Debora Ramella 31 marzo 2014
«Al giorno d’oggi i lettori pretendono che un libro corregga, istruisca ed elevi. Questo mio libro non eleverebbe una mucca. In coscienza, non posso raccomandarlo per nessun utile scopo. Posso solo suggerirvi, quando sarete stufi di leggere “i cento libri più belli”, di prendere in mano questo, per una mezz’oretta. Sarà un diversivo».
Jerome Klapka Jerome è uno dei miei scrittori preferiti e non solo perché chiunque abbia superato l’infanzia con il nome uguale al cognome è sicuramente degno, se non di ammirazione, almeno di rispetto ma soprattutto perché è un comico eccezionale e tristemente sottovalutato. Sebbene al fine di farvi due risate siate probabilmente più propensi ad acquistare l’ultimo libro di Enrico Brignano che quello di uno scrittore britannico vissuto nell’Ottocento che fumava la pipa e s’arricciava i baffi, non posso fare a meno di rinnovare il suo invito a prendere in mano I pensieri oziosi di un ozioso (Idle Thoughts of an Idle Fellow il titolo originale). Il volume esce nel 1886, tre anni prima di Tre uomini in barca, il classico che ha fatto la fortuna di Jerome come autore a livello internazionale. Nessun suo altro lavoro è riuscito a replicare il successo riscosso dalle avventure degli ipocondriaci Jerome, Harris, George e del loro fedele cane Montmorency e ancora oggi non è facile reperire sugli scaffali delle librerie altre sue opere, soprattutto quelle minori. Io ho trovato la mia copia de I pensieri oziosi di un ozioso in un negozio di libri usati e l’ho acquistata al prezzo di un caffè: si tratta dell’edizione edita da Rizzoli nella collana SuperBUR Classici con la traduzione di Ida Omboni.
I pensieri oziosi di un ozioso è una raccolta di quattordici riflessioni, precedentemente pubblicate sul magazine londinese Home Chimes, che si apre con una struggente e devota dedica alla fedele compagna d’avventure dello scrittore: la sua pipa. Sono passati circa centotrenta anni da quando il ventisettenne scapolo Jerome scriveva questi pensieri nella sua camera londinese. Abbastanza da rendere un libro datato e prosciugare qualsiasi vena di comicità, eppure, nonostante le signorine non portino più cappellini e i gentiluomini non girino con bastoni da passeggio, gli aspetti salienti della realtà messa elegantemente alla berlina dall’autore non sono poi molto diversi da quelli dei giorni nostri. Un comico corre fondamentalmente due pericoli: non far ridere per niente il suo pubblico o insistere nel volerlo far sbellicare dalle risate ogni cinque secondi. Per essere uno che si autodefiniva un pessimista, Jerome aveva l’ottima capacità di vedere il lato divertente delle cose senza calcare troppo la mano. Oggi siamo abituati ad un humour dal ritmo spesso incalzante, che prende volentieri la scorciatoia delle parolacce e dei doppi sensi per raggiungere il suo scopo di intrattenere e, da questo punto di vista, l’ironia di Jerome è rinfrescante, scorre fluida e senza forzature, come potrebbe scorrere una conversazione tra avventori al bar vicino a casa che si intrattengano sorridendo delle proprie frivolezze e delle sciocchezze quotidiane.
Così Jerome passa con disinvoltura da cani e cappellini per signore a temi quali la povertà e lo scorrere inesorabile del tempo, mantenendo sempre un approccio ironico e concreto. Perché l’amore romantico alla Giulietta e Romeo in fondo non è altro che «come il morbillo, dobbiamo passarci tutti» e, qualunque tragedia ci abbia colpito, rimuginare non ci porterà nulla di buono, perché «dobbiamo continuare la strada che ci piaccia o no, e cammineremo meglio se terremo gli occhi fissi avanti anziché perennemente rivolti indietro». Piccole perle di saggezza che non fanno mai male.
In copertina: illustrazione tratta da un’edizione in lingua originale del libro acquistabile in formato ebook (Kindle Edition) su Amazon