Il mercato mondiale dei derivati vale 582.655 miliardi di dollari e sta tornando sui volumi pre-crisi. Ecco perché le banche, le istituzioni, ma soprattutto i governi non rinunciano a prodotti finanziari messi all’indice, almeno a parole, un paio di anni fa. E sull’Italia, che ha giocato coi derivati guadagnandoci 8 miliardi di euro in dieci anni, a oggi ci sono attivi quasi 7.500 contratti di Credit default swap, le assicurazioni contro il fallimento di un asset. Nessun Paese è più bersagliato di noi, con 25,8 miliardi di dollari di scommesse contrarie. E' di pochi giorni fa, l'annuncio da parte di Bruxelles, di un'inchiesta su un presunto cartello dei CDS. Sono stati fra i principali imputati per la crisi subprime. Sono stati considerati delle “armi finanziarie di distruzione di massa”. Sono stati ripudiati dai governanti. Eppure, sono ancora più vivi che mai. I derivati finanziari stanno vivendo un nuovo momento d’oro. Un esempio sono i Credit default swap, cioè le assicurazioni contro il fallimento di un asset: quelli scambiati la scorsa settimana sono stati pari a 28.527 miliardi di dollari. In pratica, quasi 13 volte il Pil italiano. A certificarlo è la Depository trust and clearing corporation (Dtcc), la principale unità di controllo mondiale di questi strumenti. Nel 2006 le transazioni erano di poco superiori ai 24.000 miliardi. In realtà la cifra complessiva di derivati in circolo è ben più elevata. Per restare a casa nostra, guardando al mercato dei cross-currency swap (è un accordo di scambio tra due parti straniera per gli aspetti di scambio (cioè il capitale e / o interesse pagamenti) di un prestito in una valuta per gli aspetti equivalente di un pari in valore attuale netto del prestito in un'altra valuta) e degli interest-rate swap (è il contratto swap più diffuso, con il quale due parti si accordano per scambiarsi reciprocamente, per un periodo di tempo predefinito al momento della stipula, pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse differenti e predefiniti, applicati ad un capitale nozionale) i dati sono poco confortanti. Secondo Banca d’Italia gli enti locali sono esposti per quasi 50 miliardi di euro. Di contro, il Tesoro dal 1998 al 2008 ha guadagnato oltre 8 miliardi, proprio grazie ai derivati.
Il mercato mondiale dei derivati vale 582.655 miliardi di dollari e sta tornando sui volumi pre-crisi. Ecco perché le banche, le istituzioni, ma soprattutto i governi non rinunciano a prodotti finanziari messi all’indice, almeno a parole, un paio di anni fa. E sull’Italia, che ha giocato coi derivati guadagnandoci 8 miliardi di euro in dieci anni, a oggi ci sono attivi quasi 7.500 contratti di Credit default swap, le assicurazioni contro il fallimento di un asset. Nessun Paese è più bersagliato di noi, con 25,8 miliardi di dollari di scommesse contrarie. E' di pochi giorni fa, l'annuncio da parte di Bruxelles, di un'inchiesta su un presunto cartello dei CDS. Sono stati fra i principali imputati per la crisi subprime. Sono stati considerati delle “armi finanziarie di distruzione di massa”. Sono stati ripudiati dai governanti. Eppure, sono ancora più vivi che mai. I derivati finanziari stanno vivendo un nuovo momento d’oro. Un esempio sono i Credit default swap, cioè le assicurazioni contro il fallimento di un asset: quelli scambiati la scorsa settimana sono stati pari a 28.527 miliardi di dollari. In pratica, quasi 13 volte il Pil italiano. A certificarlo è la Depository trust and clearing corporation (Dtcc), la principale unità di controllo mondiale di questi strumenti. Nel 2006 le transazioni erano di poco superiori ai 24.000 miliardi. In realtà la cifra complessiva di derivati in circolo è ben più elevata. Per restare a casa nostra, guardando al mercato dei cross-currency swap (è un accordo di scambio tra due parti straniera per gli aspetti di scambio (cioè il capitale e / o interesse pagamenti) di un prestito in una valuta per gli aspetti equivalente di un pari in valore attuale netto del prestito in un'altra valuta) e degli interest-rate swap (è il contratto swap più diffuso, con il quale due parti si accordano per scambiarsi reciprocamente, per un periodo di tempo predefinito al momento della stipula, pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse differenti e predefiniti, applicati ad un capitale nozionale) i dati sono poco confortanti. Secondo Banca d’Italia gli enti locali sono esposti per quasi 50 miliardi di euro. Di contro, il Tesoro dal 1998 al 2008 ha guadagnato oltre 8 miliardi, proprio grazie ai derivati.
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