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Per quanti sono appassionati e competenti, consiglio (ma probabilmente già lo conoscono) l’illuminato e competente blog rugby1823, mi permetto però una considerazione sulla partita di sabato a Modena, visto che dopo il primo test match con l’Argentina avevo dato per finito questo gruppo e questa direzione sportiva.
Confermo quanto scritto nel post dedicato alla partita con l’Argentina, nonostante il risultato con Fiji, il quale a mio avviso ha complicato il futuro della nazionale. Se una sconfitta avrebbe posto fine all’esperienza Mallett, adesso il futuro è più incerto. Continuare con il sudafricano, oppure cambiare in vista di un 2011 impegnativo (6 Nazioni e Coppa del Mondo)?
L’unica nota postiva della partita di Modena è stata la percentuale di marcature di Mirko Bergamasco: 8/8, degno del miglior calciatore su piazza. Carter, neo recordman mondiale di marcature nel rugby, sabato ha segnato percentuali più basse. Dai tempi di Dominguez non avevamo un cecchino simile, ma la cosa mi sembra più frutto del caso che una certezza. Se anche in futuro Mirco calcerà con la stessa precisione, potremmo dire di aver trovato il giocatore che fa al caso nostro, altrimenti… una rondine non fa primavera.
Il fatto che 24 punti sia giunti tutti da calci, però, non è una buona notizia. Non andiamo a meta neanche se ci trovassimo in superiorità numerica di 30 contro 15. Manca la fantasia e la determinazione per liberare l’uomo. Quando i casi di gioco di portano ad avere un uomo in più sulla fascia, spesso il portatore di palla fa la cosa sbagliata. E’ accaduto con l’Argentina e ho visto gli stessi errori con Fiji. Non credo sia una questione di avversari, mi sembra più un problema tutto italiano, legato alla nostra storia, ai giocatori che abbiamo e al modo di insegnare rugby fin da piccoli.
La nostra storia: siamo entrati nel salotto buono del rugby ai tempi di Dominguez e Troncon. Avere un cecchino come l’argentino ci ha formati (male) nella convinzione che bastasse un pacchetto di mischia all’altezza in grado di procurare falli. Poi tanto ci pensava Diego. Continuamo a vantarci delle nostre mischie e della forza del nostro pack, ma non abbiamo più Diego, il gioco si è evoluto mentre l’Italia spesso si presenta in campo con fisici di “altri tempi”.
I giocatori: mentre negli altri paesi rugbisticamente evoluti si sfornano giovani all’altezza, alti e forti, che corrono in 10″ netti, tutto muscoli e fiato, noi ci ritroviamo con giocatori di esperienza leggermente appesantiti. Buoni per un pacchetto di mischia di peso, ma non adatti al gioco veloce moderno. Nessuno della prima e seconda linea italiana è in grado di saltare l’uomo in velocità. Il massimo che riesce a fare e a “sportellate”.
Scuola: sui campi di minirugby non si gioca con i piedi e raramente si vedono squadre che fanno girare il pallone. Sempre e solo mischie. Non so se questo dipende dall’età dei ragazzi che giocano oppure da un modo di insegnare questo sport. Fatto sta che spesso i piccoli giocano come i grandi della nazionale (o viceversa?) e questo non è un buon modo per progredire.
Sono convinto che un tecnico francese sia più adatto di Mallett. I transalpini conoscono il nostro movimento, anche perché in piccolo siamo una loro dependance e la mentalità è quasi la stessa….
AU