Per trattare un argomento come gli studi di Galileo Galilei e farci un valido spettacolo di due ore, capace di tenere il pubblico sotto ipnosi e inchiodato alla poltrona, ci vuole un certo talento. Marco Paolini ha messo a segno l’impresa come se fosse la cosa più normale del mondo. Con disinvoltura è salito sul palco del Teatro Fraschini di Pavia ed ha tenuto una lectio magistralis da fare invidia ad un accademico. Il tutto senza provocare uno sbadiglio. Chapeau!
Dall’artista veneto non ci si aspettava niente di meno ma è comunque piacevole scoprire di volta in volta che, raggiunta l’eccellenza, c’è chi spinge per andare oltre. ITIS Galileo, l’acronimo che precede il nome del famoso scienziato ammicca proprio all’Istituto Tecnico Industriale Statale che tutti conosciamo. Questa particolare associazione comunica da subito parte delle intenzioni che si ritrovano nello spettacolo: affrontare vita e teorie del matematico con un approccio più pratico, ragionato, quasi meccanico, ma mettendoci arte. E non è mica poco!
Un lungo monologo che Paolini sceglie di iniziare col botto, con un “minuto di rivoluzione” che coinvolge immediatamente il pubblico, chiamato in causa dall’attore a suon di domande: “Quale scuola avete fatto?” Sceglie proprio questa via schietta, l’artista, per addentrarsi in un discorso che rischia di risultare greve e che invece, tra una sfiorata all’attualità del precariato scolastico e un immersione nel grammelot anglo-veneto, volteggia leggero come una piuma e incanta il pubblico.
Così non sorprende minimamente che Paolini si impegni in una suggestiva lettura del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, per passare poi alla spiegazione pratica attraverso la Commedia dell’Arte, tornando quindi ad un discorso d’abiura che mette i brividi. Tutto lo spettacolo è un andirivieni tra il serio e il faceto, uno yo-yo narrativo che l’artista maneggia a suo piacimento, catturando lo spettatore che arriva a vedere quel che l’attore racconta.
@MarcoRagni