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Italia ingovernabile, Bersani al capolinea

Creato il 29 marzo 2013 da Postpopuli @PostPopuli

 

di Emiliano Morozzi

Manca solo l’ufficialità ma ormai è facile prevedere quello che succederà oggi o fra qualche giorno: Bersani è al capolinea e anche se dovesse decidere di provare ad affrontare il responso parlamentare, il suo governo non otterrebbe la fiducia. Italia ingovernabile quindi, una situazione di completo stallo, e paradossalmente il leader della coalizione che ha vinto con una manciata di voti le elezioni è colui che esce maggiormente sconfitto da questa tempesta politica. Certo, quella dei suoi avversari è una vittoria di Pirro, perché il paese resta senza una guida e questa paralisi dell’attività politica non gioverà a nessuna delle forze in campo. Cosa succederà in questi giorni così convulsi?

Cominciamo da Bersani, che ha provato a formare un governo ma ancora una volta non è stato capace di proporre un programma ambizioso, che sfidasse i grillini sul loro terreno e li costringesse ad assumersi delle responsabilità di governo. Troppo fumose le sue proposte, e sbagliato affrontare il Movimento 5 Stelle con gli strumenti della vecchia politica, ovvero proponendo al partito più votato qualche poltrona di consolazione. Giusto invece troncare sul nascere ogni rapporto con il Pdl, per non prestare il fianco agli affondi di Grillo ma anche per non perdere voti tra i propri elettori che vedrebbero un accordo con Berlusconi come un tradimento. A proposito di questo punto, mi piacerebbe sentire adesso come valutano la presa di posizione di Renzi tutti coloro che l’hanno votato pensando che fosse un simbolo di cambiamento.

ITALIA INGOVERNABILE, BERSANI AL CAPOLINEA

Beppe Grillo (napolike.it)

Passando dall’altra parte della barricata, Grillo e i suoi eletti (perché deputati e senatori non sono stati eletti dal popolo, ma da Grillo ed è a lui che devono rendere conto) hanno fin da subito risposto picche ad ogni tentativo di coinvolgerli in un governo con qualche altra forza politica. Se la loro presa di posizione può avere una sua logica, perché stringere accordi con i vecchi partiti potrebbe significare scendere al loro livello, politicamente può rivelarsi un boomerang, perché molti voti dati a Grillo sono stati voti di protesta, e chi vota per protesta esige un soddisfacimento immediato delle proprie richieste. Inoltre, la posizione dei “duri e puri” può avere un senso quando si contesta un sistema dai banchi dell’opposizione, ma può essere pericolosa quando il proprio movimento o partito arriva sulla soglia utile per governare: a quel punto gli slogan e i vaffanculo non bastano più, ci vuole competenza ed umiltà per affrontare un compito che non è così semplice come molti pensano.

Se il buongiorno si vede dal mattino, i deputati grillini non hanno dato certo una bella immagine di sé: anche loro non hanno proposto un programma articolato e serio, ma solo rivendicato il diritto di governare, si propongono come anime candide, non corrotte da inciuci e ruberie, fanno propaganda riducendosi lo stipendio, ma accaparrandosi per intero i rimborsi spese, che sono la reale fonte dello spreco in politica. Certo, la legge sul conflitto d’interessi e la proposta di ineleggibilità per i condannati (ivi compreso Berlusconi) potrebbe costituire per il Pd una ghiotta occasione per recuperare consensi e prestigio, ma all’interno del partito guidato da Bersani forse non sono poi così molti a volere un reale cambiamento: per capirlo, bastano le parole di D’Alema e Renzi, e i silenzi degli altri. Comunque sia, per ora le uniche 5 stelle messe in mostra dal movimento sono quelle (in realtà quattro) dell’hotel presso il quale i neoeletti grillini si sono dati appuntamento, per una convention a porte chiuse che ricorda più la riunione di una setta che quella di un movimento politico nato per riportare la democrazia in parlamento. Anche la proposta di Grillo sembra quindi destinata ad avere la strada sbarrata, a meno di clamorosi colpi di scena: di certo Berlusconi non voterebbe contro se stesso, e nel Pd c’è chi preferisce l’inciucio o un governo tecnico “di alto profilo” (ma chi sono nomi di alto profilo oggigiorno in Italia?) a un governo targato Grillo. Oltretutto, l’ipotesi di un governo del Movimento 5 Stelle prevederebbe un presidente del consiglio che finirebbe per essere soltanto il portavoce di un’altra persona che sta fuori dal Parlamento, situazione alquanto anomala in qualsiasi democrazia.

Resta il terzo incomodo, Berlusconi, uno che ha tutto da guadagnare da questa situazione di stallo. Lui sì che ha elettori “duri e puri”, pronti a votarlo e idolatrarlo nonostante le tante nefandezze commesse, nonostante sia proprio il padrone del Pdl la causa della rovina dell’Italia, avendo messo la propria firma su quel pareggio di bilancio che ha tirato il collo all’Italia risucchiandola in una spirale recessiva che non sembra avere fine. La sua è una proposta inaccettabile e ha ragione Bersani a dire che fare accordi con Berlusconi significherebbe tradire il mandato degli elettori. Ma comunque vada, il leader del Pdl potrà vantarsi di avere offerto una mano agli avversari per la salvezza dell’Italia, e aver ricevuto un secco no dalla solita sinistra giustizialista. Grillo, piuttosto che sparare siluri sul Pd, dovrebbe stare attento al Cavaliere, dal cui bacino elettorale provengono molti dei grillini dell’ultima ora, per evitare di subire una cocente delusione alle prossime elezioni politiche.

Per finire, il cosiddetto “convitato di pietra”, colui che al momento non partecipa alla battaglia politica in corso ma dalle sale di Palazzo Vecchio aspetta il momento buono per tentare di nuovo la corsa alla poltrona di presidente del Consiglio, stavolta con una cavalcata trionfale: Matteo Renzi. I delusi del Pd addossano la colpa della sconfitta proprio al segretario: con il sindaco di Firenze, gli scontenti del centrodestra sarebbero confluiti nel Pd facendogli vincere le elezioni. E dopo? Sarebbe rinata una nuova Democrazia Cristiana e il Pd sarebbe definitivamente diventato un partito di centro, con tendenze destrorse, viste le posizioni politiche di Renzi. Volevano davvero i cittadini di Pontedera, città operaria sede della Piaggio, una politica economica copiata da quella di Monti, nelle cui file Ichino, responsabile economico di Renzi, si è prontamente rifugiato dopo la sconfitta? Volevano i cittadini della rossa cintura fiorentina dare il governo in mano a uno che aveva come spin doctor un uomo targato Mediaset? Rifletteteci sopra quando voterete di nuovo, per dare la vostra preferenza a una persona che rappresenti davvero le vostre idee e non al primo urlatore che inveisce contro la vecchia classe politica.

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