gennaio a ottobre 2012 è stato di circa 12 miliardi di euro. Le esportazioni italiane avvengono principalmente verso Brasile, Messico, Venezuela, Argentina. I settori merceologici interessati sono: al primo posto macchine e macchinari, poi parti e accessori per autoveicoli e loro motori e prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio. L’import italiano dall’America Latina è stato, nello stesso periodo di tempo, pari a circa 8,5 miliardi di euro. Tra i Paesi dai quali importiamo al primo posto c’è il Brasile, poi Cile, Messico e Argentina. I prodotti importati riguardano metalli, prodotti di colture permanenti, carta, oli e grassi, pellami. Il perdurare della crisi finanziaria internazionale non ha sicuramente giovato al flusso degli investimenti diretti esteri in entrata e in uscita che in questi ultimi anni danno segnali piuttosto altalenanti; nel 2010 gli IDE italiani verso l’America latina ammontano a 709 milioni di euro e quelli di provenienza dai paesi dell’America latina in Italia sono pari a 337 milioni.
In ambito europeo la politica commerciale dei 27 Stati membri è di competenza dell’UE e gli Stati membri partecipano attivamente al processo top-down di formazione delle iniziative della Unione in materia. Pertanto ritengo opportuno accennare alle iniziative europee ed alle intese economico-commerciali più di recente concluse o ancora in fase di negoziazione tra l’UE e i paesi dell’area America Latina e Caraibi. Com’è noto la UE vanta, infatti, con la regione una consolidata tradizione di collaborazione estesa anche al campo delle relazioni economico-commerciali e di cooperazione e gli scambi commerciali sono uno dei principali strumenti di cui dispongono i responsabili politici per promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro. In questo ambito la strategia regionale per l’America latina (2007/2013) e gli Accordi di ultima generazione contengono strumenti destinati anche a favorire l’integrazione regionale tra i Paesi dell’area. La strategia europea nei confronti della regione nel suo insieme s’inquadra nel partenariato strategico bi-regionale istituito con il vertice dei Capi di Stato e di Governo svoltosi a Rio nel giugno del 1999. I summit si tengono con cadenza biennale (Madrid 2002, Guadalayara 2004, Vienna 2006, Lima 2008, Madrid 2010), il prossimo si terrà tra pochi giorni in Santiago del Cile, il 26 e 27 gennaio.
Le linee principali della strategia finora condivisa (vertice di Madrid del 2010) si riassumono nei seguenti punti:
- Multilateralismo: posizioni coordinate da rappresentare nei forum multilaterali;
- Intensificazione della cooperazione per affrontare la crisi economica internazionale e collaborare per una nuova architettura finanziaria internazionale;
- Impegno ad evitare ogni forma di protezionismo e conclusione positiva del Doha round;
- Promozione del’innovazione tecnologica per lo sviluppo sostenibile e l’inclusione sociale;
- Intensificazione della cooperazione nella lotta al terrorismo, al crimine organizzato, alla corruzione;
- Ulteriore rafforzamento del partenariato, anche al fine di intensificare il processo di integrazione regionale.
Nello specifico economico la strategia regionale europea per l’America latina (con una dotazione finanziaria di 556 milioni di euro) – oltre a a contribuire alle attività transfrontaliere con progetti di sviluppo territoriale che, combinando risorse di paesi limitrofi, accrescono il benessere e la coesione sociale delle comunità presenti nelle aree interessate contribuendo in tal modo a migliorare le stesse relazioni tra gli Stati confinanti – mira tra l’altro a sviluppar : i) le attività delle reti di operatori pubblici e privati in materia di commercio ed investimenti; ii) il dialogo e il rafforzamento delle capacità istituzionali a livello macroeconomico, politico, normativo per favorire investimenti duraturi e uno sviluppo sostenibile; iii) l’interconnettività e il dialogo normativo.
Finora la UE ha concluso Accordi di associazione o commerciali con i seguenti paesi/gruppi di paesi dell’area.
Con il Messico (1997, con successive integrazioni fino al 2004) e con il Cile (2002) sono stati firmati Accordi di Associazione che, oltre al dialogo politico, includono l’aspetto commerciale (progressiva reciproca riduzione dei dazi, apertura e regolamentazione degli investimenti,della proprietà intellettuale, degli appalti della concorrenza, quadro istituzionale con meccanismo di risoluzione delle controversie). Il Brasile dal 2007 ed il Messico dal 2008 hanno instaurato con l’UE un rapporto di partenariato strategico che prevede un dialogo strutturato, concernente, cioè, un costante approfondimento congiunto sulle molteplici, articolate e complesse tematiche di natura politica ed economica (pace e sicurezza, riforma delle Nazioni Unite, eliminazione della povertà, ambiente, energia, cambiamenti climatici, liberalizzazione degli scambi, investimenti, trasporti, società dell’informazione, ambiente, sviluppo sostenibile, energia, occupazione e affari sociali, sviluppo regionale, cultura e istruzione, lotta al crimine organizzato, questioni macroeconomiche e finanziarie, ecc.).
L’accordo di partenariato economico (APE) con i Paesi del CARIFORUM è pensato per essere un accordo di libero commercio orientato allo sviluppo che, oltre all’obiettivo di realizzare politiche di sviluppo sostenibile e di liberalizzazione del commercio, ha quello di promuovere l’integrazione regionale dei membri caraibici degli ACP.
Merita segnalare che questo Accordo è il primo e finora l’unico concluso con Paesi dell’area ACP, rappresentando il primo Accordo concluso dalla UE con un raggruppamento regionale, in linea con principi del WTO. Con questo Accordo l’Europa ha aperto il suo mercato a tutti i beni e alla maggior parte dei servizi. In cambio, il CARIFORUM ha accettato di aprire progressivamente (dal 2008 al 2033) circa l’80% del proprio mercato di beni e servizi. Nel campo dell’integrazione regionale l’Accordo agisce da “catalizzatore” in quanto – oltre all’esplicito riconoscimento della “integrazione regionale tra gli Stati del CARIFORUM quale strumento in grado di promuovere maggiori opportunità economiche per quei paesi, una maggiore stabilità politica e la loro effettiva integrazione nell’economia internazionale” (art. 4) – contiene specifici impegni di collaborazione e integrazione, a carico degli Stati caraibici firmatari, nei settori delle discipline commerciali della facilitazione agli scambi e della cooperazione doganale (artt.29 e 30), dell’agricoltura dell’alimentazione e della pesca (art.38), della certificazione tecnica (art.47), delle questioni sanitarie e fitosanitarie (art.56), degli investimenti e dello scambio di servizi (art. 64), della concorrenza (art. 128), della innovazione (art. 133) e della proprietà intellettuale (art. 141). L’implementazione dell’Accordo è assicurata dall’istituzione di vari Comitati (Comitato congiunto, Comitato per il commercio e lo sviluppo, Comitato parlamentare e Comitato consultivo) per alcuni dei quali deve essere ancora completata la designazione dei membri da parte della compagine Cariforum.
L’Accordo di Associazione UE – America Centrale (Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama) è un Accordo, in corso di ratifica da parte delle repubbliche centroamericane, di alta qualità, ambizioso, bilanciato e comprensivo dei pilastri politico, di cooperazione e del commercio, che tiene conto dei rispettivi interessi ma anche del differente grado di sviluppo delle due parti. In particolare nel capitolo commercio: i) viene istituita una zona di libero scambio di beni e servizi conforme alla regolamentazione del WTO con reciproca e graduale liberalizzazione tariffaria seppur asimmetrica; ii) è promossa l’integrazione regionale nell’ambito delle procedure doganali, dei regolamenti tecnici, delle procedure di conformità e delle misure sanitarie e fitosanitarie al fine di agevolare la circolazione delle merci; iii) si incentiva il miglioramento delle condizioni di stabilimento per favorire i flussi di investimento fra le parti; iv) sono disposte clausole sulle misure di difesa commerciale (em>antidumping, compensative), sulle dogane, sulla rimozione degli ostacoli tecnici agli scambi, sugli appalti, sulla proprietà intellettuale e sulle II.GG., sulla concorrenza, sui servizi ecc.; v) vengono implementate disposizioni sul commercio e sviluppo sostenibile (norme comuni in materia di lavoro e di ambiente) e l’attuazione di procedure rapide per la composizione delle controversie. La priorità dell’integrazione regionale è espressa dalla clausola di preferenza regionale (art. 351) per cui l’Accordo non impone che l’eventuale trattamento commerciale più favorevole che si instaura tra soggetti appartenenti ad una delle parti nel quadro del processo di integrazione regionale, debba essere riconosciuto all’altra parte.
Tra i meccanismi tecnico-giuridici dell’Accordo che favoriscono il processo di integrazione regionale giova segnalare il capitolo dedicato alla concorrenza contenente disposizioni che danno impulso, per la parte delle Repubbliche centroamericane, alla creazione di un diritto comune sulla concorrenza e all’istituzione di specifiche autorità garanti (artt. 277-279) e quello che prevede un sistema di tutela delle II.GG. Un efficace ruolo di impulso all’integrazione consegue anche dalle molteplici competenze e funzioni attribuite ai vari organi istituzionali dell’Accordo – Consiglio di Associazione, Comitati (di associazione, parlamentare, consultivo), sottocomitati (art.91 accesso al mercato, art.113 dogane, facilitazione scambi e origine, art.139 ostacoli tecnici agli scambi, 274 proprietà intellettuale) ed alla Commissione per il commercio e lo sviluppo sostenibile (art. 294) – e dalla previsione dell’impegno delle parti a cooperare per il rafforzamento dell’integrazione regionale in gran parte delle materie compendiate nella parte commercio.
Anche l’Accordo commerciale UE-CAN (le procedure di ratifica sono state completate solo dal Perù) prevede una reciproca e graduale liberalizzazione tariffaria seppur asimmetrica ed importanti aperture relative al: TBT, IPR – II. GG, Appalti pubblici, Servizi, DS, SD, concorrenza. Qui le tecnicalità che stimolano l’integrazione regionale sono presenti in misura ridotta rispetto alla coeva intesa raggiunta con l’area centroamericana poiché, a termine di quanto indicato nelle stesse premesse dell’Accordo, i paesi andini firmatari sono membri della Comunità andina e, in osservanza alla decisione 598/2004 della Comunità andina, quando i suoi paesi membri negoziano accordi commerciali con paesi terzi, si mantiene l’ordinamento giuridico andino nelle relazioni reciproche tra i paesi membri della Comunità andina.
Il negoziato tra l’Unione europea ed il Mercosur, riavviatosi nel 2010 dopo uno stallo di 6 anni, costituisce un negoziato importante sotto molteplici aspetti: la regione del Mercosur è infatti profondamente legata all’UE per motivi storici; il ritmo di crescita dell’economia nell’area è molto alto (7%); le prospettive di sviluppo per il futuro sono estremamente incoraggianti, l’Accordo coinvolge complessivamente 800 milioni di cittadini. Attualmente nel Mercosur si stanno verificando importanti sviluppi e cambiamenti con l’ammissione del Venezuela quale nuovo paese membro, la sospensione del Paraguay in applicazione della “clausola democratica”, il rafforzamento delle relazioni con la Bolivia e l’Ecuador in qualità di possibili futuri membri dell’organizzazione. Per l’Europa la conclusione dell’accordo è utile per bilanciare la propensione dei paesi del Mercosur verso il Pacifico (Asia). Precedentemente i contrasti hanno riguardato il volet agricolo (stesse problematiche relative allo stallo del negoziato multilaterale, Doha round), ora le posizioni sembrano riavvicinarsi in quanto è aumentato l’interesse dei paesi Mercosur alla liberalizzazione dei prodotti industriali; ciò è principalmente dovuto al fatto che, in questi ultimi anni, i loro governi – come quelli della gran parte degli Stati sudamericani – si stanno dotando di una forte politica industriale basata sullo sviluppo tecnologico di determinati settori e finalizzata all’incremento della produttività e dell’occupazione.
L’Italia vede con grande interesse il negoziato UE/ Mercosur, la cui conclusione può offrire, in termini di accesso al mercato, indiscutibili vantaggi ad ambo le parti. Pur consapevoli che, nel negoziare con il Mercosur, sia necessario tener conto delle esigenze della zootecnia europea, oltre che degli interessi di altri settori sensibili come il comparto ortofrutticolo, la proprietà intellettuale e le indicazioni geografiche, siamo però convinti che tali aspetti non debbano andare a discapito della conclusione del negoziato che, nel complesso, superando le derive protezionistiche, può rafforzare l’interscambio tra le due aree contribuendo altresì ad un generale rafforzamento delle relazioni tra le parti. In sede europea si è da più parti auspicato che i negoziati, che dovrebbero trovare nuovo impulso nell’imminente vertice di Santiago, vengano affrontati dalle parti con sufficiente motivazione politica e con uno spirito di apertura e fiducia reciproca.
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Necessità della conoscenza. Gli operatori che vorranno beneficiare delle opportunità che si apriranno dal nuovo quadro di politica commerciale che si sta delineando grazie agli accordi di cui abbiamo parlato, che si aggiungono ai numerosi accordi economico-commerciali bilaterali già stipulati, dovranno attrezzarsi opportunamente per allargare il proprio orizzonte ed acquisire una conoscenza più approfondita dei territori, delle loro risorse, dei loro mercati, delle loro domande ed attese, delle loro tradizioni e dei valori. In proposito il Ministero continuerà a fornire adeguato supporto alle imprese che intendessero internazionalizzarsi, soprattutto le pmi che, per le loro caratteristiche, non possono fare a meno di strutture di supporto pubblico all’internazionalizzazione. In questo ambito si fa menzione: i) delle missioni di sistema o esplorative, con la presenza di numerosi imprenditori, che il Mise effettua in proprio o congiuntamente al MAE e ad altre Amministrazioni centrali /regioni, camere di commercio/associazioni imprenditoriali di volta in volta interessate (nel 2012 si sono svolte missioni di sistema in Brasile, Cile e Messico e missioni esplorative a Panama, in Perù e in Colombia); ii) istituzione della Agenzia “Italia – ICE” per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane che è i via di costituzione.
Internazionalizzazione delle pmi. E’ emersa la consapevolezza che il modello delle nostre pmi, che costituiscono il tessuto produttivo principale del paese, rappresenta per molti paesi della regione un modello da imitare, in quanto capace di integrarsi perfettamente con il tessuto economico, sociale, culturale ed ambientale del luogo nel quale si insediano e di assicurare le migliori condizioni di lavoro e, sovente, di avere anche un elevato livello di know how (requisito ora particolarmente richiesto in America latina per sviluppare la produttività delle sue pmi). Le nostre pmi dovrebbero impegnarsi nel processo di aggregazione tra loro (distretti, reti d’impresa, cluster) per rafforzare la cooperazione tra loro e con quelle locali, estendendola anche in quelle aree emergenti del cono sud del continente americano dove finora è stata scarsa.
Internazionalizzarsi non può più significare solo partecipare a fiere o a missioni B2B ma assumere anche mentalità e prospettive che prevedono nuove modalità operative, dalla presenza di manager stranieri nelle aziende, all’e-commerce, alla partecipazione a progetti internazionali di investimento.
Rafforzamento degli strumenti finanziari. E’ un tema fondamentale: le imprese, soprattutto quelle di minore dimensione, rimarcano spesso che uno degli aspetti che pesa di più, nel momento in cui si affacciano sui mercati internazionali, oltre alla conoscenza del mercato, è la struttura finanziaria con cui lo affrontano. Con l’acquisizione di SACE e della SIMEST da parte della CDP si è inteso creare il polo della finanza per l’internazionalizzazione con l’obiettivo di realizzare importanti sinergie e creare un sistema integrato specializzato in servizi di finanza, assicurazione e investimenti per le attività internazionali delle imprese (possibile creazione della export bank italiana). E’ auspicabile che il processo di integrazione del quadro finanziario europeo e le necessarie ma più rigorose innovazioni introdotte nel patrimonio delle banche per difendere dalle crisi il sistema finanziario internazionale (Basilea 3) siano attuate in modo obiettivo, trasparente non discriminatorio per evitare fenomeni tipo la riduzione dell’offerta di credito o la concentrazione dell’attività creditizia nelle mani di pochi (cartelli) che farebbero aumentare il costo del denaro con effetti recessivi anche per le imprese.