Jafar panahi: la censura sotto rohani rischia di essere peggio di quella imposta da ahmadinejad

Creato il 07 febbraio 2014 da Nopasdaran @No_Pasdaran

In una lettera tradotta dal sito Tavaana, il pluripremiato registra iraniano Jafar Panahi ha invitato Rohani a non instaurare nella Repubblica Islamica un nuovo sistema di censura, peggiore di quello vigente durante l’epoca di Ahmadinejad. Panahi, vogliamo ricordarlo, è stato premiato al Festival di Cannes, al Festival di Venezia e al Festival di Berlino per i suoi bellissimi film ed ha ricevuto il prestigioso Premio Sakharov dal Parlamento Europeo, per la libertà di pensiero da sempre espressa. Putroppo, si tratta di una libertà che è costata cara a Jafar Panahi: il regime prima lo ha arrestato due volte per il suo sostegno all’Onda Verde e, successivamente, lo ha condannato a sei anni di carcere nel 2010, con l’accusa di aver fatto “propaganda contro lo stato”. Come se non bastasse, dopo aver servito la sua pena (che potrebbe iniziare in qualsiasi momento), Panahi è stato anche condannato a non poter esercitare la professione di regista per i prossimi 20 anni.

La lettera che Panahi ha indirizzato ad Hassan Rohani, è stata direttamente ispirata dal discorso populista fatto dal Presidente davanti agli artisti iraniani in occasione dell’apertura del Fajr Film Festival. In quel giorno, assicurandosi di veder poi pubblicato tutto su Twitter, Hassan Rohani ha parlato di libertà di espressione per gli artisti, di necessaria indipendenza nel loro lavoro e di voler rivedere il popolo iraniano tornare al cinema con felicità. Purtroppo, sottolinea Panahi nella sua coraggiosa missiva, le parole del Presidente non rappresentano niente altro che mera propaganda. Rohani, scrive Panahi, è infatti ben consapevole che il 95% dei film prodotti in Iran sono basati su copioni asserviti alla volontà del regime. Del 5% rimanente, ovvero di quei registi che producono film davvero rappresentanti la realtà della Repubblica Islamica, solamente un piccolo 10% riceve il permesso di girare il film e di proiettarlo nelle sale. Nello stesso festival Fajr, ove Rohani ha parlato in pompa magna, il direttore non ha permesso la trasmissione di film considerati critici verso l’establisment al potere.

Nel settembre del 2013, il regime si è vantato di aver riaperto la Casa del Cinema. Pochi sanno, però, che questa struttura è stata riaperta cambiando completamente la dirigenza e mettendone a capo “artisti” considerati fedeli alla velayath-e faqy. Per questo, Panahi ricorda ad Hassan Rohani che anche nella stessa Casa del Cinema (in farsi Khaneh-ye Cinema), un regista considerato pericoloso dal regime, ha bisogno del permesso del Ministero dell’Intelligence-MOIS, anche solo per mostrare la sua opera agli altri colleghi. Tra l’altro, appena un mese dopo la riapertura della Casa del Cinema, nell’ottobre del 2013, il regime ha condannato al carcere la bellissima attrice Pegah Ahangarani, considerata troppo vicina ai riformisti. Oltre alla condanna 18 anni di carcere, i Pasdaran le hanno imposto anche il divieto di viaggiare all’estero…

Per tutti questi motivi, Jafar Panahi denuncia come false le parole di Hassan Rohani e rimarca come queste rischino di instaurare un regime di censura anche peggiore di quello stabilito dal negazionista Ahmadinejad. Il Precedente Presidente, infatti, andava avanti per pericolosi slogan che ben evidenziavano il suo lato oppressivo. Con Rohani il rischio è quello di credere ad un sistema capace di cambiare e di ritrovarsi, al contrario, sempre più controllati dal potere. Invece di cercare di indirizzare l’audience nella direzione che gli Ayatollah vogliono, Jafar Panahi ha invitato il Presidente iraniano a realizzare almeno un 1% delle promesse fatte durante le elezioni. Purtroppo siamo molto molto lontanti da questo, minimo, risultato…



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