La giornata ha avuto inizio alle quattro del mattino con un urlo e uno scroscio, con l'aria che non si poteva vedere per il buio iscurita e forse velenosa. Ma non è per questo che ho chiuso le finestre. Perché ho la sensazione che qualcosa osservi, che qualcuno si affacci alla finestra quando tutti dormono e io sola resto sveglia – aspettando le sei.
Anche se il bagno è un loculo di cartongesso riesco a essere silenziosa. Copro gli odori con una bottiglietta di acqua di peonia, mi pettino senza cantare come invece faccio per abitudine tutte le volte che mi occupo di me stessa e lascio il pigiama sul bordo del lavabo, piegato.
Fuori i marciapiedi sono lucidi e tira un vento tropicale, ma senza profumo, e poche ore fa le ultime macchine si avviavano verso i quartieri residenziali. Le sale da ballo tengono in piedi l'intera provincia durante la stagione estiva. I volti sono istupiditi da alcol e sostanze, più semplicemente dalla stanchezza: tutti loro, ragazzi e ragazze che si butteranno in un letto senza sapere fino a quando, hanno un'aria sottopelle come di qualcosa andato a male. E poi il sole, se ci sarà, avrà tagliato loro la faccia prima che si sveglino, e sembrerà una malattia: avranno un'aria pesante nella bocca e nella pancia, si svuoteranno, proveranno bruciore le donne se si sono lasciate sfregare, gli uomini la lingua spessa e l'odore di fumo nei capelli. A mezzogiorno verranno da me belli e disfatti, in costume da bagno, a mangiare brioche.
Il lunedì e il giovedì sono giorni di mercato. Lungo il viale a mare alle sei del mattino sono arrivati i commercianti con piccoli furgoni pieni di vestiti e costumi da bagno. Yang è il coreano più alto che conosca: fa salire le clienti nel vano posteriore lascia che si spoglino e provino camicette e pantaloni.
A mercato finito ripone i vestiti fino a riempire il furgone. Resta libero uno spazio in cui sistema un pezzo di gommapiuma e sopra un cuscino. Lì medita, quando ha abbastanza soldi mangia, e per quel che ne so dorme perfino. Di noi europee lo disgustano le carni pallide e una specie di malagrazia nella distribuzione del grasso. Ogni tanto chiede che gli serva una grappa e paga con soldi unti che odorano di spezie.
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Alla fine del turno la strada è ancora sconvolta dal maltempo estivo. L'acqua ribolle nelle pozzanghere e il cielo è congestionato dai tuoni. Baldo passa lo straccio sul pessimo pavimento bluette dell'entrata, le stelle marine appese al soffitto, secche, sembrano scheletri. Ho appena finito di grattare i cerchi di caffè dai tavoli ma l'ho fatto senza convinzione. Sono diverse ore che penso che c'è qualcosa che non va. E infatti all'improvviso Baldo strizza lo strofinaccio e uno sciacquio grigio sbrodola nel secchio: “Fosca, può darsi che me ne vada. Aspettiamo un altro bambino e Linda stavolta non potrà lavorare. Finirò a fare l'operaio”.
Mi sono seduta sul tavolo che stavo pulendo. Baldo è in piedi si appoggia al bastone. Vorrei dire qualcosa e invece mi strofino gli occhi con le mani sporche, poi afferro la coda e tiro il laccio verso il basso. Quando si liberano i capelli esplode una nuvola di frittura, sebo e caffè: “Molte famiglie vivono con lo stipendio di un cameriere”.
Baldo non ascolta, è perfino in affanno: “A volte ho la sensazione che non bastino mai. Linda è diventata, come dire, dispotica. Vuole carta bianca nell'amministrazione della casa. Mi disprezza. Tutte le volte che dice “cameriere” sembra che stia sputando. Dio mio, non dovrei dire queste cose, ma le sono comparsi dei capillari orribili sotto le braccia, e le emorroidi”. Baldo ha un brivido e tira un respiro che sembra un muggito. “All'ufficio di collocamento mi hanno quasi riso in faccia. Gli impiegati più giovani trattano un quarantenne come un uomo finito. Ma io sono più forte adesso di quanto non lo sia mai stato”. Si getta su di me e con le sole braccia mi solleva fin quasi al soffitto. Scalcio, una bottiglia si rovescia e fa un suono pulito di vetro e di acqua. Ridiamo entrambi. Baldo trotta per il locale con me in braccio, urla che è forte, è fortissimo. Io grido che è più forte di tutti gli stronzetti dell'ufficio di collocamento, che sarà l'operaio più cazzuto del mondo. Baldo mi rimette sul tavolo e quando mi scompiglia i capelli mi passa la mano anche sulla faccia la preme e la copre tutta. Quella mano può spaccare noci e accartocciare lattine. Adesso odora di pesci: si torcevano ancora, stamani, quando li ha sventrati. Allora succedono due cose che non credevo potessero succedere insieme: ho paura e mi sono bagnata.
leggi: il primo episodio; il secondo; il terzo
Larraz Venus in the garden of the oracle 2005 olio su tela