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J'ai tué ma mére

Creato il 25 settembre 2013 da In Central Perk @InCentralPerk
E' già Ieri. -2009-
Visto il passaggio veneziano di Xavier Dolan, mi è sembrato doveroso recuperarne la filmografia.
Perchè sì, questo ragazzetto di appena 24 anni ha già una notevole filmografia alle spalle con ben quattro film diretti e sceneggiati, e almeno il triplo di recitati.
Sorprendente.
Soprattutto considerando il fatto che già con questo suo esordio, 19enne, non solo è passato per la Quinzaine de Realisatéurs a Cannes, ma ha addirittura vinto 3 premi in quel di Francia oltre a svariati qua e là per il mondo.
Sorprendente.
Ma al di là dei dettagli anagrafici del suo regista e sceneggiatore, a sorprendere in J'ai tué ma mère è la sapienza del livello di regia e di caratterizzazione dei personaggi, resi autentici e sfaccettati come sempre meno spesso accade.
J'ai tué ma mére
Xavier Dolan prende spunto dal suo tormentato rapporto con la madre per raccontare un giovane problematico, che dietro la facciata egocentrica e snob nasconde fragilità e mancanze che il genitore "borghese" non riesce a capire. I battibecchi fra i due si fanno sempre più frequenti e i livelli si innalzano tra urla, colpe scaricate e qualche ceffone. Hubert odia la madre. E la ama anche. Ma non come una madre, non come qualcosa di prezioso. Come chi gli è capitato, come un peso che lo ancora ad una realtà che gli è stretta.
L'assenza di una figura paterna si fa sentire, e forse anche per questo la sua omosessualità viene tenuta nascosta, inizialmente perfino allo spettatore, cercando in altri i punti di riferimenti mancanti.
Ma se da una parte abbiamo un figlio tanto problematico e supponente, capace a tratti di rendersi davvero insopportabile con il suo disprezzo annichilente, dall'altra abbiamo una madre sola, volitiva ma incapace di gestire l'eccentricità e le supponenze di Hubert, che finge di non dar conto a parole che in realtà la feriscono a morte.
Questo rapporto tormentato viene raccontato in modo ottimo, non solo grazie a una regia che si lascia andare a scelte di fotografia poetiche e delicate, a tratti geometriche, ma soprattutto grazie a un lavoro sui dialoghi e sull'interpretazione di attori in stato di grazia degno di un gran regista.
Che si pensi  o meno all'età di Dolan al momento della produzione, il risultato poco cambia: J'ai tué ma mére riesce a mostrare i due lati di una medaglia senza cadere in cliché o facili patemi adolescenziali, lasciando invece spazio alla tragicità del vero e mettendo entrambi i ruoli -figlio e genitore- davanti ad uno specchio.
E scusatemi se mi ripeto, sorprendente.
J'ai tué ma mére
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