La strana era che vede la proposizione di film interessanti da parte del normale palinsesto televisivo sta proseguendo, lasciandomi sempre più basito. Fortuna che l'altro ieri, mentre facevo zapping, mi sono imbattuto in una replica di Uomini e donne, sennò cominciavo a pensare che la televisione fosse una cosa bella che fornisce cose belle. Invece è solo una cosa che poterebbe essere bella, ma viene usata perlopiù per diffondere spazzatura. Stavolta però la situazione ha raggiunto il proprio apice. Sì, perché sembra aver trasmesso un film che interessava sia a me che a mia madre - e dato che vivo sotto il suo tetto e guardo il suo televisore, sovente lei ha l'ultima parola e presa sul telecomando. Si parla proprio di questo Jane Eyre, ennesima trasposizione (sono più di venti, fra film per il cinema e la televisione) del celebre romanzo di Charlotte Bronte, la maggiore delle tre celebri e sfigatissime sorelle scrittrici. Il motivo che avevo di vederlo era il regista, Cary Fukunaga, che se sul grande schermo non ha ancora dato il massimo di sé, mi ha mandato in fibrillazione con quella splendida prima stagione di True detective, quindi il vedere come se la fosse cavata con un soggetto totalmente diverso mi incuriosiva parecchio; per mia madre invece rispondeva il nome Michael Fassbender, che se siete persone coerenti con voi stesse capirete bene perché una donna vuole vedere un film dove c'è lui.
Jane Eyre, dopo la morte dei genitori, cresce sotto le poche amorevoli cure della zia, che la chiude in un istituto religioso. Uscita dal luogo, temprata da dieci anni di angherie, troverà lavoro presso Thornfiel Hall, la tenuta della ricca famiglia Rochester. Lì conoscerà l'ambiguo padron Edward, il quale...
Per quanto qui si faccia di tutto per sembrare intelligenti, certe volte tocca ammettere la propria ignoranza, specie in fatto di letture. Perché si legge molto, ma sembra che non si sia mai letto abbastanza, poiché di Jane Eyre avrò al massimo guarducchiato qualche pagina su alcune antologie scolastiche, ma non mi sono mai avventurato presso l'opera integrale. E dopo aver visto questo film - insieme a stralci di quello di Zeffirelli - credo che dovrò abbandonare per sempre l'intento, perché leggere un libro dopo averne visto la trasposizione cinematografica, a parte rari casi, mi mette un nervoso assurdo. Jane Eyre comunque è uno di quei classici talmente classici che non riesce più a sorprendere con la trama, perché in qualche modo i vari colpi di scena li si sono già venuti a sapere se si ha un minimo di alfabetizzazione, Un po' come la monaca di Monza di Manzoni, tutti la conoscono ma non altrettanti si sono letti fino a quel punto I promessi sposi. Fukunaga sembra aver pensato la mia stessa cosa, quindi decide di creare una nuova versione di Jane Eyre, una che ponga un'impronta propria e ben specifica, quasi un reboot (gli occhi! I miei splendidi occhi!) che però rimane ancorato alla classicità che una simile operazione richiama in automatico. Per farlo il giovane regista si affida alla sceneggiatura di Moira Orfei Buffini, secondo la Brit List una delle migliori sceneggiature che però era rimasta senza finanziamento, e anziché sulla storia d'amore pone la gran parte della sua attenzione sui particolari gotici della vicenda. Si vede fin da subito come l'aspetto visivo sia particolarmente enfatizzato, con questa fotografia bellissima che pone una patina degradante su ogni scena, ma purtroppo quello non basta. Perché sinceramente, per quanto a livello visivo mi sia piaciuto, i personaggi sono davvero riusciti a coinvolgermi poco - anche se in parte era per colpa di mia madre che insisteva a dire che "Eh, ma in quello di Zeffirelli le cose andavano diversamente". Non credo sia colpa degli attori, perché per quanto Mia Wasikowska non mi abbia mai fatto impazzire (poi scusate, sono io o ogni volta che le fanno un primo piano sembra malaticcia? Avevo quest'impressione pure in Lawless) qui la trovo ben calata nella parte, mentre Michael Trentacentimetrididimensioneartistica Fassbender riesce a dare la giusta e equivoca ambiguità al proprio personaggio. Il problema credo che stia proprio nella regia che, se da una parte beneficia tutto quello che è il comparto visivo (ma anche qua bisogna vedere fin dove arriva il merito del fotografo) sembra lasciar andare a briglia sciolta i propri personaggi. Certo, la macchina da presa è sempre nel punto giusto e non ci sono evidenti sbrodoloni tecnici, ma per quanto gli attori facciano di tutto per metterci la loro, Fukunaga non riesce a esprimere tramite le immagini e i cambi di sequenza quello che stanno provando. Anche l'idea di dividere la narrazione in maniera non cronologica, scelta inizialmente convincente, alla lunga dimostra diverse pecche, perché offre personaggi che compaiono e scompaiono a piacimento e alla lunga si vede la casualità dei vari incastri, specie quando ci si sofferma fin troppo tempo a casa Rochester fino allo svelamento del segreto finale. Ma soprattutto, quell'incedere (ma mai troppo) del gotico dà una particolare freddezza ai protagonisti, cosa che va a cozzare anche con quelli che sono i loro sentimenti, specie per quello che sarà il finale - frettoloso in una maniera davvero angosciante, per me - e crea un'opera rigidamente ben fatta, ma che poteva offrire ben di più visti quelli che erano gli intenti apparentemente rivoluzionari voluti in origine. Un peccato, specie per il fatto che ormai, sapendo tutti i salti di trama principali, la lettura del libro mi è del tutto preclusa.
Ammetto anche che vedere questo film mi portava in automatico alle avventure di Martin e Rust. Tanto che, in quell'ultimo abbraccio finale, mi sono immaginato Fassbender dire alla protagonista: "Lavati. Puzzi di fica."
Voto: ★★ ½