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J

Da Indian

I due mezzi viaggiano quasi affiancati su strade parallele, poi uno si attarda bloccato dall’intenso traffico estivo.

Edgar è emozionato, tranquillizza se stesso, scende dal treno, esce dalla stazione e vaga per qualche minuto su e giù, scrutando attentamente i volti della folla che si muove avanti e indietro. Figure improbabili si susseguono, qualche sussulto, finché non la vede apparire, salire le scale, di una bellezza solare, abbagliante, color del grano, occhi mare.

“Ma… sei bellissima…”

Lei strascica un “S-ciao” e il suo viso si illumina, lui ha come calcolato il tempo necessario a proferire quelle parole, affinché nell’immediato abbraccio, la sua bocca potesse unirsi a quella di Anna.

Un lungo attimo, emozione alle stelle, sorrisi incapaci di parlare, balbettare forse disinvoltura, parole sconnesse dal cervello, in cui ha aperto i battenti una confusionaria discoteca abusiva (dum dum dum sflash… dum dum dum sflash…).

I paesani li vedevano perduti negli sguardi sorridenti, passo veloce, ancheggianti…

Edgar l’abbracciava  e aveva fatto suo il deltoide destro di Anna, che baciava ripetutamente inebriato da quella pelle morbida e vellutata, che a contatto con le sue labbra gli dava impensabili sensazioni erotiche che lo pervadevano di dolcezza.

Camminavano e camminavano, entravano qui e là, un ufficio, una cartoleria, una libreria, l’università, strade strette, che si aprivano improvvisamente in piazze e giardini, per poi chiudersi ancora in vicoletti ombreggiati, percorsi incessantemente da gente di ogni parte del mondo, alla ricerca dei segreti di una città bellissima. Nulla di meglio al mondo per battezzare un amore. Edgar viaggiava oltre se stesso, voleva fermarsi, compiacersi del suo abbraccio, cercare l’estasi nei suoi baci.

Trovò quanto cercava sugli scalini di una chiesa barocca, dove il loro amore trovò sfogo incurante di altre presente, quasi complici e partecipi, accompagnato da musiche medievali di un artista di strada, musiche discrete, dolci, come i loro baci che si susseguivano uno dopo l’altro.

Anna parla, parla, la sua voce è armoniosa, le sue labbra calde, desiderabili; Edgar si perde nei suoi occhi, vorrebbe baciarli e mordere il suo nasino delizioso, coglie i suoi simpatici intercalari, scorge in lei la bimba che è stata e la donna che è.

Quei baci, quell’unione primaria, quel gusto di miele colto dalle papille e le labbra umide che si attardano a sfiorarsi e imprimersi in un gioco eccitante di sensazioni. Quando la mano di Edgar carezza il suo seno, ne inizia un altro, ben più oltre… più oltre… amorini invisibili danzano intorno ed Eros scocca la sua freccia. L’amore è scritto sulle pagine dei libri, sta scritto e attestato dal tempo che ha fermato infiniti attimi e li proietta ai testimoni a loro piacimento per l’eternità. L’amore è riprodotto in immagini, in passi veloci e leggeri, in meraviglie e ristori.

Canaletti, calli, ponti, lei tra il bordo e lui, schiacciata al ventre…

“Andiamo al Lido…” e già è lì, sulla spiaggia affollata, cerca un deserto lontano, lo raggiungono avvinghiati e cadenti sulla sabbia bianca, mettono metri tra loro e l’ultimo ombrellone, cadono, via le vesti… nostromo, vira a dritta… la prende, la ama, geme con lei…

Lei pensa… il lido è un giardino dove si unisce a lei e percepisce ogni sua morbidezza, ha chiara la nudità del suo corpo, del sesso, del seno… e baci… e baci… proponimenti, promesse, speranze e ancora baci, abbracci, eternità fai spazio…

Rosso


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