Il 27 dicembre l’opera veniva ricoperta di scritte e segni a pennarello offensivi e degradanti. Oggi ho letto che Alexandra Mazzanti per DCG aveva provveduto a restaurare l’opera, pubblicando le foto comparate del graffito vandalizzato (ma violentato sarebbe il termine più giusto) e della versione pulita e restaurata.
Devo ammettere che, ahimé sempre più, dove ci sono Italiani ci sono malcostume e maleducazione. Di fronte all’episodio romano, mi sono ricordata di come pochi giorni fa a Istanbul abbandonavo il concerto di Vinicio Capossela organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura al Babylon, indignata dal comportamento degli italiani in sala che a furia di bestemmie e schiamazzi coprivano la musica e umiliavano gli artisti.
I giorni seguenti, quando accompagnando Vinicio e gli altri membri della band per la città, realizzavo la mia più alta aspettativa scambiando opinioni su Istanbul e la cultura turca, i selgiuchidi e gli ottomani, Donizetti Pasha e le cronache della “Conquista di Costantinopoli”, Galata e le storie degli “infedeli” Levantini; scoprivo che persino loro, ogni musicista in generale oramai, non da più troppo peso a questo dilagare di atteggiamenti meschini e stolti. Scambiando feedback a proposito della serata, mi hanno raccontato della interruzione, del povero Ahmet che è salito sul palco per richiamare i presenti ad un atteggiamento di più rispetto e silenzio… e mi hanno invitata, per la prossima volta, a “resistere insieme a loro” (e qui ci scapperebbe un bello slogan).
In conclusione, prendo spunto dall’episodio romano e dalla mia vicenda personale per rivolgere un invito a fermarsi a riflettere sull’identità di questi individui e sullo spaccato di società che vanno rappresentando.
Inoltre, dalla Roma d’Oriente a quella d’Occidente voglio manifestare sostegno e apprezzamento alla Dorothy Circus Gallery e Alexandra Mazzanti, per aver restituito un esempio di sensibilità e civiltà squisitamente italiana, che pure rivendica un bel po’ di orgoglio nazionale.