Il mio attore preferito?
Non è un bellone o un superpalestrato, ma l’uomo che impersona il tipico americano medio, con tutte le sue nevrosi ed i suoi tic, in poche parole Jack Lemmon.
Possiedo tantissimi dei suoi film, dal primo bianconero girato nel 1954 (La ragazza del secolo) a quello in cui vinse il suo primo Oscar (La nave matta di Mister Roberts), dai film drammatici, come “I giorni del vino e delle rose”, in cui racconta la piaga dell’alcolismo, “Salvate la tigre”, dove impersona un imprenditore preda di difficoltà finanziarie, o “Missing”, dove è un padre che, unitamente alla nuora, cerca di ritrovare il figlio sparito durante un colpo di stato in un paese sudamericano, oppure pellicole agrodolci, come “Prigionieri della seconda strada”, con una straordinaria Anne Bancroft.
Però è nelle commedie che l’attore dà il meglio di sé, sia da solo che in coppia con l’inseparabile amico (anche nella vita, tanto da essere stato sepolto accanto a lui) Walter Matthau, con la direzione di Billy Wilder (un altro dei miei miti) che di altri registi.
Così ieri sera abbiamo deciso di rivedere “Che cosa è successo tra tuo padre e tua madre”,una commedia molto godibile, nonostante si basi sulla morte di due persone.
Qui Lemmon interpreta la parte di un ricco industriale del Maryland che deve precipitarsi in Italia, e precisamente ad Ischia, per recuperare la salma di suo padre deceduto in un incidente automobilistico. Quello che Lemmon non sa è che il padre, che in patria godeva di reputazione integerrima, ogni anno si recava per un mese nell’isola italiana apparentemente per sottoporsi ai fanghi ed alle cure termali, in realtà per passare quel periodo in compagnia dell’amante inglese con la quale intratteneva una relazione da ben dieci anni.
Ed infatti si trova a dover dividere l’esperienza del riconoscimento della salma con Juliet Mills, la figlia della donna che era deceduta nell’incidente assieme al padre.
Dopo varie vicissitudini, (c’è di mezzo anche il rapimento delle due salme e l’uccisione di un cameriere), tra i due figli, complici l’atmosfera di Ischia, l’albergo, la musica, nasce un sentimento che li porterà a ripercorrere la strada dei rispettivi genitori, incontrandosi ogni anno nello stesso hotel e nello stesso periodo.
Tra gli altri interpreti, un irriconoscibile Clive Revill, perfetto nell’impersonare Carlo Carlucci, il direttore dell’albergo, sempre impeccabile e sempre pronto a sbrogliare ogni situazione, per quanto intricata.
Naturalmente, come sottofondo musicale, musica italiana: al ristorante, Sergio Bruni intona “Core ‘ngrato”, che il padre di Lemmon faceva sempre suonare in onore dell’amante che si chiamava Catherine; poi “Un’ora sola ti vorrei” e per ultimo “Senza fine” (solo strumentale).
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