Chi appartiene alla generazione vicina ai cinquanta, si ricorderà che i genitori spedivano i figli dai negozianti per restituire le bottiglie di vetro precedentemente acquistate e riavere così indietro i centesimi del cosiddetto “vuoto a rendere”. Era pratica comune e parte della nostra quotidianità.
In un momento di difficile identificazione, tale vantaggioso processo di smaltimento è andato progressivamente scomparendo lasciando il posto a sistemi di riciclaggio inefficienti o non operanti. Sarebbe meglio utilizzare il termine maleodoranti, che sboccia istintivamente dalle labbra pensando alla infausta e deturpata area campana la cui situazione di emergenza rifiuti tutti ben conosciamo. Nel centro Italia e meridione, il cittadino male accoglie il concetto di raccolta differenziata, origine di polemiche e continue controversie.
Chi si impegna in una raccolta oculata e consapevole viene demoralizzato da coloro che sostengono con estrema sicurezza che vetro e metallo finiscono in una fossa comune insieme a carta e rifiuti organici, compagni della stessa morte e smantellamento.
Accanto agli ambientalisti convinti, quindi, altri mescolano le diverse tipologie di immondizia persuasi dell’inutilità della divisione insieme a chi, distante dalle poco pubblicizzate eco-culture del futuro, abbandona nel medesimo cassonetto rifiuti misti e noiosi interrogativi sulla questione, che, monca di informazione, non ispira né invoglia alla riflessione.
Al nord il senso civico è più spiccato. Peccato che l’acculturato settentrione trasporti spudoratamente al sud gran parte della sua sporca e contaminata spazzatura.
Nel web ha avuto ultimamente molto successo un video di alcuni ragazzi napoletani che hanno gridato al miracolo scoprendo che in Norvegia vetro, metallo e plastica possono essere inseriti in raccoglitori che “pagano” in contanti i rifiuti attraverso buoni spesa utilizzabili all’interno dei supermercati dove sono locati. In realtà non si tratta di un guadagno, ma di una restituzione della maggiorazione iniziale del prezzo imposta al momento dell’acquisto ed introdotta per incentivare i cittadini a uno smaltimento responsabile. Il vetusto ma mai consunto sistema del vuoto a rendere.
Pratica civile e funzionale, da tempo in atto in tutti i paesi scandinavi e in Germania, dove l’Italia esporta tonnellate di spazzatura con cui l’avveduta nazione tedesca si arricchisce, grazie ai nostri pagamenti per la tassa di esportazione e alla successiva produzione di energia elettrica ad uso interno.
Una corretta impostazione della raccolta differenziata darebbe origine nel nostro paese a nuovi posti di lavoro e l’economia in crisi ne trarrebbe un poderoso beneficio.
Ma la ferita è abissale. Business, traffici illeciti, ecomafie.
Se ci fosse l’interesse al risanamento, la soluzione sopra citata sarebbe stranamente verosimile in Italia. La strategia, calzando a misura nel nostro tassato e depauperato Stivale, creerebbe folle di operosi cittadini freneticamente impegnati in uno smaltimento sconsiderato, a caccia di lattine e bottiglie dimenticate dietro ai cespugli, sulle autostrade e sotto i tram. Il problema della spazzatura in eccesso si risolverebbe in tempi cronometrici e colonie di organizzati e battaglieri operatori ecologici sarebbero pronti ad immolarsi per la causa ambientalista. Provare per credere.
Stato, prendi appunti.
Roberta Paoletti @Fallo Sapere