BOLOGNA. Vista così una bella sera fresca, l’Italia laboratorio di Prandelli lascia qualche dubbio soltanto fuori dal campo. Sugli spalti c’è entusiasmo, ma ci sono troppi vuoti per una gara che segna l’antipasto azzurro prima della grande stagione di Confederations Cup. Guardare sul campo è utile per un paio di considerazioni che riservo per il finale, ma sugli spalti pensare al fatto che quasi tutti potevano entrare gratis, ma nonostante questo gli spalti presentano evidenti spazi vuoti un po’ fa grattare la testa. Perchè l’azzurro non appassiona? Perchè non si sente l’irresistibile richiamo di quel colore che dovrebbe, dovrebbe unire tutti? Ormai la Federcalcio ha chinato il capo e distribuisce inviti, ma la gente, comunque, preferisce la poltrona.
Frutto di un disegno preciso e con un mandante preciso. Gli stadi sono ormai luoghi lunari dove ci sono crateri e i tifosi italiani sono stati condannati (e non hanno fatto niente per ribellarsi) al divano. Così non resta che far entrare le donne, messaggere di un’alternativa possibile, non resta che chiedere a 4 mila bambini delle scuole calcio emiliane di venire a fare la clac, loro sì divertiti di esserci. Il resto del tifo è ormai lobotomizzato davanti alla tv a sentire il Mazzocchi o il Caressa di turno, pronto a bersi qualsiasi cosa e a carpire più dalle polveri bianche del bomber di turno che dalla lotta per andare ai mondiali che gli azzurri di Prandelli interpretano con ardore. Quello è lo spettacolo e quello spettacolo si vede solo dal campo. Quello su cui non si riflette abbastanza è che, in serate come queste, i Poli o gli Antonelli di turno si giocano la carriera. Si vede da come vanno sulla palla, da come si buttano negli spazi, da come sputano fiato al recupero di un pallone contro Selva e i ragazzotti del Titano.
Nella ripresa, poi, c’è Balotelli. fenomeno vero anche troppo. Lo stadio lo abbraccia con un’esultanza da gol al suo ingresso, come se vederlo correre fosse già abbastanza. Vien da dire che la gente calcistica che c’è qui è meglio di quella che c’è lì, davanti alla tv, ma il senso di sconfitta che si prova a pensare a questo looping, questa involuzione del tifo, è molto. Almeno per la banda di Calciolab.
ps: La curva Bulgarelli si pregia poi di un coro “Noi non siamo napoletani”. Beh,diciamo che poi gli imbecilli non mancano… ma questo è un altro discorso.