Fotografare è partire da un punto fisico, geografico, interiore, per poi approdare ad un risultato che rimarrà impresso per sempre. La fotografia come viaggio, metafora che di primo acchito potrebbe risultare delle più banali, in realtà serve a spiegare il percorso artistico di Jacopo Paglione, classe 1989.
La storia di Jacopo inizia in un piccolo paese della provincia dell’Aquila, che lascia per diplomarsi in fotografia all’Istituto Europeo di Design a Roma nel 2011. Un processo lento, un viaggio all’interno della propria consapevolezza artistica meditato e minuzioso. La grande passione il più delle volte non basta, Jacopo questo lo sa benissimo, occorre disciplina, ma soprattutto occorre rivolgere la potente lente dell’analisi su di sé. Non basta studiare il “soggetto” se non si è primi spettatori del proprio lavoro: bisogna parlare in prima persona delle ansie, paure, indecisioni; bisogna studiare le immagini costruendole prima nella propria testa. Tutta questa fase preparatoria, sconosciuta ai profani, è alla base dell’accurato lavoro di ricerca che sta alla base della fotografia di Jacopo, in cui coesistono due piani ben distinti. Il primo, quello del rigore, è appunto la fase di creazione delle immagini, dove c’è spazio solo per il metodo, per la ricerca, per la disciplina; il secondo, è quello dell’interpretazione, affidato agli occhi di chi guarda, osserva, studia i suoi lavori. La fotografia di Jacopo è duplice: se da un lato è estremamente didascalica, dall’altro si svincola dalle pose e dalle convenzioni, è un punto di partenza per la costruzione delle emozioni.
Questa estrema sensibilità lo conduce alla seconda fase del suo viaggio di maturità artistica e professionale; quello che potrebbe essere l’inizio reale, altro dalla partenza dal proprio nucleo familiare e abitativo, si identifica nel progetto di tesi realizzato per il diploma in IED, ovvero il punto da cui partire per sperimentare tutta la propria conoscenza del sé e dell’altro, reinterpretando grandi classici della letteratura del passato. Da 1984 di Orwell, a Dieci piccoli indiani di Agatha Christie; in particolare, il più emblematico è La Metamorfosi di Franz Kafka.
Tralasciando l’allegoria e l’interpretazione sul ruolo costrittivo della famiglia che da sempre accompagnano lo scritto, ciò su cui ci si deve focalizzare è come Gregor Samsa, il protagonista, maturi la consapevolezza della sua diversità. Un cambio di prospettiva, di visione, di atteggiamento: un nuovo punto di vista attraverso cui lavorare per affinare la maturità fotografica e il modo di esprimersi tipico della fotografia di Jacopo Paglione. Ogni ritratto delle varie storie analizza temi e messaggi rintracciabili poi in tutti i suoi lavori, primo fra tutti la passione per lo spazio. La voglia di esplorarlo, calpestarlo, misurarlo e fotografarlo danno vita alle panoramiche fotografiche che ormai sono il tratto distintivo della sua opera.
Nonostante il suo viaggio sia solo all’inizio, è approdato a significativi risultati. Una sensibilità fuori dal comune e uno sguardo attento catturano voracemente le istantanee dell’ambiente che ci circonda, cogliendo anche i dettagli che sfuggono ai nostri occhi spesso troppo indaffarati.
di Andrea Pesaola