Il mese prossimo sarà in discussione in parlamento il disegno di legge contro l’omofobia ed ovviamente, come per tutti i temi “sensibili”, divampa la discussione tra politici, psicologi, attivisti, giuristi, giornalisti, sacerdoti.
Una calda mattina d’agosto diventa rovente a Unomattina Estate quando l’avvocato Giancarlo Cerrelli, vicepresidente dell’Unione giuristi cattolici italiani, afferma che «l’omosessualità è stata depennata dal manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali non per motivi scientifici» accennando alla fine anche alle cosiddette “terapie riparative” che farebbero ritornare eterosessuali i gay. Polemica scontata anche perché dal 1990 l’Oms ha depennato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.
Tante le reazioni alla sua dichiarazione ed immediatamente arriva la replica di Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi, che in un comunicato ha dichiarato: «È gravissimo che i detrattori della legge antiomofobia ripropongano, tra le altre, l’idea che l’omosessualità sia una malattia da curare e, di conseguenza, che l’orientamento omosessuale sia da modificare, contraddicendo palesemente quanto, invece, da anni sostiene la comunità scientifica internazionale che, a ragione, ha da tempo rigettato le cosiddette terapie di conversione e riparative. Affermare che l’omosessualità possa essere curata o che l’orientamento sessuale di una persona si debba modificare, come recentemente dichiarato dal vicepresidente Unione giuristi cattolici italiani, è una informazione scientificamente priva di fondamento e portatrice di un pericoloso sostegno al pregiudizio sociale ancora così fortemente radicato nella nostra società, come dimostrano, purtroppo, i sempre più diffusi fatti di cronaca. Ribadisco, se mai ce ne fosse bisogno che gli psicologi, secondo il Codice deontologico, non possono prestarsi ad alcuna ‘terapia riparativa’ dell’orientamento sessuale di una persona, bensì collaborare con i propri pazienti nel caso di disagi relativi alla sfera sessuale siano essi avvertiti dagli eterosessuali così come dagli omosessuali».
Tra i vari interventi a favore di Cerrelli non poteva mancare quella del professor Massimo Introvigne che, sulla Nuova Bussola Quotidiana, scrive: «s’impugna il randello per picchiare sull’avversario ideologico e si chiede che a chi espone dottrine che Palma considera “pericolose” non sia dato spazio in pubblico». Insomma i cattolici (giuristi o meno che siano) devono essere liberi di andare sul servizio pubblico ad affermare che «l’omosessualità è stata depennata dal manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali non per motivi scientifici» ma non possono neanche essere criticati da chi – come il presidente del consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (scusate se poco) – ritiene false queste idee.
Introvigne ha comunque le idee molto chiare: «Lo scopo della legge sull’omofobia è far tacere chiunque si permetta di esporre opinioni contrarie all’ideologia omosessualista. Anzi, prima farlo tacere e poi espellerlo dal suo ordine professionale e mandarlo in prigione». Di certo non è questo lo scopo della legge contro l’omofobia che non ha lo scopo di far tacere chi ha idee “politically uncorrect” sull’omosessualità ma ovviamente non si può pretendere neanche che chi espone queste idee (soprattutto sul servizio pubblico) sia immune da critiche: si chiama libertà di pensiero.
Tra i vari interventi su Tempi non poteva mancare ovviamente quello del sedicente gay (tale Eliseo del Deserto, forse “Deserto” di opinioni) che si scaglia contro l’intervento di Giuseppe Luigi Palma affermando, in merito alle terapie riparative, di voler essere libero di decidere come cambiare: purtroppo per il nostro Eliseo non esiste nessun diritto alle terapie riparative da parte del paziente.
Fa la sua comparsa contro Giuseppe Luigi Palma, sempre sulla Nuova Bussola Quotidiana, anche lo psicologo cattolico «costretto a mantenere l’anonimato per non essere espulso dall’ordine professionale e quindi perdere la possibilità di lavorare e mantenere la (…) famiglia»: questo, secondo l’anonimo scrivente, «per confermare che, nella nostra società, non sono certo gli attivisti gay, o chi ne condivide le istanze, a subire lo stigma sociale e professionale». Forse come “conferma” dello stigma sociale e professionale una denuncia anonima e non supportata da elementi precisi e verificabili è un po’ pochino e magari il nostro anonimo psicologo cattolico dovrebbe esprimere la sua opinione, tra gli altri, a Salvatore Savastano, 33enne coordinatore del circolo Sel di Foligno (Pg) ed attivista Lgbt, la cui macchina recentemente è stata vandalizzata da ignoti (ed anonimi) criminali che gli hanno lasciato un biglietto inequivocabile “Stai attento frocio di merda”. Non risulta che “attivisti omosessualisti” abbiano riservato lo stesso trattamento a coloro non condividono le loro idee magari lasciando biglietti del tipo “Stai attento antigay di merda” oppure “Stai attento eterosessuale di merda” o magari “Stai attento cattolico dei miei stivali” (mi sono autocensurato, lo ammetto). Però – si sa – nonostante Introvigne scriva che «s’impugna il randello per picchiare sull’avversario ideologico» a coloro contrari ai diritti Lgbt non servono particolari leggi: al randello “retorico” preferiscono quello reale (forse memori di un passato fascista) per zittire i loro avversari.
Lo psicologo anonimo scrive che «l’Ordine degli Psicologi non è una associazione scientifica, alla quale si accede volontariamente o per cooptazione, per meriti clinici o scientifici» ma è solo «è un organismo amministrativo che ha lo scopo di gestire l’albo professionale, al quale è obbligatorio iscriversi per esercitare la professione» e quindi «non spetta all’ordine pronunciarsi sulla scientificità o meno di certe affermazioni». Bisogna precisare che le terapie riparative sono state sconfessate da tempo anche dagli ordini regionali degli psicologi di Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Veneto, Lombardia e da 1200 psicologi e psichiatri italiani (con tanto di nome e cognome): forse avranno più peso di un anonimo sedicente psicologo cattolico. Inoltre – sebbene l’ordine degli psicologi non sia un’associazione scientifica a cui si accede volontariamente – non risulta che l’Aippc (Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici), un’associazione con 400 soci ordinari e 1500 simpatizzanti formata da professionisti di estrazione cattolica operanti nell’ambito della salute mentale, abbia sconfessato le parole di Giuseppe Luigi Palma o abbia appoggiato quelle di Cerrelli: forse l’anonimo psicologo cattolico della Nuova Bussola Quotidiana potrebbe diventare (se già non lo è) membro dell’Aippc ed esprimere in quel contesto le sue idee cercando di spingere per una presa di posizione ufficiale.
Nella polemica rovente sui temi che riguardano l’omosessualità appare sempre molto strano come – su media di stampo cattolico – appaiano (quasi sempre in forma anonima) sedicenti “gay contro i diritti gay” che – lacrimevolmente – raccontano la loro inverosimile storia e professionisti cattolici “costretti all’anominato per non subire ripercussioni”. Un approccio che somiglia molto a quella di Agapo, l’associazione (invisibile) di genitori ed amici delle persone omosessuali favorevole alle terapie riparative e contraria al matrimonio per le coppie dello stesso sesso.
Forse il nostro “Eliseo del Deserto” dovrebbe considerare che in Italia esistono – alla luce del sole – tanti gruppi di omosessuali cattolici e gruppi politici di gay di destra (GayLib e Gay di Destra). Insomma – gay o etero – non serve di certo mantenere l’anonimato per lottare per le proprie cause anche se alle volte se ne pagano le conseguenze come sa bene il “non anonimo” Salvatore Savastano. Purtroppo (o per fortuna) le storie che si celano dietro l’anonimato lasciano sempre il sospetto che siano storie inventate di sana pianta.
Neanche l’anonimo psicologo cattolico avrebbe molto di cui preoccuparsi. L’Italia – che sino a 150 anni fa aveva addirittura lo Stato della Chiesa e che attualmente ospita il pontefice (anzi i pontefici) – non è di certo un Paese dove i cattolici hanno molto da temere. Risulta difficile credere che il nostro anonimo psicologo cattolico sia «costretto a mantenere l’anonimato per non essere espulso dall’ordine professionale e quindi perdere la possibilità di lavorare»: in un simile caso avrebbe dalla sua parte addirittura un sindacato cattolico pronto a difenderlo e di certo non mancano ospedali, scuole, università cattoliche a cui chiedere “asilo politico” per scappare dalla “violenza omosessualista”. Fioccano inoltre associazioni di psicologi cattolici (che non sembra siano intervenuti nella polemica), medici cattolici, farmacisti cattolici, infermieri cattolici e giuristi cattolici: insomma difficile che un cattolico – a meno che non abbia il coraggio di Don Abbondio – abbia qualcosa da temere nel nostro Paese e può tranquillamente esprimere le sue opinioni alla luce del sole e magari dentro una delle innumerevoli associazioni cattoliche, un ventaglio di scelta che non è dato a laici, atei o omosessuali. Inoltre, qualora un cattolico debba trovare il coraggio per farsi avanti, magari potrà ascoltare in diretta televisiva (sul servizio pubblico radiotelevisivo) la messa o l’Angelus del papa.
Qual è invece la possibilità data ad un omosessuale nel nostro Paese? Sicuramente non ha la possibilità di sposarsi o vedere riconosciuta la propria unione e l’Italia è ormai l’unico Paese dell’Europa occidentale a non concedere questa opzione.
Strano Paese l’Italia: un Paese che viene svegliato ogni giorno dalle campane delle sue 63.780 chiese sparse negli 8.093 comuni del nostro Paese, un Paese in cui il capo della Chiesa è protagonista dei media per ogni cosa che faccia o dica, un Paese che è stato governato per decenni da un partito (Democrazia Cristiana) fondato da un prete e strettamente collegato al Vaticano, un Paese in cui i cattolici sono presenti in tutti i partiti ed in cui si assegna alla religione cattolica uno “status” particolare addirittura nella Costituzione, un Paese in cui gli omosessuali non godono di diritti riconosciuti in altri Paesi ma dove – da quel che dice l’anonimo psicologo cattolico della Nuova Bussola Quotidiana, «non sono certo gli attivisti gay, o chi ne condivide le istanze, a subire lo stigma sociale e professionale» e dove un professionista cattolico è «costretto a mantenere l’anonimato per non essere espulso dall’ordine professionale e quindi perdere la possibilità di lavorare». Proprio una situazione difficile da credere per un osservatore dall’estero: e francamente anche per un osservatore interno.
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