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Jack La Bolina, Arcipelago Toscano – Montecristo

Da Paolorossi

A chi dal Campese guarda diritto innanzi a sé, cioè verso ponente, apparisce enorme rupe conica coronata da tre comignoli, il più cospicuo dei quali alto 644 metri, l'antica Oglasa menzionata da Plinio, l'ìsola di Giove dei Romani, Montecristo di oggi.

Probabilmente il nome novello altro non fu se non la traduzione cristiana del pagano, poiché Cristo ebbe scacciato Giove di seggio. [...]

Equidistante da Giglio e dalla Corsica che le stanno a 50 chilometri, quello a levante, questa a ponente, Montecristo ha storia assai romantica. La sua circonferenza di cinque miglia offre brevi spiaggie e pochi seni ospitali. L'unico luogo di buon approdo, ma esposto alla violenza frequente del ponente-maestro, chiamasi cala Maestra. La scarsa sicurezza delle insenature e le prossime Formiche, scogli a fior d'acqua sul maggiore dei quali ora è stato rizzato un fanale, e che i naviganti dovettero giustamente temere al tempo della vela, sono state le cagioni, a mio credere, per cui l'antichità trascura l'isola di Giove. [...]

Se ne incomincia a parlare appena nel V secolo a proposito di San Mamiliano il quale, poi che i Vandali lo discacciarono da Palermo sua sede episcopale, trovò rifugio a Montecristo e vi dimorò con alcuni compagni in un eremo di cui rimangono le tracce presso la grotta che tuttodì porta il nome del santo e in cui, sino a pochi anni addietro, i pescatori appendevano poveri e semplici voti per ringraziare Iddio dello scampato naufragio. La grotta, convertita in cappella, contiene una polla di acqua buonissima e di cui, quantunque niuno sfogo sia apparente, il livello si mantien costante.

II signor A. L. Angelelli ha composto nel 1913 una monografia completa ed accuratissima della Badia e dell'isola di Montecristo dalla quale andrò spigolando liberamente.

" L'isola da tutte le parti, ma specialmeute da settentrione, presenta un aspetto tetro e selvaggio, dando subito a giudicare che è abbandonata del tutto. Scogli, aggruppati gli uni su gli altri e una sterile macchia di scope, che dal basso va diradando verso il capo del monte, è tutto quello che scorgon gli occhi di chi si dirige alla sua volta per mare. La sua vista non diviene meno desolante fino a che, costeggiandola dal fianco di ponente, non si arriva in faccia a cala Maestra, nella valle della quale un non so che di pittoresco nel natio orrore del luogo e pochi edifizì in rovina, qualcuno anche recente, tempera l'incubo di tristezza fino allora provato coi confortatori vestigi dell'umana presenza. Ivi dal lato di mezzogiorno il terreno s'innalza in erte pendici, sparse sempre di roccie, ma erbose. La criniera da essa formata, che viene a terminare in un promontorio alla spiaggia, separa questa piccola valle dall'altra di Santa Maria, più piccola ancora.
( Jack La Bolina - brano tratto da "L'Arcipelago Toscano", Istituto Italiano d'Arti Grafice Editore, 1914 ) Questa criniera, ripiegando indietro dal mare, sul quale scende a picco per un centinaio di piedi, va a ricongiungersi con più dolce pendenza al Colle del Leccio.
Dalla parte opposta, all'imboccatura di cala Maestra, un altro promontorio, a pie del quale fu già costruito un piccolo molo, si slancia, però meno dell'altro, in mare ed è anche meno scosceso. Così è anche meno ripida la pendice, che fiancheggiando la valle, s'interna da questo lato ; ragione per la quale, spogliata delle scope che l' ingombravano, potè allignarvi con successo la vite. Dal molo corre una strada praticabile con muli, la quale si dirige al convento; ad essa fa capo un'altra partendo ora alla villa. Gli avanzi del convento si mostrano in alto sotto la cima del Monte della Fortezza, alla distanza di meno di mezzo miglio in linea retta dal mare. Scende sotto di esso un breve sentiero, per il quale si perviene alla Grotta del Santo. [...]
La strada principale arrivata al convento prosegue verso tramontana ; e, girando da quella parte attorno al monte, conduce alla Fortezza. A questa si perviene tra roccie scheggiate e macigni che s' innalzano a picco, per via di un crepaccio, che si apre da mezzogiorno nel fianco del monte. La base del fortilizio, costruito su quella sommità per difesa dell'isola, è costituita da un blocco quadrangolare del granito stesso della roccia, sulla quale riposa, tagliato perpendicolarmente dai quattro lati. Si vedono tuttavia su di esso gli avanzi del parapetto, che coronava questa piattaforma naturale, alla quale si ascendeva per una scaletta, ora per la maggior parte andata in rovina, praticata nel vano dell'anzidetto crepaccio. Tornando di là indietro in direzione della Grotta del Santo, presso la quale si vedono isolati dei piccoli radunamenti d'acqua, si ha sulla destra un altipiano roccioso coperto qua e là da eriche e da cespugli di frutici.
La sorgente maggiore, che è di acqua potabile buonissima, viene giù dal convento tra inclinati burroni e va a divenire nella sottoposta vallicola di cala Maestra come l'unico fiumiciattolo, al quale si convien meglio il nome di torrentello, per chiamarlo in qualche modo, perchè quasi sempre asciutto. Due altri corsi d'acqua fluiscono dal Colle di Leccio e s'infiltrano bene spesso nel terreno per ricomparire a intervalli formando una specie di stagno e palude nella soprannominata vallicola, dopo di che si gettano nell'alveo principale. Altre acque che scorrono perennemente fra le spaccatture degli scogli, sono alimentate dalle pioggie o dai geli, che a mano a mano si sciolgono ".

Così l'Angelelli. [...]

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