Templari in Terrasanta di Jacopo Mordenti è opera molto erudita, filologicamente irreprensibile, che apre un interessante squarcio, regalando molti spunti di discussione, su quanto successe realmente nel cosiddetto “oriente latino” quando si spensero le luci sulle crociate. Se copiose sono infatti le pubblicazioni (saggi e romanzi) dedicate al loro svolgimento e ai suoi conclamati protagonisti, sembra quasi calare un imbarazzato silenzio nel momento in cui si spegne la carica libertaria e i saraceni sconfiggono i crociati, scacciandoli d’ogni dove. Jacopo Mordenti cerca proprio di colmare questa lacuna e lo fa usando come fonte la “Cronaca del Templare di Tiro”, la terza parte di un’opera più complessa, enciclopedica, ma giunta a noi solo in minima parte, “Gestes des Chiprois”, realizzata a Cipro nel 1343, ma ritrovata nel castello dei conti Mola di Larissè solo nel 1882. Si tratta di una trentina di quaderni in cui il “Templare”, che è rimasto anonimo, tratteggia gli avvenimenti che vanno dal 1241 al 1304, narrando di battaglie, personaggi ed avvenimenti che caratterizzarono la vita di questi cristiani d’oriente nei territori “d’Outremer”. La tecnica narrativa è quella di usare accanto ai passi del “Templare” anche le altre fonti a disposizione per cercare sempre una chiave di lettura più ampia e meno di parte, in special modo sul discusso ruolo avuto dai Templari e degli altri ordini (Ospedalieri, Teutonici…) nel complicato contesto dell’epoca. Scorrono così davanti ai nostri occhi i ritratti di tanti importanti membri del Tempio in una carrellata sempre molto documentata e rigorosa che ci restituisce figure di uomini valorosi e virtuosi, ma anche di individui deboli ed inetti, sempre però cercando di uscire dai giudizi preconcetti e di parte (particolare enfasi è data alle figure di Guglielmo di Beaujeu e di Giacomo di Molay).
I vari regnanti che si contendono queste terre, primo e, un po’, abbandonato, lembo di cristianesimo in lande “infedeli”, sono invece espressione tipica dell’approccio che si ebbe in quell’epoca dell’oriente latino, cioè di una conoscenza scarsa e mendace di una situazione difficile e con gravi problematiche di relazioni e conflitti, tutti decisamente lontani, quasi fastidiosi, dalla mentalità dei regnanti “occidentali”. La grande litigiosità, prima tra tutte quella tra le repubbliche marinare italiane (nell’ambito della guerra di San Saba), più volte enunciata e rimarcata dal “Templare” e dalle fonti coeve, testimonia invece la debolezza di un mondo che non ha saputo fare quadrato, se non in pochi frangenti, contro l’accerchiamento saraceno. Le battaglie campali e i grandi assedi a Tripoli, Acri, Tiro, sono sempre narrati con dovizia di particolari volti ad esaltare sempre l’indiscussa virtù dei cavalieri, le sottili astuzie dei vari emiri e sultani, soliti ricorrere spesso ad inganni conclusi nel sangue, ma anche ad evidenziare le nefandezze, i tradimenti o, peggio, la palese incapacità di capi e comandanti. Il clima ostile al Tempio, i grandi processi che portarono allo scioglimento sanguinoso dell’ordine, accusato di eresia e sodomia, fanno sì che il “Templare” sia sempre cauto, ma disposto a sottolineare il valore dei combattenti e dei gran maestri (Gugliemo di Beaujeu su tutti), ma anche sempre pronto a denunciare gli esponenti più discussi e le loro azioni, tant’è che se i Templari non ne escono tutto sommato male, sono invece i Teutonici, e, soprattutto, gli Ospedalieri ad essere maggiormente apprezzati per continuità ed onestà di comportamenti e strategie di piccolo e grande respiro. In conclusione, un lavoro che cerca di coniugare una rigorosa ricerca storica (quindi faticosa, certosina, spigolosa, ma anche, se vogliamo, anti-teatrale) con una forma che non precluda la lettura ai non addetti ai lavori, pur se richiede un certo impegno ed un minimo di conoscenze di base, e che dovrebbe poi spingere a cercare altre fonti e testi.