Con la crisi che ha tagliato le gambe all’economia, la qualità assoluta è diventata un valore fondamentale. Non è un caso allora che i grandi investitori esteri, gli unici dotati di grande liquidità, nel 2011 abbiano fatto razzia dei marchi italiani, certificando a livello mondiale la bontà della manifattura del Bel Paese, seconda in Europa dietro la locomotiva tedesca.
L’anno scorso le acquisizioni da parte di compagnie straniere di aziende italiane sono state 108 per un controvalore totale di 18 miliardi di euro. Le operazioni estero su Italia nel 2010 erano state 83 pari a 10 miliardi: si parla dunque di un aumento in termini di investimenti del 76 per cento. Per misurarne il valore assoluto, basti sapere che le compravendite Italia su Italia e Italia su estero sono state rispettivamente 157 e 64 e il valore totale è di 10 miliardi di euro.
Non sono mancati gli acquisti eccellenti. L’ultimo in ordine di tempo è quello del Ferretti group, il maggior produttore mondiale di yacht di lusso, ora di proprietà della società cinese Shandong Heavy Industry Group – Weichai per un investimento totale di 374 milioni di euro.
I francesi sono stati protagonisti di una vera e propria “campagna d’Italia”, portandosi a casa prezzi pregiatissimi. Bulgari è passata nelle mani del colosso del lusso Lvhm di Bernard Arnault per 4,15 miliardi di euro. Parmalat batte bandiera tricolore con il blu al posto del verde dopo l’acquisto da parte di Lactalis per 3,7 miliardi solo goffamente ostracizzato da Tremonti. Edison, seconda azienda commerciale di luce e gas, è stata acquisita dalla società statale transalpina Edf. La società abruzzese di smoking Brioni è stata comprata dalla Pinault Printemps Redout e Moncler. Altri casi eclatanti riguardano la casa vinicola Gancia passata nelle mani dell’imprenditore della vodka e banchiere russo Roustam Tariko e la Ruffino finita agli americani di Constellation Brands.
Il Governo nelle prossime settimane potrebbe prendere in considerazione una nuova norma antiscalate per difendere le società italiane da attacchi esterni. Anche perché gli obiettivi papabili sono molti, così come i rischi per i lavoratori italiani.
Un campanello d’allarme è Unicredit, il cui aumento di capitale potrebbe vedere un fondo sovrano asiatico o medio-orientale fare la parte del leone. Altre prede possono essere Alitalia, dove l’azionista AirFrance potrebbe voler aumentare la sua quota, i treni di Ansaldo Breda che fanno gola alla francese Alsom e alla canadese Bombardier e la maison Valentino, messa nel mirino dagli spagnoli di Puig.
Fonte: Il Fatto Quotidiano