ovvero “Della poesia e della filosofia contemporanea: gli spot dei profumi.”
Quando io e Gioacchina non disquisiamo della teoria delle stringhe e della relatività ristretta, dell’opinione di Martin Heidegger sul nichilismo, del fallito progetto politico di Cesare Borgia nel 1503, di economia sostenibile e dell’ultimo inguardabile vestito di Antonella Clerici, parliamo di sciocchezze. Perché capita anche a noi menti eccelse di parlare di sciocchezze. E quindi ieri sera notavamo quanta poesia si celi dietro uno spot di un profumo.
Che tu vedi Brad Pitt così, con quell’aria finto trasandata, quella camicia spiegazzata, quel capello lungo alla Achille in Troy, che ti parla della caducità della vita, dell’effimero che ci circonda, del labile mondo reale e ci dice che qualcosa/qualcuno c’è sempre, ha dentro di sé ogni causa e ogni effetto.
E poi cos’è questo principio immanente se non lo Chanel N°5?
Filosofia a pioggia, a grandinata, a valanga.
Sempre Chanel ci ha regalato uno spot che tocca vette di introspezione umana che neanche Jung e Freud ubriachi messi insieme a parlare di Melancholia di Lars Von Trier avrebbero raggiunto. “Io non sarò più quello che voi vi aspettate.”, dice il figone dagli occhi blu. E come è arrivato a ciò? A questo grado di consapevolezza, di urgenza di cambiamento, di spirito critico, di metamorfosi spirituale? Nessuna seduta dal terapista, nessun trauma al lobo frontale, niente. Basta il blu. Negli occhi e, sulla pelle, il Blue di Chanel. Applausi, bravo, bis.
Vabbè.
Che dire, poi, dello spot del profumo di Jean Paul Gaultier, quello dove il marinaio pur di raggiungere la sua donna non esita ad entrare con il suo transatlantico in pieno centro cittadino. Né più né meno di quello che ha fatto Schettino con la sua Costa Concordia, direte voi.
Beh, no. E’ di più. Questa è la rappresentazione di un amore che rompe le barriere fisiche ma non riesce a rompere quelle psicologiche, signori miei, perché questi due poveracci si raggiungono giusto per guardarsi in faccia, ma lei rimane sul suo bel balcone mezza nuda e lui resta sulla sua barchetta. Cos’è questa se non la rappresentazione dell’incomunicabilità nei rapporti umani? Ah, caro Antonioni, caro Eliot, caro Pirandello, caro Montale, che ne sapevate voi dell’incomunicabilità? Fatevi da parte e lasciate spazio a Jean Paul Gaultier.
Così entro in profumeria e mi aspetto che da un momento all’altro esca Giordano Bruno a dirmi “Or ecco, vi porgo la mia contemplazione circa l’infinito, universo e mondi innumerabili.” e invece, puntuale la commessa: “Ciao, posso esserti utile?”. Allora credo che sia l’incipit di un discorso sul concetto di essere e non essere, partendo da Parmenide fino a Samantha De Grenet, ma no, non è di quello che la commessa mi sta parlando. Forse vuole dissertare sull’idea di inutilità e utilità o sull’etimologia della parola. No, non vuole neanche quello. La commessa mi sta chiedendo se lei può aiutarmi a scegliere. A questo punto non resta che intavolare una disquisizione sulla solidarietà o sul significato della scelta come bivio, come mezzo che la vita usa per metterci alla prova. La commessa mi ferma, mettendomi una mano sul braccio. “Volevo dire, posso aiutarti a scegliere un profumo?”
Ah.
Un profumo.
“Vendete profumi?”, dico io.
“Beh, sì, anche creme per il corpo, creme antietà, cosmetici, trucchi…”
“No, io cercavo qualcosa sulla rottura tra dimensione gnoseologica e ontologica.”
“Per quella devi andare in libreria, penso.”
“Credevo bastasse una goccia di Chanel.”
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