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Italiani: popolo di chef televisivi.

Da Gaietta1

Il mio mese di agosto è stato decisamente di “vacanzaNONvacanza” visto che non abbiamo fatto e disfato nessuna valigia né ci siamo diretti verso mete esotiche, mari blu e spiagge bianchissime; niente di tutto questo, solo collina.

La solita collina piemontese da cui vi ho tartassato a suon di twit e instantanee data la mancanza di connessione fissa di qualsiasi tipo, sarà anche un bellissimo paesotto ma diciamo la verità: le telecomunicazioni le gestiscono i Flinstones; ovviamente mi sono attrezzata con il mio portatile che mi è servito per giocare ai Sims3 durante i momenti di caldo torrido oppure per sistemare le foto che ho scattato al mio zoo completamente riunito per la primissima volta tutto insieme sotto lo stessp tetto: scai, frai&lamù e fidanzato…oddio lui ancora bene non so in che categoria inserirlo.

Oggi vorrei sottoporvi delle questioni che mi stanno particolarmente a cuore: dal momento che noi a casa abbiamo deciso di non attaccare l’antenna alla televisione, pur avendo lo strumento in sé una volta acceso lo schermo è sempre grigio a meno di non inserire un dvd; per questo motivo quando siamo in “villeggiatura” e accendiamo una televisione a caso scopriamo che è popolata da programmi a noi totalmente sconosciuti e spesso li guardiamo con occhio critico per poi rimanerne momentaneamente drogati tanto da farne scorpacciata concentrata, e le settimane trascorse a Cocconato sono state rivelatorie di alcuni programmi trasmessi su RealTime: “Kitchen Nightmares USA (e UK)” con Gordon Ramsey, nuovo messia e salvatore di cucine e ristoranti sull’orlo della chiusura, “Il Boss delle Torte” e “Il Boss delle Torte: la Sfida” con Buddy Qualcosa, “Cortesie per gli ospiti” con il trio che credo peggio non si potesse assortire e “Cuochi e Fiamme” ma credo che sia un altro canale.

Italiani: popolo di chef televisivi.

Andiamo con ordine così vi spiego anche le mie perplessità; di Ramsey ho sempre e solo letto le ricette pubblicate sui magazines inglesi e sui suoi libri, mi è capitato di vedere spezzoni di “Hell’s Kitchen” su Youtube e assistere alle sue sfuriate meravigliosamente costruite per il pubblico televisivo, ma non mi era mai capitato di guardare il programma in cui lui viene chiamato a salvare degli improbabili locali che si presuppone servano pietanze vagamente commestibili dalla chiusura; i punti che vengono sempre a galla sono:

-Incompetenza cosmica dei titolari di gestire la propria (e sottolineo propria) attività

-Incompetenza dei general manager di gestire l’attività all’interno della stessa: coordinamento del lavoro in sala e cucina, rifornimenti, gestione delle materie prime

-Scarsa attenzione e svogliatezza del personale di sala

-Cibo nemmeno lontanamente considerabile degno di rientrare nella categoria cibo

-Cuochi che non sanno il perché abbiano scelto di fare questo mestiere.

Le mie domande sono le seguenti: ma come cazzarola fai tu che sei il titolare di un’attività a non accorgerti che la maggior parte del cibo che esce dalla cucina non fa in tempo a ragiungere il cliente al tavolo che magicamente torna indietro perché non è assolutamente commestibile!?

Ma come cazzarola fai tu che sei il titolare a non renderti conto della NON qualità di quello che viene preparato e servito?

Ma come cazzarola fai tu che sei titolare a non vedere che nel frigo della tua attività tutto è già precotto,congelato, scongelato-ricongelato-scongelato,marcio!?

Ma come cazzarola fai tu che sei titolare a permettere al tuo manager, che evidentemente hai assunto come aiuto nella gestione, di fare esattamente quello che vuole con i tuoi soldi!?

Ma soprattutto, se un ristorante si basa sul cibo che viene preparato-cucinato-impiattato in maniera accattivante-servito e se di tutta questa catena abbiamo del cibo scadente in partenza,preparato in maniera raffazzonata e altrettanto raffazzonata è la presentazione estetica e costantemente torna in cucina, io che sono titolare farei un discorso al cuoco per cercare di risolvere questa catena che si è spezzata direttamente dalle sue mani che evidentemente non sono in grado di adempiere alla mansione per cui è stato assunto e per la quale viene pagato…non è detto che debba necessariamente restare in quel posto, o sbaglio!?

Un’altra domanda che a me sorge spontanea è la seguente: ma tu che decidi di aprire un ristorante (o qualsiasi altra attività) sai esattamente di checosa si tratta!? Perché a mio avviso c’è una grandissima distinzione da fare tra investitori e titolari: i primi mettono il capitale perché evidentemente credono nel lancio di quell’attività ma possono anche non essere competenti in materia, ma i titolari devono essere assolutamente impeccabili nell’ambito di quello che hanno intenzione di gestire altrimenti per forza di cose che l’attività non decolla né può restare a galla.

Non dico che necessariamente un titolare debba per forza essere uno chef stellato, ma quantomeno che abbia le competenze necessarie a rendersi conto se il personale che lavora per lui in cucina e in sala sia davvero in grado di “fare bene”, altrimenti ne va subito della qualità e del rispetto per le materie che si lavorano e per il cliente che paga per un servizio che non risponde alle aspettative.

Io so di non saper minimamente disegnare due linee dritte e proprio per questo non ho la pretesa di dirigere una squadra di architetti né dare loro carta bianca per tirare su un palazzo che molto probabilmente crollerebbe alla posa dell’ultimo mattone, per cui se dovessi vederlo traballare e avessi anche il coraggio di chiedermi il perché sia in bilico invece che bello stabile e solido così come me lo ero immaginato nella mia testolina piena di fiorellini e cuoricini ma senza nessuna nozione base di architettura, probabilmente l’errore principale sarebbe nella mia incompetenza in quell’ambito.

Questo mi pare sia trasferibile al concetto di ristorante: se una persona si vuole lanciare nell’apertura di un locale dovrebbe avere delle basi decisamente solide in quella materia, idem per quanto riguarda un ristorante, soprattutto poi se si decide di dare una caratterizzazione particolare alla cucina che si vuole proporre; non basta avere il cognome italiano per aprire una pizzeria a Chicago.

Per cucina italiana ho visto proposto di tutto…soprattuto le barchette di patate al forno…scusate ma voi che siete italiani come me quando mai avete mangiato le barchette di patate al forno!? So che il gusto americano è così lontano dal nostro che probabilmente non apprezzerebbe la semplcità di un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico…ma questo rientra nella cucina italiana, non quelle accozzaglie di carni sfatte ammazzate da salse e formaggi fusi in gran quantità.

Poi arriva Gordon con la sua aurea dorata e il suo sguardo cinico che con cazziatoni sparsi rimette magicamente in riga personale e titolari mollaccioni, insegna a cucinare zucchine fresche e soprattutto fa vedere cosa sia una zucchina fresca e riporta in auge il ristorante che ha richiesto la sua consulenza.

Resta il fatto che io in uno di quei locali non ci andrei lo stesso.

Italiani: popolo di chef televisivi.

De “Il Boss delle Torte” nulla di particolare da dire, solo che mi fa davvero molto ridere! Trovo che quella non sia il mio ideale di pasticceria, nel senso che preparare una torta gigante a forma di WC non è proprio la mia massima aspirazione nella vita professionale ma trovo che il suo personaggio televisivo sia molto azzeccato, è simpatico e ha una mimica facciale che a me fa ridere! Se poi i suoi collaboratori fossero meno obesi forse in quel laboratoria girerebbero meglio senza darsi culate reciproche, ma in fondo rispecchiano l’americano medio!

Italiani: popolo di chef televisivi.

Cortesie per gli ospiti” è uno dei programmi peggiori che la tv potesse inventare: chi sente davvero la necessità di far entrare in casa propria tre persone che vengono pagate per dare giudizi sulla casa, sul proprio modo di cucinare e sul proprio modo di essere!? Mah. Resto alquanto perplessa dal programma stesso, dalla gente che ho visto partecipare e dai tre “conduttori”: l’architetta che vive nel suo mondo fatato, il life-styler (ma che cazzo di lavoro è il life-styler!?!?) che secondo me sta ancora aspettando che qualcuno gli dica che sta vivendo…mi pare spentarello, e lo “chef” che se scendesse dal piedistallo sul quale non-si-sa-chi lo ha messo forse sarebbe meglio! Parliamo dello “chef”?! e parliamone anche perchè Borghese conduce di suo anche un altro programma: “Cucina con Ale” o qualcosa del genere, di per sè l’idea potrebbe essere carina (tre piatti semplici,cucinati al momento -o quasi- spiegati come si spiegherebbero a bambini delle elementari, il tutto ambientato in una finta ma graziosa cucina di casa), peccato che poi abbiano messo ai fornelli lui, a cui ho visto fare una “apple pie” che di apple pie americana non aveva nulla se non una mezza mela tagliuzzata ad cazzum, una frolla pronta…si PRONTA (mi spiegate quanto tempo ci vuole a fare una frolla decente? 2 minuti con il mixer!?!) già stesa e svangata dentro ad uno stampo monoporzione con la delicatezza di un elefante che inciampa; non contento mi spaccia anche il pangrasio per merluzzo.

“Cuochi&Fiamme” mi fa supporre che Rugiati non abbia trovato lavoro altrove; ma davvero la massima aspirazione per un cuoco adesso è presenziare in televisione a tutti i costi!? La gratificazione personale nel proprio lavoro è farsi truccare e stare lì a far sottoporre piatti obiettivamente osceni a tre fantomatici (tranne una) “critici”, ma de che poi!? Ma si ascoltano quando parlano!?

Tutta questa cucina in televisione, o questa cucina per la televisione sta dilagando in maniera incontrollata. Tutti sono chef, tutti sono cuochi affermati; basta una comparsata in tv per diventare il non-plu-ultra della cucina; ringraziamo per questo le varie Parodi, Clerici, Marisa Laurito, gente che taglia una cipolla e poi la mettono a condurre programmi e diventa magicamente portatrice del verbo del “saper mangiare”…mah.

Poi vai in giro e senti persone che chiacchierano su questo o quel programma e ti danno le loro ricette e ti verrebbe voglia di dire “no guarda che la crema pasticcera non si fa così; magari il plumcake se lo cuoci così ti resta duro per forza”…ma se lo standard con cui vengono educati alla “cucina a portata di telecomando” è talmente basso e scadente resteranno fedeli al plumcake della Parodi.


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