Un'altra stangata per le famiglie e il rischio concreto per 26mila negozi ed esercizi commerciali di dover abbassare definitivamente le serrande.
È quanto potrebbe verificarsi a partire tra poco più di un mese se il Governo non interverrà a disinnescare la mina che rischia di far ulteriormente peggiorare la situazione dell'economia italiana. Dal 1° luglio, infatti, è previsto l'aumento sull'aliquota ordinaria Iva che dovrebbe passare dal 21% al 22 per cento.
Un rincaro che colpirà beni di largo consumo come, per esempio, abbigliamento, elettrodomestici ed elettronica di consumo, gran parte degli autoveicoli, servizi legali e professionali. Per una famiglia di tre persone significa spendere in media 135 euro in più all'anno. È quanto emerge dall'analisi del centro studi di Confcommercio che mette in risalto anche l'ulteriore contraccolpo per il sistema delle attività produttive con un peggioramento del saldo tra nuove imprese e chiusure che porterebbe a perdere 26mila negozi ed esercizi commerciali entro la fine del 2013.
In realtà l'aumento Iva viene da lontano. L'intervento nasce dalla prima manovra estiva del 2011, che aveva messo in moto un meccanismo di riduzione delle tax expenditures, vale a dire delle agevolazioni fiscali. Quella disposizione è stata poi ritoccata ben cinque volte nel corso di un anno e mezzo. È stata la manovra salva-Italia del dicembre 2011 a rovesciare la prospettiva e a prevedere un doppio aumento dell'Iva (dal 21% al 23% e dal 10% al 12%) a partire dal 1° ottobre 2012: aumento che non sarebbe scattato solo se fosse andato in porto un riordino della spesa sociale e un'eliminazione dei bonus fiscali che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali.
Il decreto sulla spending review della scorsa estate ha ulteriormente cambiato le carte in tavola: l'aumento delle due aliquote Iva è stato posticipato al 1° luglio 2013 con una successiva riduzione in parte dal 1° gennaio 2014. Allo stesso tempo, però, il provvedimento ha rinviato alla legge di stabilità per la razionalizzazione della spesa pubblica e la riduzione di regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale. La versione definitiva della legge di stabilità (il testo iniziale del Ddl prevedeva misure diverse) ha limitato il rincaro Iva a un solo punto percentuale e alla sola aliquota del 21 per cento.
Il Governo Letta, però, ha promesso di mettere mano all'aumento. Bisogna lavorare per arrivare a una «rinuncia dell'inasprimento dell'Iva», ha dichiarato il premier nel discorso per la fiducia alla Camera lo scorso 29 aprile. Se ne riparlerà molto probabilmente dopo la chiusura di infrazione da parte della Commissione europea sul deficit eccessivo del nostro Paese, quando probabilmente ci sarà più margine di manovra sui conti pubblici.